Non ci si faceva illusioni: il comparto turistico, in questo 2020, non poteva di certo andare bene, in Italia come nel resto del mondo. Lo scorso dicembre Istat aveva reso noto alcuni numeri della tragedia: nei primi nove mesi del 2020 circa 192 milioni di persone in meno hanno viaggiato per l’Italia, un calo che raggiunge quasi il 51% rispetto a un anno fa; nei mesi del lockdown le presenze nelle strutture ricettive si sono praticamente azzerate (-91%) mentre un leggera ripresa si è registrata durante il periodo estivo. L’Osservatorio Innovazione Digitale nel Turismo della School of Management del Politecnico di Milano, ha recentemente presentato il rapporto che delinea con maggiore precisione a quanto ammonta il danno nell’ambito del mercato turistico digitale. Se per certi versi l’accelerazione del digitale ha agito anche in ambito di alcuni servizi turistici, nell’anno della pandemia la flessione per l’ecommerce dei viaggi si è sentita chiara e forte: segna un -60% assestandosi a 6,2 miliardi di euro. Prevalgono ancora le prenotazioni effettuate da desktop (65% del totale), ma il mobile assume più rilevanza (35%) e registra una decrescita inferiore rispetto al mercato (-39%). I trasporti si confermano la categoria merceologica più acquistata su internet (60%), ma perdono quota (-1 punto percentuale rispetto al 2019) in favore degli alloggi (34%, +3 punti). Ad impattare su questa tendenza vi è la prevalenza del mercato domestico e la preferenza per l’utilizzo dei mezzi di trasporto di proprietà. Seguono infine, con un 6%, i pacchetti e tour organizzati. “Si è rafforzato il canale diretto, che ha inciso per il 66% sull’e-commerce complessivo.” Afferma Filippo Renga, Direttore dell’Osservatorio Innovazione Digitale nel Turismo del Politecnico di Milano “Da un lato, infatti, il cliente ha cercato il contatto diretto con il fornitore per ricevere informazioni e rassicurazioni. Dall’altro, il turismo di prossimità ha aumentato il ricorso a servizi conosciuti o comunque accessibili via telefono, email o chat, e reso meno necessario l’utilizzo di intermediari. Le OTA hanno sofferto (-57%), ma meno quelle legate esclusivamente all’extra-alberghiero (-33%)”. Per il Business Travel le cose sono andate anche peggio. La spesa per i viaggi d’affari scende a 7,6 miliardi di euro, in diminuzione del 63% sull’anno precedente. Il mercato nazionale (3,2 miliardi di euro) realizza la performance “migliore” (-56%), quello internazionale (4,4 miliardi) si riduce di due terzi (-67%) anche complice la forte riduzione dei prezzi del trasporto e il deprezzamento del dollaro contro l’euro (-2%). “La maggiore variazione negativa si ha nella spesa internazionale dell’industria (-68%) dove il crollo dei viaggi MICE (legati a meeting, fiere e eventi aziendali), i più costosi, ha anche inciso sul segmento nazionale (-58%). Il terziario, meno esposto ai viaggi intercontinentali, mostra una contrazione di spesa decisamente inferiore (-60%)” afferma Andrea Guizzardi, Direttore dell’Osservatorio Business Travel “Il 63% delle aziende italiane indica nel secondo semestre 2021 il momento in cui si tornerà a viaggiare per motivi non strettamente necessari”. Il bicchiere mezzo pieno?
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