Il 1° hackathon del calcio lanciato dalla FIGC (primo al mondo organizzato da una federazione calcistica e secondo in assoluto a livello internazionale) che si è tenuto il 14 e 15 ottobre a Trento è stato una grande sfida sotto diversi aspetti. Dalle quasi 400 domande d’iscrizione sono stati selezionati 150 hacker, per i quali la ‘challenge’ era focalizzata su due temi di grande rilevanza per la federazione: la match analysis e gli strumenti di valorizzazione e servizio per i tesserati. A sorpresa di chi riteneva la sfida sui tesserati più interessante date le prospettive di business più probabili, gli iscritti hanno scelto come campo di battaglia preferito quello della match analysis, dove si sono ritrovati la maggioranza dei gruppi. Molti sono arrivati agguerritissimi e dotati anche di esperienze di settore pregresse. Come i team condotti da allenatori professionisti appassionati di data analysis (qualcuno ci ha mostrato dei database di dati di partite raccolti a mano in anni e anni di analisi) e altri team di derivazione startup (in particolare quelli di Wyscout e Wallabies) che non si sono risparmiati durante le 24 ore di lavoro forzato a scrivere linee e linee di codice per riuscire a cogliere la migliore intuizione di utilizzo dei dati messi a disposizione dalla federazione. Intelligenza artificiale e machine learning le buzz word più calde del contest. La sfida sull’innovazione non era solo dentro le sale dell’hackathon, ma anche nelle sale degli workshop, dove SAP con Achim Ittner (director business development sports SAP) e Microsoft con Iris Cordoba (general director global sports innovation center Microsoft), pur in un ambiente molto conviviale, facevano percepire il crescente livello di sfida tra i due titani per portare, finalmente, le migliori soluzioni del mondo ICT allo sport. Di sfida si è trattato anche nel riuscire a realizzare questo evento che ha avuto una grandissima visibilità grazie alla straordinaria accoglienza delle istituzioni del Trentino, alla tenacia nel proporlo del professor Carlo Alberto Carnevale Maffè e al pedissequo lavoro di Francesco Anesi che è riuscito a motivare tutti i partecipanti nel fare squadra ai limiti dello stalking, ma con estremo successo, tanto da convincere il direttore generale della FIGC Michele Uva a lanciare già la sfida per l’anno prossimo: il secondo hackathon avrà tra i temi la VAR – Video Assistant Referee – (peraltro in tema di VAR la sfida che sta vedendo vincente Roberto Rosetti, project leader del VAR, mi è stata estesa, e con questo articolo è estesa anche a tutti i lettori di Startupbusiness, nel trovare una soluzione innovativa per la rilevazione automatica e immediata del fuorigioco prima dei Mondiali dell’anno prossimo: se qualcuno pensa di avere una soluzione mi contatti). E non mancherà la sfida per chi nel mondo delle startup dello sport sta cercando di cambiare le cose o a livello d’incubazione come Vittoria Gozzi col suo Wylab, chi a livello istituzionale come Marco Bicocchi Pichi di Italia Startup e chi a livello corporate commerciale come chi scrive per esempio con l’Infront Lab, per incrementare il numero e la qualità di startup che vogliono entrare in questo settore e le loro possibilità di trovare successo commerciale. La sfida centrale, quella degli hacker, è stata vinta dai team di OMG (per la match analysis) e di FBI Football Identity per la parte tesserati. OMG ha presentato un progetto di ideazione e realizzazione dell’analisi di una sorta di DNA delle azioni e delle squadre per calcolare l’indice di pericolosità (che poi possono utilizzare gli allenatori o i media per esempio). FBI propone una piattaforma basata sull’utilizzo della tecnologia NFC di prossimità per il check-in degli atleti più giovani sul campo, che al momento del terzo tempo possono digitalmente registrare il contatto con gli avversari ed essere premiati per il fairplay (oltre che permettere il controllo da parte dei genitori). Ma la sfida è stata vinta anche da tutti quei giovani che hanno avuto la possibilità di interagire con i 20 mentor di livello altissimo e di presentare i propri progetti davanti a una grande platea. Come è stata vinta da quel team di ragazze che alle 2 del mattino, nonostante lo sguardo ormai annebbiato dalle tante ore davanti allo schermo, mostrava la propria tenacia nel continuare a chiedermi suggerimenti su come migliorare la propria presentazione e magari realizzare comunque il loro progetto sui micro asili sportivi temporanei. Non hanno vinto l’hackathon, ma potrebbero vincere nella vita. La prossima grande sfida sarà invece quella di far diventare questo evento un appuntamento internazionale. Quest’anno hanno partecipato rappresentanti della federazione Russa e di quella del Kosovo e diversi team che arrivavano da alcuni Paesi europei. L’anno prossimo speriamo di avere una conferenza in inglese e un ambiente ancor più internazionale. Lo sport ne ha bisogno e l’Italia anche. E se faremo squadra la grande sfida sarà vinta. Contributor: Francesco Mantegazzini
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