“What happens in Vegas stays in Vegas”, recita un noto adagio a sottolineare come ‘the sin city’ richiede giustamente grande riservatezza. Con una sola grande eccezione: la tecnologia. È dal 1979 che la città dei casinò è trampolino di lancio per le più recenti innovazioni tecnologiche e informatiche. Era infatti il 1979 quando si svolse la prima edizione del Comdex, la madre di tutte le fiere internazionali dedicate alla tecnologia, compreso il suo discendente più diretto, il Ces che si svolge, sempre a Las Vegas, proprio in questi giorni. Il Comdex era il centro del mondo per l’industria nascente dell’informatica che era essa stessa una grande startup. L’appuntamento di Las Vegas era il principale e lo è stato per tutta la parabola del Comdex che si è conclusa nel 2005 nonostante la manifestazione negli anni più luminosi abbia girato il mondo toccando tantissime città di tutto il pianeta. Negli anni più floridi dell’industria informatica, gli anni in cui i grandi colossi erano ricchissimi, in cui il cosiddetto ‘baco del 2000’ aveva accelerato gli investimenti in information technology in tutto il mondo, tra il 1995 e il 2001, Comdex fu di proprietà di SoftBank, il conglomerato giapponese che oggi è tornato a fare parlare di se per avere lanciato il più grande fondo di Venture Capital del pianeta che si chiama Vision Fund e che vale cento miliardi di dollari e che tra i suoi investitori, oltre a SoftBank stessa, ha anche Foxconn, Apple, Qualcomm, Sharp, Mubadala e il Saudi Arabia Public Investment Fund che pesa per quasi la metà del totale del fondo. Al Comdex tutti erano startup, compresi quelli che oggi riconosciamo come i grandi colossi dell’informatica di prima generazione: Microsoft, Ibm, Apple e altri che non ci sono più come Compaq e Ast Computer (per gli amanti delle serie tv il clima di quegli anni in cui l’informatica stava diventando industria globale e quindi anche del Comdex, è ben raccontato in Halt and Catch Fire, nome che deriva dal comando in codice macchina che porta all’interruzione del funzionamento della Cpu). Chi scrive ha avuto la possibilità di frequentare il Comdex, di toccare con mano le innovazioni che hanno portato all’evoluzione che conosciamo oggi e che erano annunciate e presentate con scenografie esagerate, con eventi che per l’epoca erano qualcosa di mai visto per sontuosità, per non parlare dei party che erano diventati appuntamenti immancabili per tutti i frequentatori del Comdex. Il Ces di questi giorni è l’evoluzione di quella fiera che si distribuisce, oggi come allora, tra il Las Vegas Convention Center e gli enormi spazi dei grandi hotel-casino della città, o meglio della ‘strip’, la strada da cui tutto si dipana. È una fiera più matura per certi versi, perché l’industria è cresciuta nel frattempo, è una fiera molto più ricca di innovazioni, con anche la presenza di aziende che tradizionalmente operano in altri settori, perché oggi la tecnologia pervade ambiti che all’epoca del Comdex erano ancora lontani. È una fiera anche più popolare perché la tecnologia è oggi qualcosa che riguarda tutti e che tutti utilizzano ed è anche vetrina per le startup di tutto il mondo. In una vetrina così ampia e ricca bisogna sapersi fare notare, bisogna portare innovazioni capaci di avere impatto, bisogna andarci bene organizzati per sfruttare al meglio una occasione che potrebbe diventare, aldilà dell’esperienza espositiva, foriera di ulteriori evoluzioni in ottica internazionale ed è perciò che ben vengono iniziative come quella che quest’anno per la prima volta ha portato un gruppo di startup italiane per nascita o per via dell’italianità degli imprenditori che le hanno fondate. Iniziativa che mutua il modello già collaudato dai cugini francesi che contano quest’anno la loro quinta partecipazione con una missione specifica popolata da oltre 350 startup sotto l’egida de La French Tech (che è stata occasione, nel 2016, anche per Emmanuel Macron quando era ancora ministro dell’Economia di mostrare come la Francia crede fortemente nell’industria tecnologica) . Le startup italiane che fanno parte del gruppo organizzato sono 44 come riporta EconomyUp che le descrive una per una e racconta come due di esse abbiamo attirato particolare attenzione. Secondo Area Science Park, uno degli organizzatori insieme a UniCredit StartLab, Italia Startup (l’Associazione che raggruppa primari incubatori italiani, acceleratori e startup), e-Novia, Industrio, APSTI Associazione dei Parchi Scientifici e Tecnologici Italiani, CRUI Conferenza dei Rettori delle Università italiane, le startup italiane presenti sono 50, mentre secondo Vistanet a fare la parte del leone sono le startup sarde. Insomma aldilà delle piccole differenze tra le varie fonti e i vari organizzatori, all’enfasi sulle delegazioni regionali e alla presenza anche di altre aziende tecnologiche italiane che partecipano indipendentemente dal gruppo organizzato, come è per esempio il caso di Energica, che è una scaleup, che è presente al Ces per il terzo anno consecutivo , i numeri, così come per gli investimenti in capitale di rischio, sono di un ordine di grandezza inferiore rispetto a quelli francesi. È però, questa missione, un passo avanti significativo che va notato e apprezzato, sarà un passo avanti ancora più sostanziale se qualcuna delle startup del gruppo organizzato tornerà in Italia non solo con l’arricchimento di una esperienza in più, ma anche con qualche opportunità concreta di espandere e fare crescere il business. Sarà questa la cartina tornasole più importante che ci auguriamo di potere raccontare nelle prossime settimane. @emilabirascid
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