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Il giornalismo e l’industria dei media, così come accaduto anche per molti altri settori dell’economia e della società, sono cambiati molto da quando internet è divenuta pervasiva. Ne abbiamo parlato già qui su Startupbusiness scovando nuovi modelli di business che escono dalla logica più strettamente legata alla spasmodica ricerca del traffico, modello che ha dimostrato di essere forse efficace da un punto di vista economico ma riduttivo da un punto di vista della qualità della informazione e che ha generato fenomeni come li clickbait e le fake news. E sono proprio le fake news a rappresentare un vero e proprio cancro per la qualità, la trasparenza, la credibilità, l’indipendenza dell’informazione. Un cancro che ha preso forza con sempre maggiore vigore e che risiede non solo nella singola notizia falsa ma nel significato stesso del concetto di giornalismo. Non voglio qui fare un approfondimento filosofico, ci ha già pensato Alan Rusbridger, ex direttore di The Guardian che in questo articolo artiglia letteralmente il tema e senza giri di parole ne mette a nudo le questioni più profonde (è in inglese, ne suggerisco vivamente la lettura). Ciò che qui desidero fare è condividere qualche informazione in più su come difendersi dalle fake news, come evitare di incappare in tranelli informativi e magari anche diventare parte della catena che li riverbera mettendo like o facendo share di contenuti. Le fake news, sappiamo, non sono né una invenzione di internet, e nemmeno di Trump, esistono da sempre, tanto che Yuval Noha Harari, storico e autore israeliano divenuto noto grazie al libro ‘Sapiens’, nella sua ultima opera intitolata ‘21 Lessons for the 21st Century’ parla di fake news in questo modo: “When a thousand people believe some made-up story for one month, that’s fake news. When a billion people believe it for a thousand years, that’s a religion, and we are admonished not to call it fake news in order not to hurt the feelings of the faithful (or incur their wrath)”. (anche qui il sempre puntuale The Guardian), e come conferma il racconto di quella che è forse considerata la storia regina delle fake news a opera di Janet Cooke che fu pubblicata sul Washington Post nel 1980 e che ricevette perfino il premio Pulitzer, poi ritirato, e che è ben raccontata qui (in inglese).
Difendersi dalle fake news col buon senso
La differenza è che ora grazie a internet le fake news si propagano con maggiore velocità e pervasività e ciò accade soprattutto perché ci sono quelli che potremmo chiamare i ‘fake reader’, i boccaloni insomma che cascano dal pero ogni volta che incappano in una bufala. La prima cosa da fare è quindi evitare di comportarsi da boccalone e per farlo ci sono semplici accorgimenti come per esempio: 1) non limitarsi a leggere il titolo di un articolo, che di solito è stato scritto proprio per acchiappare clic e fare un occhiolino alla SEO, ma leggerlo per intero, soprattutto se si intende condividerlo, non è raro scoprire che l’articolo dice cose un po’ diverse da quelle del titolo; 2) controllare sempre la data di pubblicazione, quante volte vi è capitato di vedere gente che condivide articoli, con magari anche commento indignato, che poi si scopre risalgono a mesi se non anni prima; 3) verificare la fonte, magari controllando che altre fonti diano la medesima notizia, facendo riferimento a fonti delle quali già ci si fida (il che non è garanzia totale perché abbiamo già visto casi di testate ‘blasonate’ prendere delle serie cantonate, ma può essere certamente un passaggio da fare prima di fare qualche magra figura).
Difendersi dalle fake news con tecnologia e risorse online
Prese queste precauzioni di base si può andare oltre e fare anche uso di strumenti tecnologici disponibili online ai quali certo non si può ricorrere ogni volta che si legge qualcosa, non foss’altro per questioni di tempo, ma possono tornare utili qualora si desideri fare qualche verifica in più prima di, magari, condividere una notizia letta online. Strumenti e risorse tecnologiche che fungono da sorta di antivirus per le fakenews e che aiutano chi desidera verificare la veridicità dei contenuti. Strumenti che sono oggi tanto più importanti quanto le stesse tecnologie le quali stanno iniziando ad avere un ruolo ancora maggiore quale strumento per chi le fake news le produce fino a realizzare quelle che si definiscono deepfake e che sfruttano tecnologie sofisticate, come per esempio i principi del deep learning per realizzare per esempio video che all’apparenza sembrano del tutto veri ma che nella realtà sono assolutamente fasulli come racconta questo articolo di The Conversation di cui una riduzione in italiano è stata pubblicata da NinjaMarketing. Un buon punto di partenza per conoscere tecniche e risorse per contrastare le fake news è dare una occhiata al Verification Handbook che si propone come la guida per la verifica dei contenuti digitali soprattutto in caso di coperture giornalistiche di eventi improvvisi ed emergenze. Il manuale è disponibile anche in versione italiana . Altro documento molto interessante è la nuova edizione del report prodotto da Reuters Institute for the study of journalism e dalla University of Oxford che si intitola ‘Measuring the reach of fake news and online disinformation in Europe’ e che offre una visione dettagliata delle dimensioni del fenomeno analizzando soprattutto gli scenari francese e italiano , sempre il Reuters Institute ha nel 2016 pubblicato anche un altro interessante documenti dal titolo ‘The rise of fact-checking site in Europe’ . Più di recente è stata anche pubblicata l’edizione 2018 del ‘Digital news report’ . Strumenti online efficaci sono anche questo che consente di associare video a luoghi e tempi, si tratta di uno strumento open source che usa api di Google e Youtube e permette di fare una verifica su video pubblicati in relazione a un dato momento e a un dato luogo. Poi c’è questo che è stato realizzato da Amnesty International e consente di fare reverse search sulle immagini dei video di youtube, è quindi sufficiente inserire il link di un video youtube per individuare se si tratta di immagini originali per esempio. Molto utile è lo strumento di Domaintools per conoscere tutto ciò che si può sapere su un dominio internet. Questo tool sviluppato da Jeffrey Friendl è invece un estrattore di metadati dalle immagini, è sufficiente inserire il link che rimanda a una immagine per conoscerne tutti i dettagli tecnici, di formato e in alcuni casi anche l’autore e il luogo e il momento dove è stata scattata. Altro strumento è Instant street view che vi porta istantaneamente nel luogo cercato a livello di immagine street view dicendovi esattamente a quando risale l’immagine di tale luogo visualizzata. Sempre per analizzare in modo approfondito un’immagine che può essere o linkata o caricata sul sito c’è FotoForensics , se si vuole approfondire il significato di dati liberamente disponibili e pubblicati su Facebook ecco un altro interessante strumento il Facebook Graph Search Generator . Sempre nella sfera degli strumenti online liberamente utilizzabili vi sono anche Archive.org che consente di viaggiare all’indietro nel tempo dei siti web per andare a vedere come erano nelle loro versioni precedenti o come erano quelli non più attivi, e Overview che è una piattaforma open source che consente di leggere e analizzare migliaia di documenti in modo rapido ed efficace. Vi è poi una serie di strumenti e servizi di livello più sofisticato che sono gestiti da team di giornalisti e di esperti di comunicazione e che consentono di ottenere informazioni specifiche partendo dalle attività sui social network, si tratta di servizi a pagamento che però spesso offrono la possibilità di effettuare test per comprendere se il servizio che offrono è quello che effettivamente ci serve, si tratta di Storyful , Trendolizer , Echosec , Truly Media e Investigative Dashboard , in particolare questi ultimi due sono servizi forniti da team di giornalisti che collaborano attivamente e che si estendono oltre i social network ma consentono di avere efficace supporto nel verificare le informazioni, le loro fonti, di tracciare persone, documenti e ricostruire i fatti nel modo più vicino possibile alla verità. Tutti questi tool e risorse sono un ottimo supporto per chi desidera conoscere la veridicità di ciò che legge, per chi desidera sapere se informazioni, foto, dati che sta inserendo in un documento o in una presentazione sono genuini e veritieri. Certo non siamo ancora al livello di automazione di un antivirus, volendo riprendere la analogia prima citata, magari con l’evolversi delle potenzialità della intelligenza artificiale alcune di queste azioni potranno essere automatizzate ma per il momento per coloro che badano più alla credibilità, indipendenza, veridicità di quello che scrivono e condividono online e non che al numero di follower o di like, questi suggerimenti e strumenti possono essere di utilità. Il primo passo per eliminare le fake news è accrescere la consapevolezza e quindi ridurre il numero dei boccaloni perché il vero antivirus in questo caso è usare la propria testa, le proprie capacità, la propria attenzione. @emilabirascid
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