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Noi italiani abbiamo una lunga tradizione imprenditoriale che ci permette di primeggiare in tanti settori e di essere delle eccellenze a livello mondiale, ma spesso non abbiamo cognizione di questo. Studiando il business e la leadership consapevoli, in queste teorie che parlano di contributo, passione e attenzione alla variabile umana nel fare impresa, si ritrova tanto del DNA italico. Dall’altra parte dell’oceano hanno già sperimentato cosa vuol dire disumanizzare il business per correre strenuamente ed esclusivamente verso gli obiettivi di crescita e le conseguenze come burn-out, fallimenti, purtroppo anche suicidi, hanno imposto di rivedere la cultura del business e di ripensare le aziende in un modo che possano prosperare nel lungo periodo. Parole come vulnerabilità, comunicazione positiva, umanità, benessere psico-emotivo, sono ormai all’ordine del giorno lì, come elementi essenziali per definire il successo delle aziende, ma anche dei leader che le guidano. Molto di questo c’è nella nostra tradizione imprenditoriale e proprio dal nostro DNA vale la pena iniziare per comprendere le variabili di successo del fare impresa.
Partiamo innanzitutto da: cosa fa di un imprenditore un imprenditore?
La risposta più immediata sembrerebbe quella di avere un’azienda, ma non è così. Quello dell’imprenditore è uno stato dell’essere che porta a prendere decisioni e fare cose che, per chi guarda da fuori, sono inimmaginabili o addirittura folli. Essere imprenditore è una vocazione, è un fuoco che brucia dentro e che porta a voler realizzare qualcosa, a prendere dei rischi, a guardare avanti nel futuro, a superare delle difficoltà enormi e a prendere a cuore chi c’è nella propria azienda. Essere imprenditore è una faccenda di cuore e non solo di testa o di numeri aziendali. Esistono poi alcune caratteristiche, che non sono una checklist per capire quanto si è imprenditore, piuttosto un’esplorazione dei tratti dell’imprenditorialità che solitamente non si tengono in considerazione e che nella realtà rappresentano un valore inestimabile che va assolutamente coltivato e nutrito a qualsiasi stadio di vita dell’azienda: – Forte attenzione alle persone che sono in azienda – Voler fare bene come forma di rispetto e impegno per chi ha creduto nel progetto – Senso di responsabilità verso il sistema azienda (clienti, fornitori, partner, dipendenti) – Forte connessione con la propria parte umana e vulnerabilità – Ambizione di creare qualcosa di grande che porti valore – Visione chiara dell’azienda e di ciò che si vuole portare nel mondo – Coraggio di mettersi in discussione – Resilienza nei momenti di difficoltà – Ottimismo nel futuro e fiducia nelle proprie risorse – Dedizione La cura di questi elementi ha dimostrato ampiamente di permettere alle aziende di ottenere risultati eccezionali nel tempo e al leader che le guida di esprimere pienamente il proprio potenziale umano e imprenditoriale.
Il successo dell’imprenditore
Nel nostro modo di fare business prevalente non siamo abituati a esplorare questi aspetti e a porre la giusta attenzione a questi tratti dell’imprenditorialità, troppo presi dai soli risultati economici spesso di breve periodo. Essi rappresentano invece le vere variabili sulle quali fondare il successo delle aziende. Si parla tanto di sostenibilità in questo periodo ma poca attenzione si presta a una crescita sostenibile e sana delle aziende, come se fare impresa fosse una corsa dei 100mt, uno sprint che vale la vita, ma chi fa impresa da tempo sa che si tratta invece di una lunga infinita maratona, non corsa da una sola persona ma da un intero sistema azienda. Proprio per riuscire a dosare la performance e permettere una crescita sostenibile è essenziale avere chiari anche quelli che sono i “lati oscuri” del fare impresa: – Eccessivo senso di responsabilità verso le persone che lavorano in azienda che porta a sovraccaricarsi e colpevolizzarsi per tutto quello che succede o non succede – Trappola del successo personale che disconnette dal vedere il sistema e i membri del team – La sindrome del criceto che porta a lavorare tanto, sempre, troppo. – Pensieri martellanti e ossessivi su come migliorare e fare sempre di più – L’incapacità di concedersi i propri meriti e celebrare i propri successi aziendali – Senso di solitudine perché gli altri non sentono (e magari non apprezzano) la dedizione e passione dell’imprenditore Come si definisce quindi il successo? Non è un dato fisso, ognuno ha le proprie variabili e vale la pena esplorarle personalmente, quello che è certo è che l’imprenditore crea un mondo, un sistema intorno alla sua Visione e quindi qualunque variabile si utilizzi per definire il successo deve tenere in considerazione il contributo dato a questo sistema, la sua capacità di prosperare e durare nel tempo e la sostenibilità per le organizzazioni e le persone che lo compongono.
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