Junior Achievment è una organizzazione non profit che, nata nel 1919 in US e presente in Italia da dieci anni, ha l’obiettivo di sviluppare le competenze economiche e la cultura imprenditoriale nei bambini e nei giovani in età scolare. I suoi programmi realizzati grazie ai “volontari” dell’associazione (manager, imprenditori, liberi professionisti, tecnici) prevedono lezioni pratiche in aula ma anche business plan competition. Abbiamo posto alcune domande al Direttore Generale italiano Miriam Cresta. Operate da dieci anni nell’Italia dei giovani, da quando cioè le startup non erano ancora un fenomeno alla moda. Avete riscontrato cambiamenti sociali e culturali in questo periodo di tempo? Quali? Certamente negli ultimi due anni abbiamo assistito a una maggiore attenzione da parte delle istituzioni a supportare iniziative di start-up o, più semplicemente, a investire nei giovani e nelle loro idee. Si tratta di un aspetto cultura e sociale, i cui effetti si vedranno nel lungo periodo ma per fortuna siamo partiti! Il dato reale è che per la prima volta abbiamo avuto due Ministeri – quello dello Sviluppo Economico e quello dell’ Istruzione – molto più attivi nel sostenere con concretezza il nostro progetto. E questo, solo perché rispondeva a una logica di “buona opportunità” per le nostre scuole e i nostri giovani e quindi per il nostro Paese. Questo è per noi quello che dovrebbero fare le istituzioni di un Paese moderno. Com’è cresciuta JA in Italia in questi anni, avete incontrato ostacoli? Chi vi ha aiutato? Junior Achievement, essendo un’associazione non profit, è strutturata in modo snello e si presenta come un progetto di partnership concreto per le aziende e le scuole. Inoltre, risponde a un bisogno molto impellente: investire sull’istruzione dei giovani affinché possano diventare cittadini e adulti intraprendenti. Vale a dire, rendersi autonomi dal loro nucleo familiare di origine, trovando un lavoro che consenta loro di raggiungere soddisfazione personale e buon livello di qualità della propria vita. Chi non investirebbe in questa causa? Risponde a una logica di responsabilità sociale e politica che dovrebbe essere assolutamente diffusa in un Paese come il nostro. Oggi contiamo più di 30 imprese attive (negli anni, abbiamo lavorato con oltre 60!) che a diverso titolo sostengono l’Associazione, istituzioni locali, alcuni nodi della rete di Unioncamere e del Gruppo Giovani di Confindustria che vanno a rinforzare le fila delle oltre 400 persone volontarie che ogni anno mettono a disposizione degli studenti italiani il proprio tempo e il patrimonio inestimabile della loro esperienza professionale. Noi quantifichiamo questo contributo in “ore donate dalla aziende alle scuole”. E, nel precedente anno scolastico, sono state più di 6.500. Il nostro, inoltre, è un progetto che, una volta tanto, ci allinea alle buone pratiche europee. In Italia manca una strategia nazionale che porti seriamente a investire nella formazione all’imprenditorialità tra i giovani e gli insegnanti. Perché quello che abbiamo capito in questi anni è che imprenditori non si nasce ma si può diventarlo, allenando le adeguate competenze… Questo può essere fatto con il supporto attivo del mondo imprenditoriale, in una logica di sviluppo a rete. Rispetto a altri Paesi in cui JA opera, cosa caratterizza il nostro Paese? Abbiamo cercato di investire molto nei materiali didattici, curandone molto la qualità e la fruibilità, in linea con i destinatari finali (gli studenti) che sono molto esigenti! Abbiamo introdotto inoltre molti elementi innovativi, come il primo web magazine per teenager sui temi di economia, gestione del denaro, lavoro, ambiente www.bizfactor.it e abbiamo collaborato con RCS Tramontana per realizzare il primo manuale di educazione finanziaria destinata alle scuole secondarie di primo grado, disponibile anche in versione eBook gratuita su www.ioeleconomia.it. La scuola italiana come accoglie le vostre proposte? I ragazzi, sono sempre interessati? All’interno della scuola italiana è presente un’esigenza molto urgente da parte degli insegnanti di offrire proposte formative che possano coinvolgere gli studenti e spingerli a dare valore all’investimento nello studio e nella formazione. Quello che manca è come farlo: il metodo. Junior Achievement mette a disposizione proprio delle metodologie che applicate in classe possono portare a sviluppare progetti in una logica partecipata e coinvolgente. Gli studenti aspirano ad essere presi sul serio e quando si chiede loro di lavorare insieme, fare delle proposte e presentarle con convinzione si mettono in gioco con serietà e in modo responsabile. Per loro non c’è nulla che possa avere più valore di avere un adulto che dedica loro del tempo come alleato di un loro progetto. Questa ricetta è molto semplice ma potente e virale… A dimostrazione, che viene accolta positivamente, i nostri numeri sono importanti: più di 21 mila studenti tra i 6 e i 19 anni coinvolti ogni anno su tutto il territorio nazionale. E, nal 2012/2013, questi dati stanno aumentando grazie a una migliore struttura a rete e a una proposta didattica potenziata e ampliata nei suoi contenuti. Ci sono dei progetti nati con voi che sono stati portati avanti dai giovani ideatori? L’obiettivo primario di JA non è propriamente quello di creare start-up, anche se questo è un risultato importante. Piuttosto, quello di far sì che i giovani divengano più intraprendenti nella loro vita, imparando a capire quali sono le proprie inclinazioni e passioni e coltivandole, trasformandole in opportunità professionali laddove è possibile. Insomma quello che ciascuno di noi ha cercato e cerca di fare anche da adulto nella propria vita. La vera novità è trasferire il messaggio che l’intraprendenza non è un talento innato ma una skill che in quanto tale può essere appresa! Avete istituito anche un premio rivolto agli insegnanti, JA Teacher of the Year Award: sulla base della vostra esperienza gli insegnanti italiani, quanto sono innovativi e appassionati. Uno dei Past President della nostra organizzazione, dopo avere partecipato a una lezione in una scuola, ha definito gli insegnanti come degli “eroi dei tempi moderni”. Credo che questa espressione sintetizzi molto bene quella che è la nostra percezione dell’insegnante, almeno di coloro con cui abbiamo la possibilità di lavorare. Portare innovazione nella scuola richiede energie e passione per costruire alleanze con i colleghi, con le famiglie, con il territorio locale, e investire tempo e risorse spesso proprie. Credo però che questo sia un aspetto che caratterizza molte organizzazioni, non solo la scuola. Questo è il vero limite… Ma la nostra scuola può contare anche su molti insegnanti che, oltre l’orario retribuito, seguono progetti nei quali credono perché ne colgono il riscontro diretto nell’entusiasmo e nella crescita dei propri alunni.
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