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In questa seconda parte del reportage da ViennaUp (che si è chiusa con 14mila partecipanti da 96 Paesi del mondo), che segue l’articolo che abbiamo pubblicato settimana scorsa , guardiamo ancora più da vicino altri elementi dell’ecosistema austriaco dell’innovazione e delle startup. Partiamo dai soldi, o meglio partiamo da una delle più interessanti conference che si sono svolte nel corso di ViennaUp, la 0100 Conference che è una conferenza dedicata gli investitori che si sviluppa con due percorsi di incontri e panel: uno dedicato al private equity e uno al venture capital. La conferenza, la cui prossima edizione sarà dedicata all’area mediterranea e si terrà a Roma dal 18 al 20 ottobre 2023, ha raccolto a Vienna i principali investitori dell’area DACH e non solo. Abbiamo seguito gli incontri dedicati a come i venture capital vedono lo scenario attuale e come continuano a ricercare gli unicorni e i soonicorn , l’incontro ha visto la partecipazione di venture capital attivi nell’area DACH come Capnamic Ventures, High-Tech Greonderfonds, DN Capital, Picus Capital e 3VC che hanno messo in luce come certamente lo scenario attuale presenta delle incertezze, non solo nell’area DACH ma anche a livello globale, ma è anche vero che vi è un significativo orientamento delle startup verso nuove tecnologie in diversi campi con crescente attenzione agli aspetti legati alla sostenibilità e questo rappresenta un elemento di forte interesse per gli investitori, di questa idea anche i family office che in veste di LP dei VC si dimostrano attenti al tema dell’impatto ambientale e sociale ma senza scendere, in generale, a compromessi in relazione alla capacità di fare crescere il capitale del family office che resta l’obiettivo principale, sul tema si sono confrontati Speedinvest , CoastCap, Finad, Finvia, Felman Family Office, e GPR Family Office.
Seestadt, Incus, Arkeon
Nella zona est di Vienna c’è un’area denominata Seestadt al cui interno si sta sviluppando il Technologiezentrum Seestadt, un parco tecnologico all’avanguardia voluto da Wirtschaftsagentur Wien, la Vienna Business Agency che è anche l’organizzatrice di ViennaUp. “Stiamo sviluppando edifici ad altissima sostenibilità ambientale – spiega a Startupbusiness Camilla Munksgaard che si occupa dei progetti immobiliari – edifici che stanno già iniziando a ospitare laboratori e startup, si tratta di una zona di nuova espansione qui a Vienna ma è direttamente collegata con il resto della città grazie alla linea della metropolitana che è già operativa”. Negli edifici di Seestadt abbiamo incontrato due startup: Incus e Arkeon. La prima sviluppa stampanti 3D per stampa in metallo che consentono di realizzare oggetti ad altissima precisione. “Il nostro obiettivo è quello di proporre al mercato una stampante capace di offrire un’eccellente estetica superficiale per strutture complesse combinata con efficienza dei costi, riproducibilità, eccellenti proprietà meccaniche ed elevata velocità di produzione per pezzi di dimensioni fino a 200g. La nostra tecnologia di Lithogra phy Metal Manufacturing (LMM) si basa sul concetto di fotopolimerizzazione. Apriamo agli ingegneri la porta di una libertà geometrica rivoluzionaria nella progettazione di pezzi con caratteristiche altamente creative, come cavità interne contorte o a spirale, viti, eliche e forme complesse simili, che finora erano praticamente impossibili da produrre – spiega Johannes Stoegerer, assistente del CEO di Incus – Le nostre stampanti della serie Hammer che sono già disponibili si stanno dimostrando ideali per aziende che operano nei settori dell’aerospazio, dell’automotive, dell’industria medica e odontoiatrica, elettronica, gioielleria, utensili”. Incus che ha già installato le sue stampanti 3D sia in Austria sia all’estero propone un’offerta modulare che comprende anche il software, i materiali e le materie prime, l’assistenza e componenti hardware aggiuntivi. Arkeon è invece una startup biotecnologica che converte la CO2 direttamente in ingredienti proteici. Ha sviluppato una tecnologia di fermentazione in grado di produrre tutti i 20 aminoacidi proteinogenici. Utilizzando la fermentazione microbica a gas e la tecnologia enzimatica, Arkeon è in grado di produrre miscele completamente personalizzabili di aminoacidi e peptidi che possono essere utilizzati come ingredienti altamente funzionali. Le aree di applicazione comprendono alimenti e bevande, cosmetici e applicazioni industriali speciali. “La nostra tecnologia di fermentazione brevettata – spiega Franziska Steger, head of process engineering – converte la CO2, con l’aiuto di archei, in ingredienti proteici completi e versatili come aminoacidi e peptidi, senza l’utilizzo di terra, animali o grandi quantità di acqua. Arkeon evita completamente l’agricoltura convenzionale. Questo cambiamento fondamentale rappresenta un grande vantaggio, soprattutto alla luce dei cambiamenti climatici che stiamo affrontando e delle fluttuazioni di temperatura che influenzano il settore agricolo. Il nostro processo biologico permette agli ecosistemi della Terra di rigenerarsi, mentre noi ci nutriamo delle proteine così essenziali per la salute umana”. Rispetto alla produzione convenzionale di proteine in agricoltura, la tecnologia di Arkeon richiede solo l’1% della superficie e lo 0,01% dell’acqua. Poiché la CO2 viene utilizzata come materia prima, il processo è positivo per il clima. Per ogni kg di aminoacido vengono consumati 1,5 kg di CO2. L’azienda ha raccolto più di 4 milioni di euro nel suo ultimo round di investimenti, portando il finanziamento totale per lo sviluppo del prodotto, la creazione della tecnologia e l’espansione dell’infrastruttura a più di 10 milioni di euro. Poiché l’industria alimentare si sta allontanando sempre più dai prodotti tradizionali di origine animale, in particolare dalle proteine, la tecnologia ha un grande potenziale per essere commercializzata come mezzo per sviluppare ingredienti proteici alternativi nei prossimi decenni. “I nostri aminoacidi e peptidi prodotti in modo sostenibile presentano diversi vantaggi rispetto ai prodotti convenzionali, tra cui: i nostri prodotti sono realizzati con un processo sostenibile a emissioni negative di CO2, il che significa che utilizziamo più CO2 di quanta ne emettiamo, ottenendo così ingredienti per i clienti che possono ridurre le emissioni di gas serra e mitigare il cambiamento climatico; i nostri aminoacidi possono essere costruiti ad hoc per soddisfare le esigenze specifiche di ciascun cliente, garantendo una maggiore flessibilità e versatilità nello sviluppo dei prodotti e l’approccio single source consente ai clienti di acquistare tutti i 20 aminoacidi da un unico fornitore riducendo così i rischi della catena di fornitura e semplificare il processo di approvvigionamento. In generale, ciò riguarda le aziende globali del settore alimentare e delle bevande, le startup di proteine alternative e i marchi di prodotti per la cura della persona”.
Brightmind.ai, Climate Lab, WeDo5
Sempre nell’ambito delle life science ma con sede in un edificio storico nel centro della città è Brightmind.ai che lavora allo sviluppo di un dispositivo hardware e software che utilizza l’intelligenza artificiale per curare le emicranie. Florian Lerchbammer-Kreith è il CEO e co-fondatore, insieme a Tamara Gerbert, della startup che ha in programma di perfezionare questa tecnologia anche per altre patologie del cervello, comprese quelle che hanno come conseguenza il declino cognitivo. “Lavoriamo in collaborazione con accademici e siamo nella fase in cui avremo entro i prossimi due mesi il primo prototipo per effettuare test sui pazienti, vogliamo partire dal mercato statunitense sia perché il procedimento di approvazione è più rapido rispetto all’Europa sia perché vi è un mercato maggiormente ampio, prevediamo di andare sul mercato al prezzo di 700 euro per il dispositivo più 200 euro al mese per il trattamento che richiede un’applicazione di circa 10 minuti al giorno. Il nostro sistema è in grado di personalizzarsi e di sincronizzarsi con le onde cerebrali di ogni paziente e quindi di prevenire l’insorgere dell’emicrania”. Brightmind.ai, che è una delle startup investite dal fondo Xista , prevede di vendere almeno 50mila unità del suo dispositivo entro il primo anno e di avviare un round di finanziamento da 2 milioni di euro entro la fine del 2023, oggi la startup si sostiene anche attraverso contributi pubblici da oltre 1,5milioni di euro che comprendono sia debito sia finanziamento a sostengo della ricerca. Sposandosi verso le rive del Danubio, accanto all’edificio che ospita il termovalorizzatore di Vienna che è opera dell’artista, architetto ed ecologista Friedensreich Hundertwasser c’è la sede di Climate Lab iniziativa nata a Settembre 2022, quindi decisamente recente, che desidera diventare il centro per lo sviluppo di innovazione in ambito climatico all’interno della città di Vienna. Il CEO di Climate Lab Gebhard Ottacher spiega come il business della struttura si sviluppa lungo tre direttrici: gestione dello spazio sia per attività di coworking sia per eventi, creazione di una community di attori in ambito clima ed economia circolare, e supporto ad attività di open innovation lavorando sia con startup sia con grandi aziende e organizzazioni come la società che gestisce l’erogazione dell’energia a Vienna. “Il nostro obiettivo è portare un efficace contributo al processo di decarbonizzazione – dice – e lo facciamo grazie al sostegno di fondi pubblici, di aziende che comprano da noi servizi di open innovation, dagli introiti derivanti dall’affitto degli spazi, la sede viennese di EIT Climate è qui da noi ed è importante perché ci aiutano sul fronte dell’internazionalizzazione benché il nostro focus principale sia nazionale abbiamo già in fase di sviluppo attività di collaborazione con altre città a partire da quella con la capitale della Baviera. Climate Lab ha l’ambizione di essere indipendente e neutrale, un luogo dove gli attori dell’ecosistema dell’innovazione climatica possono incontrarsi anche in modo informale, un luogo ove anche posizioni opposte come quelle delle aziende che ancora inquinano e quella degli attivisti climatici possono trovare un terreno di confronto: “siamo partiti da poco – conclude il CEO – ma stiamo crescendo rapidamente, vogliamo espanderci e occupare altri piani dell’edificio, vogliamo continuare a lavorare con le startup ma fare anche attività di education e vogliamo portare tutti gli attori dell’ecosistema attorno al nostro hub, compresi consulenti, giornalisti, policy maker”. Asetila Koestinger è un vulcano di attività e di idee, parla correntemente cinque lingue, compreso l’italiano perché, ricorda, è nata in Albania e li tutti hanno imparato l’italiano, è una imprenditrice, una consulente e anche un’attivista a supporto dell’imprenditorialità femminile e degli immigrati. “Abbiamo creato una comunità fatta da immigrati di varia provenienza che vivono a Vienna – racconta – siamo partiti con il dare supporto all’imprenditorialità femminile, non solo quella innovativa, e oggi lavoriamo anche con imprenditori uomini. Il nostro obiettivo è contribuire alla missione 5 dell’ESG, ovvero quella del gender equality, e ci chiamiamo WeDo5 che sta per ‘women entrepreneurship do 5’”. WeDo5 è una vera e propria palestra, si parte con la formazione, poi con l’accelerazione, poi con l’incubazione, poi con il match making per trovare co-fondatori, investitori, partner industriali, c’è un programma di 5 settimana per supportare nell’ideazione e definizione del progetto, uno di 10 settimane per raffinare e migliorare con anche il supporto di coach internazionali, c’è un programma realizzato con la Camera di commercio di Vienna per portare competenze digitali alle persone che hanno più di 50 anni e che devono reinventarsi nel mondo del lavoro, c’è la Good startup school per creare un luogo aperto alle aspiranti imprenditrici e imprenditori. “Vogliamo essere un role model, le donne sono la metà della popolazione, la metà delle opportunità, la metà delle idee che contribuiscono a risolvere i problemi. Una cosa che mi ha sempre fatto sorridere è l’idea che alcuni hanno che le donne siano avverse al rischio, è la più grande castroneria che si possa sentire, se fossero veramente avverse al rischio non si sposerebbero, il matrimonio è l’evento più rischioso della vita per la gran parte delle donne e poi c’è il tema dell’ascensore sociale, che non funziona, i figli di famiglie ricche hanno molte più opportunità di diventare imprenditori rispetto a quelli di famiglie povere, se poi sei donna e povera ti serve una bella dose di formazione, di cultura, di mentalità di supporto per potere intraprendere l’avventura dell’imprenditorialità con fiducia e puntando al successo”. Oggi WeDo5 è composta da uno staff di nove persone, tutte volontarie, è nata nel 2013 ma dal 2018 ha virato con decisione verso il mondo delle startup, è sostenuta da contributi pubblici e vende alcuni servizi, vorrebbe mettersi anche nella condizione di investire nelle startup che contribuisce a creare ma per stessa ammissione della fondatrice, per poterlo fare gli serve un esperto in tema di finanzia e investimenti in capitale di rischio. “Collaboriamo anche con altre organizzazioni come Female Founder per esempio, e lo facciamo in modo sinergico, loro sono l’università per chi vuole fare startup, noi siamo le scuole che vengono prima, con i nostri programmi diamo una opportunità a circa 100 persone ogni anno che provengono ormai da tutta Europa”.
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