Ecco quanti e quali posti di lavoro creano le startup in Italia

La crescita in termini di posti di lavoro creati tra il 2020 e il 2022 dalle startup italiane è del 59%. Il tasso medio di crescita annuale è del 26,2%, con l’80% dei posti di lavoro generato da circa il 25% delle startup. In particolare, nel 2022, il 50% dei posti di lavoro è riconducibile alle scaleup. E’ quanto emerge dalla ricerca “Startup, scaleup e occupazione in Italia: impatto e trend” realizzata dagli Osservatori Startup hi-tech e Startup Thinking del Politecnico di Milano per Italian Tech Alliance che ha voluto fotografare lo stato dell’arte dell’ecosistema italiano delle startup dal punto di vista occupazionale. “Le startup non sono soltanto imprese giovani, innovative e ad elevata crescita, ma si confermano come uno dei principali motori dell’economia del nostro Paese, capaci di dare un contributo significativo alla creazione di nuovi posti di lavoro – dice in una nota Francesco Cerruti, direttore generale di Italian Tech Alliance -.  La presenza di un sano e dinamico ecosistema di startup è garanzia fondamentale da una parte di vitalità del tessuto produttivo e dall’altra della creazione di opportunità professionali all’altezza per tanti potenziali professionisti che troppo spesso nel nostro Paese sono costretti ad emigrare. È opportuno che le istituzioni, come peraltro avviene nella maggior parte degli altri grandi Paesi indipendentemente dal colore politico di chi governa, dedichino sempre maggiore attenzione a queste tematiche”. “Emerge con chiarezza che le startup hi-tech finanziate rappresentano, anche per il nostro Paese, un asset strategico imprescindibile per l’economia. I tassi di crescita della popolazione impiegata dalle startup superano quelli di tutte le altre categorie imprenditoriali, aziende e PMI, e sottolineano l’urgenza di favorire la conversione delle startup in scaleup. Questo passaggio è cruciale per raggiungere una prima maturazione dell’ecosistema startup italiano – afferma Antonio Ghezzi, direttore Osservatorio Startup hi-tech del Politecnico di Milano –. “Tuttavia, per promuovere efficacemente questo processo, dobbiamo prestare attenzione a segnali d’allarme come la carenza di competenze tecnico-scientifiche e il rischio di fuga di cervelli verso Paesi esteri con offerte più competitive”.

I numeri

Tra il 2020 e il 2022, le startup finanziate hanno registrato una crescita dei dipendenti del 59%: se nel 2020 i dipendenti erano complessivamente 9.640, nel 2022 avevano superato le 15.300 unità. In particolare, nel 2021 erano stati generati 2.779 nuovi posti di lavoro, saliti a 2.940 nel 2022. Confrontando il tasso medio annuale di crescita dei dipendenti con quello di campioni comparabili di PMI e grandi aziende, si nota come a livello assoluto le grandi imprese mantengono valori superiori in termini di posti di lavoro netti generati, ma le startup generano un numero di posti di lavoro superiore alle PMI e a livello relativo hanno un tasso di crescita superiore sia alle grandi aziende, che alle medie e piccole, che si attestano rispettivamente al 4,3%, 3,2% e 6%. Le startup che hanno ricevuto un round di finanziamento late stage (superiori a 15 milioni di euro), hanno registrato una crescita superiore rispetto a quelle che hanno ricevuto round di finanziamenti inferiori. Infatti la media di dipendenti impiegati dalle startup cresce coerentemente in base al capitale raccolto: se i dipendenti in fase pre-seed sono in media 7,3 nel 2022 (+24% rispetto al 2021), 14, 1 in fase Seed (+28% sul 2021), già nella fase serie A crescono a 36,6 (+15% rispetto al 2021) fino ai 79,3 delle startup late stage (+ 34% sul 2021). Le startup appartenenti alla fascia late stage creano in media 19 posti di lavoro all’anno, mentre quelle appartenenti alla fascia pre-seed creano in media 1,36 posti di lavoro all’anno, dato che conferma come i round pre-seed e seed sostengano principalmente lo sviluppo e la validazione dell’idea di business, mentre quelli di serie A e late stage la crescita dimensionale. Anche per questa ragione la ricerca voluta da Italian Tech Alliance ha approfondito l’analisi focalizzandosi sulle scaleup che rappresentano l’11% del campione di startup analizzate per studiare la situazione dal punto di vista occupazionale di quelle startup che hanno raggiunto una dimensione significativa e sono già state validate dal mercato. I dipendenti delle scaleup sono passati dai 4.310 del 2020 ai 6.266 del 2021 (+40%) fino ai 7.623 del 2022 (+26%). Delle 15.359 posizioni lavorative delle startup fotografate dalla ricerca, circa la metà (50,4%) sono riconducibili alle scaleup. Dalle interviste condotte alle scaleup italiane, emerge come nel 2023, il 30% dei collaboratori delle scaleup italiane è donna: sebbene ci sia un gender gap, la presenza femminile è in crescita rispetto al 2020 quando era al 24%. Il divario risulta più accentuato in contesti tech-intensive. L’82% dei dipendenti delle scaleup intervistate ha almeno una laurea triennale, il 70% ha un background tecnico-scientifico, il 18% economico-manageriale e il 12% umanistico. Per quanto riguarda i canali d’ingaggio, il 94% delle scaleup intervistate utilizza Linkedin per il recruiting, mentre il 63% ricorre a career service o fiere ed eventi, il 44% agli head-hunter, principalmente per profili più senior o particolari, come per esempio le categorie protette, o società di recruiting. Molte scaleup lamentano difficoltà nella ricerca di figure neolaureate o senior con competenze tecniche, in particolare lato software. Si segnala anche la difficoltà di reperire figure manageriali e commerciali che abbiano competenze o background in ambito tecnico e tecnologico, figure che spesso si vedono costrette a ricercare all’estero. A conferma di ciò, l’ultimo report del DESI (2022), dove l’Italia risulta essere sotto la media europea per quanto riguarda la presenza di specialisti ICT e registra il dato più basso nell’UE di laureati in ambito ICT. Gli ultimi dati che emergono dalla ricerca sono relativi allo stipendio medio lordo entry level delle startup, che è di 27.700 euro, alla tipologia del rapporto di lavoro, la totalità delle scaleup intervistate predilige contratti a tempo indeterminato per offrire una posizione stabile ed essere più attrattivi e, in particolare, all’86% dei dipendenti delle scaleup intervistate viene offerto un contratto indeterminato, al coinvolgimento nell’azionariato dei dipendenti, con il 94% delle scaleup intervistate che offre una partecipazione azionaria a tutta la popolazione aziendale (31%) o al solo management (63%). Infine, la quasi totalità delle scaleup intervistate dichiara che almeno un suo dipendente uscito dalla loro organizzazione ha proseguito il suo percorso di carriera professionale in una corporate, sintomo questo di una potenziale rivitalizzazione delle aziende più tradizionali, con la possibilità di contaminare la nuova azienda con una cultura del lavoro più innovativa. Inoltre, circa il 40% conferma che almeno un suo dipendente abbia proseguito la sua carriera in un’altra startup o addirittura, il 19% delle scaleup afferma che almeno uno dei dipendenti usciti abbia poi dato vita a una nuova impresa, con un effetto volano per l’ecosistema.

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