Negli ultimi due anni fortunatamente più gioie che dolori! I dolori li abbiamo avuti più negli anni precedenti, noi siamo partiti nel 2011 con SiamoSoci, iniziativa nata con l’obiettivo di avvicinare gli investitori privati alle startup innovative, una missione faticosa perché siamo stati i primi a sfruttare la rete per creare un punto d’incontro tra queste realtà. Le gioie sono arrivate dopo, ci piace pensare che abbiamo contribuito a creare un nuovo canale, un nuovo strumento per portare capitali privati verso l’innovazione italiana, questo è stato sempre il nostro primario obiettivo. Mamacrowd è in effetti partita quando molti dei dolori li avevamo già superati, avevamo già costruito network, sperimentato molto sul mercato, imparato tanto. Non siamo nemmeno stati tra le prime piattaforme a partire, abbiamo voluto aspettare che il quadro normativo fosse il migliore possibile, cosa che è avvenuta a metà del 2016.
Ci sono oltre 2500 investitori registrati sulla vostra piattaforma, chi sono esattamente?
E’ un’ottima domanda perché è un aspetto in grande cambiamento. Siamo partiti da una community che già ci seguiva come SiamoSoci e che era composta soprattutto di business angel, oggi il crowdfunding fa una grande magia che è quella di avvicinare un pubblico molto più ampio a questi investimenti e noi lo stiamo vedendo sulla nostra base utenti, le categorie si sono allargate, non siamo ancora arrivati alla fantomatica ‘casalinga di Voghera’ , ma ci stiamo avvicinando molto, il fatto di poter investire anche con poche centinaia di euro è, secondo noi, una ricetta vincente per avvicinare il grande pubblico dei risparmiatori italiani agli investimenti in startup innovative.
Come vengono selezionate le startup per le vostre campagne?
Noi abbiamo due criteri maestri, che sono: listiamo solo startup che vengono dal nostro network di incubatori e acceleratori d’impresa, che conta 43 partner, soggetti esperti che già prima di noi hanno fatto processi di selezione molto intensi e che hanno già investito di fatto in queste startup, con i loro servizi e il loro supporto. Questo significa che già andiamo ad agire in un sottoinsieme piccolo (circa il 2-3%) rispetto al numero di startup italiane, un distillato che crediamo sia la nicchia dell’eccellenza.
Al di fuori di questo canale, l’altro criterio è che siano startup già sul mercato.
Se non c’è la validazione del partner, ci deve essere almeno la validazione del mercato, cioè la startup deve avere un prodotto definito che il mercato apprezza, quindi fatturare. A questo punto poi si valuta se ci sono gli estremi per fare una campagna di successo.
Qual è a questo punto il vostro ruolo?
Il nostro ruolo è sopratutto legato alla comunicazione, noi aiutiamo le aziende a presentarsi al mercato degli investitori sulla piattaforma. Non è una cosa banale, anche aziende molto buone con manager molto capaci non sono necessariamente esperte nel valorizzare quello che stanno facendo verso un pubblico di investitori spesso inesperti. C’è un grande esercizio di semplificazione da una parte e di trasparenza e completezza delle informazioni dall’altra, per costruire un set informativo e trovare modalità di comunicazione adeguate, anche attraverso video, webinar, tutti i formati e tecnologie che si possono mettere in campo, per fare arrivare all’investitore potenziale il messaggio su: quale valore questa azienda porta sul mercato e quale valore l’investimento genererà per lui, per gli azionisti. E’ questo che l’investitore vuole sapere! Io ti do dei soldi, ti aiuto con la mia finanza a mandare avanti la tua azienda, mi aspetto un ritorno di valore che tu dovrai creare usando bene i miei soldi.
C’è una startup che vi è ‘sfuggita’?
Ce ne sono più di una, ma non userei la parola ‘sfuggita’ o meglio, direi che ce la siamo lasciata sfuggire consapevolmente.
Abbiamo visto in diverse occasioni sbarcare su altre piattaforme startup che erano passate anche da noi, ma per le quali non avevamo ravvisato gli elementi per una campagna di successo sulla nostra piattaforma, per esempio non ci convincevano i parametri dell’offerta che dal nostro punto di vista non erano congrui rispetto allo stadio di crescita dell’azienda. Ci sono diversi motivi, sicuramente ci siamo persi dei deal ma non abbiamo rimpianti.
Mi spiego meglio citando due piattaforme molto conosciute anche se di reward crowdfunding. Abbiamo affrontato a monte la scelta se essere come una piattaforma stile Kickstarter (aperta a tutti i progetti indistintamente, success rate molto basso) o piuttosto come Indiegogo (solo progetti selezionati, success rate molto elevato), e abbiamo sposato quest’ultima filosofia. In effetti il nostro success rate è di circa il 90%, è altissimo, proprio perché preferiamo portare meno deal ma di altissima qualità, frutto di un processo molto selettivo.
Lo scenario italiano come si sta evolvendo? Gli investimenti in startup da parte del Venture Capital e dei Business Angel sembrano sempre piuttosto piatti, mentre il crowdfunding avanza …
E’ un chiara rivoluzione, le tecnologie possono avere questo ruolo di disruption, anche in questo settore degli investimenti, dove sta giocando un grande ruolo contribuendo a un cambiamento importante, come d’altronde è già avvenuto anche in altri Paesi, UK per esempio, che guida la classifica europea per gli investimenti crowdfunding che rappresentano già una fetta importante del venture capital.
Anche in UK inizialmente gli investitori professionali e istituzionali che avevano un buon dominio del mercato erano contrari a meccanismi drenati da tecnologie come l’equity crowdfunding. Poi è successo che c’è stata una progressiva integrazione di questi due mondi e gli investitori guardano oggi con molto favore il crowdfunding che ha permesso loro di spostarsi più avanti nella catena di valore, per fare investimenti in fasi successive. Lasciando che le startup passino attraverso l’equity crowdfunding ottengono anche loro una forma di validazione del mercato e un flusso di aziende sulle quali poi eventualmente fare investimenti di taglio maggiore.
Penso che in Italia vivremo un pò lo stesso percorso.
Per i business angel, in sostanza, una piattaforma di equity crowdfunding è diventato un tool, uno strumento…
E’ senz’altro uno strumento, il fatto che si chiami crowd funding non significa che vada sempre a servire solo un pubblico indistinto di investitori inesperti. Significa piuttosto che incorpora delle funzionalità che rendono l’investimento semplice ed efficiente, sia per i non esperti che per il business angel che vuole avere un livello di approfondimento superiore, che vuole fare investimenti di un certo taglio e diversificare il portafoglio.
Cosa ne pensi della proposta di marchio europeo per le piattaforme di crowdfunding?
Credo sia positivo che ci sia un’attenzione europea verso la creazione di un mercato unico, le norme proposte sono abbastanza in linea con quelle già vigenti in Italia, a eccezione di alcune previsioni meno restrittive rispetto alla regolamentazione italiana, e da cui le autorità italiane potrebbero prendere spunto.D’altro canto però, l’aspetto che andrebbe rivisto nella proposta europea è l’ammontare massimo a un milione di euro di raccolta per singola campagna. In Italia è di 5 milioni e ci sembra più congruo, soprattutto se si pensa che ad accedere al crowdfunding in Italia non sono solo le startup ma anche le PMI innovative, per le quali un milione di euro è molto riduttivo. Comunque è tutto ancora in grande discussione, vedremo, sicuramente una normativa di livello europeo su questa materia sarebbe molto positiva.
Le 3 migliori campagne nel primo semestre 2018 di Mamacrowd Delle 13 campagne chiuse da gennaio a giugno il primo posto spetta a Club Italia Investimenti 2, il Club che supporta la crescita delle startup selezionate dai migliori acceleratori d’impresa: con un incasso di 1.202.387 euro (621% di overfunding) si attesta come la più ampia di sempre in Italia. Al secondo posto compare DNA Phone, la piattaforma di analisi innovativa per la diagnostica portatile nelle principali filiere alimentari: con il 433% di overfunding la campagna ha raccolto 650.000 euro. Medaglia di bronzo per MAAM, il programma digitale di formazione per neo genitori che rende la nascita di un figlio l’opportunità di migliorare le soft skills dei dipendenti: ha raccolto più di 450.000 euro di adesioni (450% di overfunding). Donatella Cambosu @janazond
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