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E’ una delle funzioni cardinali per generare innovazione, soprattutto di prodotto: nuovi materiali, nuovi strumenti, robotica, alta tecnologia, farmaci, robotica, tutto ciò che, in estrema sintesi, può essere brevettato. Il trasferimento tecnologico (spesso chiamato anche in Italia technology transfer) comprende tutte quelle attività che permettono di valorizzare e ‘trasferire’ conoscenza, tecnologia, competenze, metodi di fabbricazione, campioni di produzione e servizi nati dalla ricerca scientifica al mercato, passando attraverso l’impresa. Tra le sue attività rientra anche la tutela della proprietà intellettuale attraverso i brevetti. Si tratta di un processo frutto della collaborazione tra il mondo accademico e quello industriale/imprenditoriale, che ha come obiettivo principale quello di migliorare la vita delle persone grazie all’innovazione. Possiamo definire il trasferimento tecnologico anche come un percorso caratterizzato da un punto di partenza (la ricerca), un punto di arrivo (il mercato) e una serie di tappe intermedie (la cosiddetta filiera), in cui sono coinvolti attori differenti, principalmente enti di ricerca, imprese, finanziatori, gli uffici di trasferimento tecnologico.
Trasferimento tecnologico: gli enti di ricerca
L’attività di creazione di un’idea (o di una proprietà intellettuale) e la fase successiva di trasferimento tecnologico, come abbiamo detto, sono processi piuttosto complessi. Ne fanno parte un determinato numero di soggetti, i quali formano una vera e propria filiera. La letteratura al riguardo tende a suddividere gli attori di questa filiera in categorie e ruoli, aggiungendo anche il contributo dei cosiddetti servizi di supporto al trasferimento. La prima casella del percorso di trasferimento tecnologico è occupata dalle istituzioni di ricerca. Si tratta di coloro che sono impegnati ogni giorno nelle attività di ricerca e sviluppo. All’interno di queste istituzioni (le università pubbliche ne sono un esempio, ma non solo) sono coinvolti diverse categorie di persone, spesso classificate in relazione al contratto di lavoro stipulato con l’istituzione stessa. Parliamo quindi di: dipendenti, ricercatori, collaboratori a progetto, dottorandi di ricerca ma anche tesisti. Tutte queste figure possono essere artefici di un’idea innovativa. O, più romanticamente, possono essere degli inventori. Per questo motivo, per ognuno di loro il problema più significativo riguarda la possibilità che la proprietà intellettuale da essi generata venga protetta in modo adeguato. Anche perché, per una serie di motivazioni, le norme a livello legislativo non specificano a chi appartengano i risultati della ricerca, per tutti quei soggetti che non rientrano nella categoria dipendenti degli enti di ricerca.
Trasferimento tecnologico: le imprese
Altro soggetto rilevante nel percorso di trasferimento tecnologico sono le imprese. Esse infatti svolgono attività di ricerca al loro interno, anche se molto diversa rispetto a quella fatta dalle “istituzioni di ricerca”. Il meccanismo è spesso quello della partnership con altre imprese o con enti di ricerca. Ma, al tempo stesso, le imprese possono essere finanziatrici di progetti di ricerca, mettendo in atto ad esempio percorsi di open innovation, ovvero andando a cercare fuori dal perimetro aziendale l’innovazione tecnologica di cui hanno bisogno. Inoltre, le imprese sono i principali acquirenti della tecnologia derivante dagli enti pubblici. Per tutti questi motivi rappresentano un soggetto indispensabile per portare a buon fine i processi di trasferimento tecnologico.
Trasferimento tecnologico: i finanziatori
Così come indispensabili sono i finanziatori, terzo anello della catena. Perché l’attività di ricerca può essere svolta sia con risorse proprie dell’ente di ricerca oppure con risorse esterne. In quest’ultimo caso i finanziatori possono essere sia pubblici (prevalentemente tramite bandi) sia privati (imprese, banche, fondi, business angel). Nell’ambito dei finanziamenti pubblici, tra gli altri, in questi ultimi anni sta assumendo importanza sempre maggiore il finanziamento europeo. Nello specifico, tra i programmi più rilevanti c’è Horizon2020. Va detto, che i finanziatori pubblici, ma anche quelli privati, sono interessati alla proprietà intellettuale sia nell’ambito della titolarità che nell’ambito dello sfruttamento dell’idea.
Che cosa sono e che cosa fanno i Technology Transfer Offices
Per supportare l’attività degli attori principali della filiera del processo di trasferimento, nel tempo sono nati una serie di soggetti che potremmo definire “complementari”. Tra i più conosciuti ci sono gli “Uffici di Trasferimento Tecnologico”, anche noti come TTO (Technology Transfer Offices). Al di là del come siano effettivamente nati (tale processo può variare da realtà a realtà), la missione di questi uffici è favorire il trasferimento tecnologico. In che modo? Attraverso una serie di attività: in primis aiutare i ricercatori nel posizionare i programmi di ricerca; ma anche raccogliendo e valutando le comunicazioni legate alle invenzioni; o ancora adottare le forme di protezione più adatte, oltre a commercializzare la proprietà intellettuale nei confronti di imprese esistenti o tramite la creazione di nuove (spin-off). In altre parole i TTO rappresentano una specie canale di trasmissione tra il mondo della ricerca e quello del mercato. Anzi, in alcuni casi, contribuiscono anche a fornire agli enti di ricerca i trend e le indicazioni che arrivano dal mercato stesso, rivestendo il ruolo di suggeritori a supporto dei vertici degli enti di ricerca, per quel che riguarda i rapporti con le imprese. Al potenziamento degli Uffici di Trasferimento Tecnologico sono rivolte anche alcune iniziative da parte del Mise (Ministero dello Sviluppo Economico). Uno degli esempi più recenti a questo proposito è il lancio, a maggio 2018, del bando per l’erogazione di risorse finanziarie a supporto dei TTO. Nello specifico il ministero ha messo a disposizione 3 milioni di euro (di cui 2,5 milioni destinati al rifinanziamento di progetti già in corso – finanziati tramite un bando risalente a luglio 2015 – e 500 mila per quelli nuovi) a sostegno di iniziative di potenziamento e capacity buiding dei TTO. (articolo originale su EconomyUP)
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