Se una giovane impresa innovativa vuole scalare, cioè passare dalla fase di startup a quella di scaleup (con conseguente crescita di dimensioni, fatturato e investimenti), occorre che, da subito, cominci a ragionare in termini di espansione sui mercati esteri. Un’iniziativa che supporta in modo concreto e significativo le scaleup europee nel percorso di internazionalizzazione è EIT Digital Challenge, contest organizzato dall’EIT Digital Accelerator, acceleratore di startup sostenuto dall’Unione europea. L’ultima edizione della gara si è svolta il 18 ottobre e ha visto la vittoria, tra gli altri, dell’unica scaleup italiana in gara, Enerbrain. Ma non si tratta solo di conquistare un premio in denaro e in servizi: il progetto è molto più strutturato e a lungo termine. “Spotify e Skype ormai sono vecchi” ha detto, in apertura del contest, Chahab Nastar, CIO di EIT Digital, riferendosi a quelle rare startup nate in Europa che sono riuscite a scalare e ad affermarsi sul mercato internazionale. “Vogliamo creare la nuova generazione di imprenditori e unicorni europei” ha aggiunto Nastar. Il settore sul quale gli organizzatori hanno deciso di puntare è il deep tech, che fa riferimento a tecnologie sofisticate e complesse, spesso provenienti da laboratori di ricerca, come Intelligenza Artificiale, robotica, Internet of Things, blockchain. Le 25 scaleup che hanno sfilato sul palco allestito il 18 ottobre presso l’EIT Digital Accelerator a Bruxelles stanno implementando le tecnologie più avanzate in diversi settori, dalle infrastrutture alla finanza, dall’Industria 4.0 alle smart city fino al wellbeing. Startupbusiness era presente per raccontare la cronaca della giornata, ma soprattutto per raccogliere e divulgare il senso dell’iniziativa. Cominciando con il capire come sono nati e come sono organizzati l’acceleratore e la challenge di EIT Digital. EIT Digital Accelerator e EIT Digital Challenge, le attività e la mission “L’EIT Digital Challenge è nato nel 2014 per identificare e supportare le startup europee più promettenti – ricorda a Startupbusiness Dolf Wittkamper, capo dell’EIT Digital Accelerator – ma da due anni abbiamo scelto di lavorare solo con le scaleup, anche perché c’erano già molte organizzazioni di supporto alle startup nei singoli Paesi. Quanto al deep tech, è nel nostro Dna, perché EIT Digital è una comunità di conoscenza e innovazione dell’European Institute of Innovation and Technology”. L’EIT Digital Accelerator si rivolge a società che hanno superato la fase di startup, svolgono attività business to business (B2B) e hanno dimostrato di essere in grado di commercializzare i prodotti. A queste realtà l’acceleratore offre 12 mesi di supporto alla crescita internazionale, focalizzandosi in particolare su due aree: accesso al mercato e accesso ai finanziamenti. EIT Digital Accelerator ha un network di oltre mille clienti corporate, fornisce guida e preparazione al fundraising, contatti con gli investitori per raccolte fondi di serie A e B (da 2 a 15 milioni di euro) e vanta una rete di 300 corporate VC e investitori istituzionali. Per entrare a far parte del programma di accelerazione la scaleup deve presentare regolare domanda di ammissione. Il servizio ha un costo di 50mila euro. Chi però vince l’EIT Digital Challenge può accedere al programma in forma gratuita. “L’acceleratore supporta le scaleup ma, a differenza di altre realtà del settore, non investe nelle società che sostiene” tiene a precisare Dolf Wittkamper. “La nostra è un’attività che non punta al profitto, per sostenerci richiediamo una fee. Siamo supportati da un’istituzione pubblica, l’Unione europea, ma siamo autonomi”. Il pagamento della quota di iscrizione può essere dilazionato fino a tre anni, tenendo conto che una scaleup ha bisogno di avere soldi in cassa il più a lungo possibile. “Prendiamo anche una fee extra per i deal chiusi. Tuttavia seguiamo le scaleup anche dopo i 12 mesi previsti, con attività di follow-up per un periodo complessivo di 24 mesi”. Dal 2014 l’EIT Digital Challenge ha attratto oltre 1800 richieste di partecipazione da tutti i 28 Paesi dell’Unione europea. “Talvolta abbiamo detto dei ‘no’: non acceleriamo qualsiasi società – precisa Wittkamper – facciamo due diligence e la scaleup che si propone viene valutata con accuratezza. Ma è capitato anche che le scaleup abbiamo detto ‘no’, rendendosi conto di non essere adatte a essere accelerate da noi”. Tra le scaleup di successo accelerate in EIT Digital Accelerator c’è la francese Navya, che produce shuttle elettrici driverless per controllare grandi spazi (per esempio gli ospedali): ha raccolto 4 milioni di euro e quest’estate si è quotata alla Borsa di Parigi. Ora il suo valore di mercato è pari a circa 200 milioni di euro. Un’altra scaleup che si è distinta è la tedesca Konux, tra i vincitori del Challenge 2014, composta da un gruppo di giovani attivo nell’Internet of Things applicato all’Industria 4.0 per sistemi predittivi. Konux offre infatti una tecnologia basata sull’AI che riduce i costi di manutenzione, ottimizza i cicli di vita e aumenta la capacità di produzione. Finora ha ottenuto quasi 40 milioni di euro di finanziamenti. L’Europa a sostegno delle scaleup Perché l’Unione europea punta a sostenere la crescita delle giovani imprese innovative dei 28 Paesi membri della Ue? “Nel 2018 – spiega a Startupbusiness il CIO di EIT Digital, Chahab Nastar – l’ondata tecnologica emergente è il deep tech. La prima ondata è stata quella dei sistemi operativi, del world wide web e dei protocolli di internet, la seconda quella dei social, di Google, del mobile. L’Europa ha perso completamente la battaglia con gli Usa e il resto del mondo nelle prime due ondate. Ma può cercare di vincere la terza, quella per il primato nel deep tech”. Secondo Nastar il nostro continente ce la può fare perché ha un’ottima qualità della vita, un’eccellente formazione in STEM (materie scientifiche, dalle iniziali di Science, Technology, Engineering and Math) e ci sono molte iniziative nazionali per finanziare progetti di deep tech, oltre al fatto che i nostri talenti tecnologici sono altrettanto validi ma meno costosi di quelli, per esempio, della Silicon Valley. “La prossima grande piattaforma internazionale – dice – sarà con ogni probabilità una piattaforma basata sull’Intelligenza artificiale per la cybersecurity, o le smart city, o per le transazioni finanziarie. Stavolta potrebbe essere l’Europa a lanciarla”. Il contributo di EIT Digital è far superare alle scaleup europee le barriere che esistono tra loro e con gli altri attori dell’ecosistema regionale. Barriere linguistiche, culturali, normative che le grandi aree dell’innovazione, dagli Stati Uniti alla Cina, non hanno. I vincitori di EIT Digital Challenge 2018 Il premio per il primo classificato in ciascuna categoria è di 50mila euro in contanti più altri 50mila per l’accesso all’acceleratore. Ai secondi classificati la gratuità dell’accesso a EIT Digital Accelerator. Ecco chi sono e cosa fanno le scaleup vincitrici e quelle finaliste per ogni categoria. Infrastrutture digitali, cloud e intelligenza artificiale La vincitrice di questa categoria è risultata Baffin Bay Networks, società di cybersicurezza con sede a Stoccolma. Al secondo posto Easy Broadcast, di Nantes (Francia), attiva nel settore dei video. Interessanti anche due società tedesche: Baqend, che ha sviluppato un cloud per aiutare i programmatori a creare siti che si scarichino più velocemente, e Gridscale, che punta a fornire tecnologie cloud più semplici. Dalla Finlandia arriva Valossa, che fornisce una sorta di motore di ricerca per i video B2B basato sull’Intelligenza artificiale. In pratica, attraverso lo strumento fornito da Valossa, è possibile, per chi lavora sui video all’interno delle media company, individuare, per esempio, tutte le volte che in determinati film è apparso Cary Grant, o tutte le volte che Schwarzenegger ha usato un bastone, oppure tutte le scene in cui sono apparse persone nude o semivestite. Non solo: durante lo streaming l’AI è in grado di segnalare elementi (esempio: il logo di un’automobile sullo sfondo) che possono essere rapidamente cancellati dagli operatori durante il buffering. Sono solo alcuni degli esempi che ha citato a Startupbusiness il founder Mika Rautiainen, da 20 anni ricercatore all’Università di Oulu, in Finlandia, dove ha studiato ‘comprensione semantica dei video’. “Abbiamo un progetto pilota con un broadcaster leader in UK – ha aggiunto – e vogliamo commercializzarlo per poi espanderci in Europa”. Digital Industry, vince un’italiana dell’energy-tech
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Giuseppe Giordano, Ceo e co-fondatore di Enerbrain
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