Startup, ecco i 7 passi per avviare la tua impresa

Indice degli argomenti

Sono molte le strade che conducono alla nascita di una nuova impresa, e sono molte le strade che conducono alla nascita di una startup. C’è la persona che brucia di fuoco imprenditoriale e si arrovella fino a quando non ha trovato una buona idea sulla quale concentrare gli sforzi; ci sono progetti che nascono quasi per gioco magari in un hackathon o Startup Weekend o come risposta a un contest; ci sono i frutti della ricerca universitaria; c’è anche il copycat cioè la pratica dai tratti ambigui del copiare le idee altrui e puntare su una migliore execution o semplicemente la trasposizione del prodotto o servizio originali in un altro contesto geografico o di industry. Ci può essere alla base (più spesso di quanto si creda) un bisogno personale e il momento ‘eureka’ in cui la soluzione di quel bisogno ci appare chiara, lampante, monetizzabile, implementabile. Arriva il momento di agire: da dove si comincia? Come fare una startup? Quali sono i primi passi da fare? Ma prima di tutto, una delucidazione.

Ascolta “Startup come titoli di Stato: per aiutarle serve una nuova tassazione sul capital gain” su Spreaker.

Cos’è una startup (o start-up, start up)?

Con il termine startup si fa riferimento ad un’azienda che è nelle prime fasi di vita. Una startup può essere fondata da uno o più imprenditori con l’idea di sviluppare un prodotto innovativo. Inizialmente i costi sono elevati e le entrate sono scarse per questo motivo le startup cercano finanziamenti da varie fonti.

Caratteristiche di una startup

Secondo Steve Blank guru della Silicon Valley:”Una startup è un’organizzazione temporanea che ha lo scopo di cercare e validare un business model scalabile e ripetibile”. La definizione di Steve Blank è quella più accreditata e identifica quelle caratteristiche che fanno della startup una start up, ovvero:

  • la temporaneità: lo start up è una fase transitoria,  l’ambizione di ogni organizzazione imprenditoriale è diventare una grande impresa
  • la sperimentazione: la startup è alla ricerca di un modello di business, non sa esattamente quello che sta facendo, deve fare molti tentativi per trovare la formula giusta per essere profittevole facendo innovazione
  • il modello di business oggetto della sua “search” deve essere scalabile (quindi operare in un mercato molto ampio, con possibilità di crescita) e ripetibile nei suoi processi (di vendita, distribuzione, ecc).

E’ meglio che tu sappia da subito che il 90% delle startup fallisce. Ma questo non ti deve preoccupare, perché come dice Arianna Huffingthon ‘il fallimento non è il contrario di successo, ma un altro gradino verso il successo’.

Tipi di startup

Non sempre una buona idea è sufficiente per creare una startup. Considerare le varie tipologie di startup può aiutare a comprenderne meglio le loro caratteristiche.

  • Startup scalabili: Sono le aziende che appartengo alla nicchia, tech o digitale, con hanno un grande potenziale con cui possono scalare rapidamente e ricevere supporto finanziario per diventare delle aziende internazionali. Esempio: Google, Facebook e Uber
  • Piccole startup a conduzione familiare: Piccole attività autofinanziate che crescono lentamente e generano un profitto. Esempio: negozio di alimentari, parrucchiere, agenzia viaggi.
  • Lifestyle startup: sono startup create da persone che vogliono fare della propria passione il proprio lavoro e possono guadagnare facendo ciò che amano. Ad esempio i ballerini che aprono i loro corsi online.
  • Startup acquistabili: specialmente nel settore dei software, vengono progettate startup da zero per venderle ad aziende più grandi. Ad esempio Amazon acquista piccole startup per svilupparle nel tempo.
  • Startup sociali: sono aziende progettate per fare del bene agli altri. Ad esempio organizzazioni senza scopo di lucro che ricevono donazioni.
  • Grandi startup: grandi aziende che continuano a crescere e innovarsi.

Come funziona una startup

Una startup funziona come le altre aziende: crea un prodotto che i clienti acquisteranno. La differenza tra la startup e le altre attività è il modo in cui lo fa. Le aziende replicano un prodotto che è già stato fatto prima cioè partono da un modello già esistente. Una startup ha come obiettivo quello di creare un modello nuovo e innovativo. Le startup mirano a crescere rapidamente, questo è un altro fattore che le differenzia dalle altre aziende. Migliorano continuamente i prodotti attraverso la raccolta di dati e feedback, cercando di espandere la propria base clienti. Espandendo la propria base clienti e di conseguenza ampliando le quote di mercato riescono a raccogliere più finanziamenti. Raccogliendo più soldi riescono a crescere più rapidamente. Tutta questa crescita e innovazione fanno parte di un obiettivo finale: la quotazione in borsa.

Quali sono i costi per avviare una startup

Per costituire una startup innovativa srl, il costo è variabile e parte da circa 2300 euro, ma tipicamente sono tra i 5 e 10mila euro, contando il capitale sociale; mentre le spese per una srls sono di gran lunga inferiori poiché viene meno il costo dei bolli e del notaio e può avere capitale sociale di 1 euro. Alcuni dettagli di spesa orientativi per la Srl (verificare sempre perchè questi generi di costi a volte variano): l’ imposta di registro costa 200 euro a cui bisogna aggiungere, il costo del notaio tra i 1.000/1.700 euro , la tassa di concessione governativa di circa 320 euro, diritti camerali 130-15 euro.

Come creare una startup

Dando per scontato che un’idea di startup da realizzare ce l’hai; che non ti spaventa affrontare la dura vita dell’imprenditore qualunque sia la tua età; che conosci il lessico di base del mondo startup, ecco tutti gli step da affrontare per avviare la tua startup.

1 – Requisiti per una startup innovativa

Secondo l’economista austriaco Joseph Schumpeter  che per primo teorizzò il concetto di “innovazione” (e se vogliamo anche quello di disruption con la definizione di Distruzione Creatrice), l’innovazione è intrinsecamente legata all’impresa e al sistema economico, e si sostanzia nell’introduzione nel mercato di un prodotto nuovo, o nell’introduzione di nuovi processi, tecniche, organizzazione del lavoro che abbattono i costi di produzione o aprono nuovi mercati. L’innovazione è quindi di prodotto o di processo, ma deve essere introdotta nel ciclo economico ed essere capace di modificarne lo scenario e generare valore, per l’impresa stessa e per i suoi clienti. Se la creatività è avere delle idee, l’innovazione ne è l’applicazione; un’invenzione, per quanto stupefacente, non è innovazione se non trova una dimensione applicativa che garantisce un progresso sociale. Il ruolo e il dovere, anche etico dunque, di tutte le imprese è di essere innovative; le startup sono gli avamposti di frontiera, o le punte di diamante della cultura dell’innovazione intesa in questo modo. Se ti è capitato di vedere film, o leggere storie di grandi startupper e case history della Silicon Valley saprai che tutte le startup  vogliono “cambiare il mondo”. E’ la missione generale, per tutti. Andando più sul pratico, come  il nostro ordinamento ha interpretato il concetto d’innovazione? Cosa richiede di dimostrare, in questa direzione, per incasellare una società come  “impresa innovativa”? Perché possa definirsi innovativa il nostro ordinamento richiede (art.25, Decreto Crescita 2.0) che “la startup abbia quale oggetto sociale, esclusivo o prevalente, lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico“. Nel caso di “prevalenza” l’attività innovativa coesiste con altre attività della società, può essere autocertificata dal legale rappresentante ma essere basata su fatti oggettivi, come i fatturati raggiunti dalla startup. (fonte: Piccola guida per startupper di CorriereImpresa, pag.229-230). In questa definizione, vediamo anche che il concetto d’innovazione è legato al valore tecnologico. Un altro requisito che indirettamente incide sulla qualifica di innovatività è nello stesso Decreto quello che prevede che la startup soddisfi almeno una di queste 3 condizioni:

  1. Spese in R&D uguali o superiori al 15% del maggior valore tra costo e valore totale della produzione;
  2. Impiego come dipendenti o collaboratori di almeno un determinato numero di personale qualificato da titoli di studio
  3. Titolarità (o disponibilità in licenza) di un brevetto industriale funzionale all’oggetto sociale

A questi si aggiungono altri requisiti, come l’età della startup, per i quali si rimanda al sito del Registro Imprese Innovative. E’ chiaro che le caratteristiche scelte dal legislatore per individuare startup innovative stanno piuttosto strette a molte società che pure innovative sono, mentre al contrario, possono rispondere a tali requisiti società che, in definitiva, tanto innovative non sono, altrimenti non si spiegherebbe come mai 6 startup innovative su 10 del registro imprese sono prive di un sito web.  Se vuoi approfondire il tema dell’efficacia della cosiddetta “legge sulle startup” leggi anche del report di Bankitalia.

2 – Il momento giusto per la tua startup

L’idea non sempre conta. Ci sono idee imprenditoriali che sembrano interessanti. A volte però non è il momento giusto per svilupparle o ci si trova in un luogo poco adatto a renderle un progetto vincente. Una tecnologia, per esempio, non sempre giunge sul mercato con l’applicazione giusta; può anche arrivare troppo presto, quando i potenziali utilizzatori non sono pronti, o troppo tardi, quando la competizione è eccessiva. In un progetto imprenditoriale il tempo è tutto.  Scegliere il momento giusto per la propria startup può fare la differenza tra successo e insuccesso, o meglio, può generare un vantaggio non da poco.

Guarda il video di Bill Gross “La sola unica ragione per cui le startup hanno successo”.

3 – Pronto a fondare la startup? La parte burocratica

La startup è, prima di tutto, un’impresa. Quindi nessun motivo osta al fatto che per darle vita legale venga seguita la procedura prevista dal nostro ordinamento per aprire una qualsiasi impresa: scelta della forma giuridica e costituzione di una società, apertura di una partita iva, iscrizione al registro imprese, ecc. Essere (nella sostanza) impresa innovativa, non scaturisce dall’ iscriversi al Registro delle imprese innovative. L’innovatività è un carattere intrinseco della startup, non un’etichetta. Rimane tuttavia il fatto che l’iscrizione al Registro Imprese come startup innovativa serve a poter essere titolari di determinati vantaggi di natura burocratica e fiscale. Tra i vantaggi il fatto che solo con l’iscrizione al registro si può accedere al Fondo Centrale di Garanzia per ottenere la garanzia da parte dello Stato nei confronti di un banca a cui si richiede un prestito, fatto che ha reso più semplice anche alle startup trovare finanziamenti presso gli istituti di credito. Lo scorso 29 marzo 2021, il Consiglio di Stato ha stabilito che non è più possibile costituire le startup utilizzando la procedura online. Cosa che fino a ieri si poteva fare, oggi con tale sentenza non è più possibile in quanto è stato accolto un ricorso del Consiglio Nazionale del Notariato. Non è ancora chiara l’evoluzione su questo fronte e se per le startup che si sono costituite fino a oggi con questa modalità ci siano delle conseguenze. Vedi qui la sentenza completa. Ecco cosa viene richiesto per l’atto costitutivo:

  • data e luogo
  • sottoscrittori (almeno uno)
  • denominazione
  • sede
  • capitale sociale
  • conferimenti
  • chiusura esercizi
  • amministrazione
  • spese e tasse
  • allegati
  • richiedente
  • autentica

Dati richiesti per lo Statuto:

  • denominazione
  • sede
  • oggetto
  • durata
  • capitale sociale
  • aumento di capitale
  • strumenti finanziari
  • quote partecipazione
  • trasferimento quote
  • quote deceduto
  • socio recesso
  • esclusione socio
  • modalità decisioni
  • decisioni quorum
  • amministrazione
  • adunanze
  • scioglimento
  • allegati
  • autentica

La tipologia delle informazioni richieste, specialmente nello Statuto, come si vede, non è del tutto banale e sarebbe bene che sia presente tra i fondatori della startup una o più persone esperte in materia; o che ci si affidi alla cura di un commercialista che abbia già avuto esperienza in startup.

4 – Sei sicuro di voler fondare la tua startup in Italia?

Il nostro consiglio è: pensaci bene, ma in modo costruttivo. Valuta il tuo business, il tuo mercato di riferimento, la tua organizzazione societaria, il tuo team, le tue ambizioni in termini d’investimenti. L’Italia è un Paese in cui si investe ancora poco in startup rispetto a Paesi anche confinanti, la burocrazia e la certezza del diritto rendono difficile la vita di un’impresa e la conquista d’investitori esteri; ma può essere il posto perfetto per il tipo di business della tua startup o per le competenze che servono alla tua startup. Vedi cosa dice in questo video Luca Ravagnan, fondatore e Ceo di Wise, scaleup italiana del biotech, che preferisce tenere la sua società in Italia (in particolare la parte di ricerca e sviluppo), nonostante abbia investitori stranieri e una sede in Germania.

Esistono addirittura startupper che se ne sono andati e che poi sono tornati per lanciare una nuova impresa, leggi Tornare in Italia per fare startup, si può fare.

5 – Le informazioni giuste: e se ti servisse un avvocato?

Quando è il momento migliore per rivolgersi a uno studio legale? quando dobbiamo ancora costituire la società o nel momento in cui arrivano gli investitori?  in che modo un avvocato può aiutare la start up? Si occupa solo di redigere i contratti o ci sono altri aspetti in cui può essere di supporto? Lo abbiamo chiesto ad Antonia Verna, avvocato specializzato in ambito startup, partner dello Studio internazionale Portolano-Cavallo, che ha dato diverse indicazioni preziose.

Sotto il profilo dei brevetti ti potrebbe essere utile sapere che anche in Italia con al disposizione denominata Patent Box è ora possibile aderire alla tassazione agevolata dei redditi derivanti da opere dell’ingegno, brevetti industriali, marchi e disegni. Per il 2015 si può dedurre da Ires e Irpef il 30%, il 40% nel 2016 e il 50% nel 2017. Tra le proprietà intellettuali dell’azienda vi è anche la protezione del marchio online.

6 – Come finanziare la startup

Abbiamo sopra accennato come oggi sia più semplice per una startup chiedere un finanziamento in banca grazie al Fondo Centrale di Garanzia. Ma certamente la banca non è l’unico e nemmeno il più indicato strumento di finanziamento per una startup, che è un impresa ad alto tasso di fallimento e deve pertanto trovare forme di finanza alternativa. Vi sono altre fonti:

  • il bootstrapping, vale a dire l’autofinanziamento, che può andare avanti anche per molto tempo se la startup riesce a fatturare e finanziare con la cassa il suo sviluppo; ma difficile che sia sufficiente e opportuno anche per fare il balzo dello scaleup
  • Family, Friends & Fools (3F) –  i primissimi sostenitori della startup, probabilmente non ti chiederanno nemmeno quote della società
  • Business Angels – è una categoria molto ampia e variegata, che può in alcuni casi avvicinarsi ai fool della precedente categoria e in altri ai cugini del Venture Capital. Sono spesso figure imprenditoriali o manageriali a cui piace dare un contributo anche in termini di competenze apportate. I Business Angel spiegati nei dettagli li trovi qui.
  • Crowdfunding – è un’ottima soluzione sopratutto per progetti early stage b2c perché rappresenta spesso anche un test di mercato
  • Venture Capitalist – il loro mestiere è fare un buon deal che generi ritorni elevati, naturalmente chiedono in cambio una bella fetta della società e uno o più posti nel board. Ti serviranno per la crescita, perchè generalmente investono su startup anche early stage ma con business model validato.
  • Premi, grant, finanziamenti pubblici – Per la loro natura, entità, modalità, in Italia possono assurgere a integrazione di altre fonti di finanziamento. Spesso i risultati ai quali portano non valgono l’effort necessari a raggiungerli; nel caso dei premi, attenzione al fatto che portano spesso anche visibilità mediatica che può fare bene, ma anche fare male.
  • Incubatori e programmi di accelerazione – sono anche queste soluzioni utili in determinati momenti della startup, ma il loro valore non è essere una fonte di finanziamento vera e propria (anche perché forniscono molto in servizi), quanto un supporto per lo sviluppo dell’idea e del business model.

Se vuoi una spiegazione dello startup funding in video, clicca qui.

7 – Hai un buon co-founder e un buon team?

Il timing è tutto per una startup, abbiamo detto sopra. Ma anche il team. E’ dal team che dipende l’execution, cioè la capacità di realizzare concretamente la missione dell’impresa, e tradurla in successo. Il team è un’asset della startup, a cui anche gli investitori danno moltissima importanza. Il team è composto prima di tutto da te che sei il fondatore e probabilmente il leader: abbiamo un video per indicarti quali sono le caratteristiche vincenti di un buon leader.  

  Oltre a te, e insieme a te, al timone della startup potrebbe esserci il tuo socio. Quando muove i suoi primi passi la startup è composta generalmente da 2-3 persone, ma già nel corso del primo anno di vita potrebbe avere la necessità di nuovi collaboratori. Le assunzioni di nuovi collaboratori in nessuna azienda piccola o grande, sono semplici; ma in una startup sono cruciali, poiché le persone che si cercano oltre ad avere determinate competenze e attitudini, dovranno in qualche modo “sposare” la causa ed essere pronte a lavorare con modalità molto differenti da quelle canoniche. Inoltre dovranno trovare armonia e sinergia con gli altri componenti della squadra. Un team ben strutturato e che lavora bene insieme può portare lontano la startup,  è capace di tener duro sotto pressione e non crollare nei momenti di fallimento e smarrimento. Ma un team forte, non è frutto del caso, è un obiettivo che si può raggiungere anche adottando una buona comunicazione e coltivando specifiche abitudini che valorizzano i super poteri di ogni talento individuale. Ora che hai compreso quali sono i primi 7 passi della startup, possiamo affrontare meglio temi più specifici. Per esempio spiegando meglio i costi e il mondo del capitale di rischio che tipicamente sostiene economicamente (e non solo) la startup.

Finanziamenti per startup

I business angel

Si definisce business angel, tecnicamente investitore informale in capitale di rischio, la persona fisica che investe nella startup con capitali propri. La sua è spesso una vera e propria passione motivata dall’aspirazione a sostenere la crescita di giovani imprese, quindi spesso oltre al capitale porta  alla startup un aiuto manageriale, la propria esperienza, conoscenze, contatti. Secondo la definizione di Iban – lo storico network italiano di business angel: In genere sono ex titolari di impresa, managers in attività o in pensione, che dispongono di mezzi finanziari (anche limitati), di una buona rete di conoscenze, di una solida capacità gestionale e di un buon bagaglio di esperienze. Hanno il gusto di gestire un business, il desiderio di acquisire una partecipazione in aziende con alto potenziale di sviluppo e l’interesse a monetizzare una significativa plusvalenza al momento dell’uscita; l’obiettivo dei Business Angels è quello di contribuire alla riuscita economica di un’azienda ed alla creazione di nuova occupazione. Il business angel interviene in genere in fase early stage e può investire da un minimo di 5-10 mila euro fino anche a 100-200 mila euro, maggiori investimenti si ottengono attraverso il coinvolgimento di più angel sullo stesso deal, operazione definita in syndacation. Attualmente molti business angel italiani investono attraverso le piattaforme di equity crowdfunding o attraverso Club d’investimento.

Il venture capital

Il Venture Capital è una forma d’investimento ad alto rischio che sostiene finanziariamente ‘fast growing company’, ovvero la startup. Un fondo di Venture Capital può essere privato, pubblico o misto. Le persone che fondano o gestiscono un fondo Venture Capital sono chiamati venture capitalist. Il Venture Capital quando investe acquisisce quote della società (equity), richiede generalmente la presenza nel direttivo della società e, in molti casi, offre anche supporto operativo, mettendo a disposizione competenze manageriali, tecniche, relazioni. I tre aspetti che convincono il VC all’investimento sono: un team solido e molto competente; un mercato di riferimento molto ampio; un prodotto/servizio che abbia già vantaggio competitivo.

Esempi di startup

Molte startup falliscono nei primi anni. Ecco perché nel periodo iniziale è molto importante creare un business plan, trovare denaro, investitori e assumere personale. Ecco alcuni esempi di startup italiane di successo a cui ispirarsi.

Satispay

Settore: finanziario Satispay è una società fondata da tre ragazzi nel 2013 che ha sviluppato una propria app gratuita per i pagamenti digitali e per i trasferimenti di denaro in modo semplice e sicuro senza la necessità di una carta di credito o debito. Nel 2021 ha annunciato il traguardo di 2 milioni di utenti e più di 180mila esercenti posizionandosi tra le 250 fintech a più rapida crescita nel mondo.

Scalapay

Settore: finanziario Scalapay è una startup fintech italiana nata nel 2019 che permette ai clienti di acquistare subito e pagare dopo a rate e senza interessi. Il sistema di pagamento è compatibile con le principali piattaforme ecommerce e sistemi pos. In poco tempo ha attirato l’attenzione di colossi del mondo venture capital arrivando ad essere valutata 700 milioni di dollari.

Milkman

Settore: delivery Milkman è una startup italiana nata nel 2015 che fornisce servizi di consegna a domicilio offrendo opzioni di consegna personalizzate. Poste italiane ha acquisito il 70% di Mlk Deliveries per 15 milioni di euro.

Normativa italiana di riferimento per la startup

Le normative di riferimento principali che riguardano la costituzione e gestione della startup innovativa, elencate dallo stesso sito dell’Agenzia delle Entrate, sono:

Articoli 25-31 del decreto legge n. 179/2012 – pdf – Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese
Decreto interministeriale del 30/01/2014 – pdf – Modalità di attuazione dell’articolo 29, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, in materia di incentivi fiscali all’investimento in start-up innovative
Articolo 1, comma 218 della legge n. 145 del 2018 – pdf – Legge di bilancio 2019 Altri riferimenti (aggiornamenti e integrazioni alle norme suddette): – variazioni apportate da DL 28 giugno 2013, n. 76, convertito dalla Legge 9 agosto del 2013, n. 99; – disposizioni di cui all’art. 11 bis del DL 31 maggio 2014 n. 83, convertito dalla legge n. 106 del 29 luglio 2014; – indicazioni interpretative introdotte dalle circolari 16/E dell’11 giugno 2014 dell’Agenzia delle Entrate e 3672/C del 29 agosto 2014 del Ministero dello Sviluppo economico; – variazioni apportate dal DL 24 gennaio 2015, n.3, convertito dalla Legge n.33 del 24 marzo 2015; – variazioni apportate dal DL 14 dicembre 2018, n.135 (decreto semplificazioni), convertito dalla Legge n.12 del 11 febbraio 2019

Le novità introdotte nel 2019 con la Legge di Bilancio, in particolare, hanno riguardato non tanto la startup direttamente, quanto misure che influiscono sugli investimenti in startup e pertanto ne supportano la nascita, ecco di cosa si tratta (spiegato in questo articolo dall’imprenditore Gianmarco Carnovale) :

  • L’incentivo fiscale per gli investitori passa al 40% (prima era il 19%)
  • Nasce ufficialmente l’asset class “Venture Capital”, il che significa che i gestori dei grandi fondi potranno allocare risorse anche in questo ambito
  • Invitalia Ventures passa sotto il controllo di CDP e gestirà il Fondo di Fondi nazionale. Inoltre lo Stato si impegna a veicolare ogni anno il 15% dei dividendi delle partecipate statali in Venture Capital. Quindi tra soldi di Stato, soldi di CDP, soldi in arrivo grazie al punto precedente, supereranno facilmente il miliardo di euro, e soprattutto con ricorsività. Soldi che verranno a loro volta parcellizzati in decine di fondi privati di Venture Capital, affiancandoli ad altra raccolta, quindi avendo un positivo effetto moltiplicatore sul settore.
  • I PIR, i Piani Individuali di Risparmio, strumenti di incentivazione che mettono una parte della raccolta in economia reale e che lo scorso anno si sono riversati quasi solo in Borsa, dovranno girare un 5% di questa raccolta in Seed e Venture Capital. Si aggiunge alla liquidità del sistema un importo stimabile in 500 Milioni di Euro.
  • Nasce ufficialmente la categoria dei Business Angel, con un registro tenuto da Banca d’Italia.
  • Vengono semplificate le comunicazioni annuali per le startup, che d’ora in poi invece che verso la Camera di Commercio di appartenenza si dovranno fare sul portale del MiSE.
  • Exit: l’acquisizione da parte di una società di una startup potrà godere dell’incentivo fiscale del 50% dell’importo dell’acquisizione, cosa che spingerà finalmente ad aggregare e crescere un po’ di nuove aziende italiane che da medie potrebbero diventare grandi e molto grandi, nel frattempo facilitando il ritorno degli investimenti a chi ha finanziato le startup.

Anche dal lato startup, pmi innovative e srls, la legge 12/2019, di conversione del decreto Semplificazioni (D.L. n. 135/2018), ha introdotto novità.

E’ stata previsto che le start up e PMI innovative (e gli incubatori certificati) debbano utilizzare come unico sistema la piattaforma informatica startup.registroimprese.it. per assolvere agli obblighi informativi, cioè per dare tutte le informazioni che sono tenute a fornire in sede di presentazione della domanda d’iscrizione alla sezione speciale del Registro delle imprese. 

Le novità introdotte con il Decreto Rilancio e successivi Decreti

A fine agosto 2020 è stato firmato dal Ministro dello Sviluppo Economico il primo decreto attuativo dell’articolo 38 comma 3 del Decreto Rilancio, (il “Decreto Attuativo”) che disciplina le modalità di funzionamento del Fondo a sostegno del Venture Capital (il “Fondo”) e prevede lo stanziamento di euro 200 milioni per il sostegno delle startup e PMI Innovative sull’intero territorio nazionale. Le risorse verranno affidate al Fondo Nazionale Innovazione che potrà operare in co-investimento con investitori regolamentati o qualificati. Le principali disposizioni introdotte dagli ultimi strumenti normativi, volte a incentivare e sostenere il panorama dell’innovazione che, oltre a essere indirizzate direttamente alle startup e PMI innovative, possono applicarsi alle stesse in quanto riferite in generale a tutte le PMI.

A maggio 2021 è entrato in vigore il Dl Sostegni  1 e bis, contenente il primo pacchetto di aiuti alle imprese, Sostegni 1, che prevedeva un contributo a fondo perduto di mille euro; e, nel decreto Sostegni bis, l’esenzione  per gli investitori privati dalle imposte sui redditi delle plusvalenze da cessione di partecipazioni in startup e PMI innovative, a patto di tenerle nel portafogli per almeno un triennio, in deroga a quanto stabilito invece dal Decreto Legge n. 66 del 24/04/2014 che ha aumentato l’aliquota sul Capital Gain dal 20% al 26%.

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