Ecosistema Italia, l’opportunità degli incubatori sociali

Il 2017 non si è chiuso con ottime notizie per il mondo dell’imprenditorialità e delle startup italiane. Gli investimenti non solo si sono rilevati ancora molto lontani da quelli degli altri paesi avanzati, ma sembrano essere addirittura in diminuzione. Come sempre, il dibattito ha visto contrapposti quanti sostengono che ci sia un problema di offerta (in Italia non ci sono grandi fondi di investimento e venture capital) e chi sottolinea una limitata domanda (non ci sono un numero sufficiente di startup di qualità). Probabilmente, visto il ritardo accumulato, abbiamo in Italia entrambi i problemi. Non a caso la Francia, che sta efficacemente cercando di diventare un polo di attrazione per le startup, ha investito sia sul lato dell’offerta sia sul lato della domanda. In termini di offerta con facilitazioni agli investimenti e la conferma della creazione di un importante fondo a metà gennaio; in termini di domanda, supportando la nascita e lo sviluppo iniziale delle startup con programmi quali La French Tech e luoghi di aggregazione e incubazione come i 34000 metri quadri di Station F a Parigi (probabilmente il più grande incubatore del mondo). Come evidenziato da uno studio del Politecnico di Torino che sarà presentato il 29 gennaio, c’è però qualche notizia positiva in Italia sul lato degli incubatori e degli acceleratori, cioè di quei soggetti che dovrebbero aiutare le startup a diventare interessanti per gli investitori. Lo studio, realizzato con la collaborazione di Italia Startup e il supporto di Cariplo Factory, Compagnia di San Paolo, Impact Hub Milano, Make a Cube³, SocialFare, e Social Innovation Teams, evidenzia che il numero di incubatori, acceleratori e coworking che offrono servizi di formazione e accompagnamento manageriale è in crescita e ha raggiunto le 162 realtà. Inoltre, un numero significativo di incubatori è nato negli ultimi anni, specialmente nel 2013, probabilmente a seguito del Decreto Crescita 2.0 che ha istituito e incentivato le startup innovative (e gli incubatori certificati). Certo, un aumento del numero di incubatori non si traduce automaticamente in un aumento di startup di qualità. Però è presumibile che la maggiore competizione tra incubatori, la specializzazione, la differenziazione di alcuni di questi, e in generale la maggiore offerta di servizi di supporto alle startup contribuisca a far crescere il numero di nuove imprese, la loro maturità e la conseguente probabilità di  vedere nascere realtà promettenti. Inoltre, il report sottolinea che negli ultimi anni (dal 2010) stanno nascendo un numero significativo di incubatori sociali, definiti come quegli incubatori che hanno tra le loro incubate oltre il 50% di imprese (in larga parte for-profit o ibride) a significativo impatto sociale e/o ambientale. La crescita di questi incubatori è un ulteriore aspetto positivo, in quanto essi supportano imprese che sono sempre più considerate una possibile risposta ai problemi sociali e ambientali della società, dal welfare alla sanità, dalla cultura alle energie rinnovabili. Sia l’imprenditorialità sociale, sia gli incubatori sociali non sono più fenomeni completamente nuovi, ma la loro crescita dimostra che non sono nemmeno fenomeni passeggeri e questi soggetti stanno sempre di più acquisendo importanza, seguito e sostenibilità economica. Una focalizzazione dell’Italia su questo tipo di imprese e di incubatori potrebbe essere utile per differenziarci in termini di attrattività rispetto ad altri Paesi avanzati. Il nostro Paese ha una spiccata sensibilità sociale, come dimostrato per esempio dal grandissimo numero di cooperative sociali e di associazioni non-profit, e avrebbe tutto l’interesse a focalizzarsi su imprese legate a temi sui quali abbiamo credibilità e risorse come cultura, arte, sanità, cibo di qualità e ambiente. La crescita degli incubatori sociali può essere un’opportunità per l’intero Paese. Soprattutto se, sia loro sia le organizzazioni da loro incubate, saranno in grado e saranno aiutate a coniugare in modo innovativo la tradizione e la sensibilità etica alle potenzialità delle nuove tecnologie. Contributor: Paolo Landoni, Professore Associato di imprenditorialità e innovazione, Politecnico di Torino

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