Clausole statutarie per le startup: relazioni coi soci e regolazione dei rapporti con i collaboratori

Indice degli argomenti

Introduzione

Questo è il secondo della serie di quattro articoli relativo alle clausole statutarie da conoscere quando si fa startup, il primo articolo lo potete leggere qui.

Continuando l’esplorazione delle clausole statutarie essenziali per le startup, dopo aver esaminato prelazione, lock-up e trasferimento delle quote, analizziamo le caratteristiche e le finalità di alcune clausole e meccanismi atti a regolare, tra gli altri, i rapporti con i dipendenti e i collaboratori. Trattasi in particolare: delle clausole di good / bad leavership, il work e il fee for equity, le categorie di quote con diritti particolari e le partecipazioni a tempo.  

Good leaver / Bad leaver

Queste disposizioni giocano un ruolo chiave nel bilanciare gli interessi di fondatori e investitori, influenzando significativamente la governance e i potenziali ritorni economici, e hanno la finalità comune di stabilizzare e incentivare le risorse chiave del progetto imprenditoriale.

Si tratta di patti/accordi di stabilità e di non concorrenza fondamentali per assicurare l’operatività e il funzionamento della società. Di solito vengono sottoscritti solo con le figure chiave (le cosiddette key people) e regolano le condizioni di uscita dei soci o dei dipendenti, distinguendosi tra good leaver e bad leaver. Generalmente sono previsti all’interno dei piani di incentivazione per regolamentare le diverse ipotesi di interruzione del rapporto tra la società e il socio o il dipendente e le modalità di uscita.

Good leaver: si riferiscono a eventi che comportano una interruzione “fisiologica” del rapporto, ovvero quando la causa di cessazione non è imputabile al dipendente, come per esempio il pensionamento, la scadenza del mandato in assenza di rinnovo, la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro o in caso di dimissioni. In taluni casi generalmente si prevede che i beneficiari possano esercitare le opzioni a loro riservate in misura ridotta proporzionalmente alla durata del rapporto. Il prezzo di vendita può essere concordato tra le parti, può essere identificato nel prezzo di mercato, oppure risultare da una stima effettuata da una terza figura professionale qualificata.

Bad leaver: in questo caso, la cessazione del rapporto è imputabile direttamente al socio, all’amministratore o al dipendente. Generalmente si prevede che le opzioni maturate diventino inefficaci e la società o gli altri soci hanno il diritto di acquistare la partecipazione del bad leaver a un prezzo prestabilito, che può variare dal valore nominale a un valore di mercato fortemente scontato.

N.B.: Questi strumenti sono generalmente regolati di volta in volta con gli investitori e previsti nei contratti di investimento. Non sono previsti nello statuto sociale.

Work for equity e fee for equity

Il “work for equity” rappresenta uno strumento di remunerazione e incentivazione che consente di ricompensare il lavoro svolto dai dipendenti con quote o azioni della società. Con il piano di work for equity, una parte del compenso viene pagata con l’assegnazione di quote (o azioni), riducendo il carico finanziario, e quindi il fabbisogno, in capo alla società e favorendo, al tempo stesso, un allineamento di interessi tra dipendenti/collaboratori e soci fondatori.

Si parla invece di “fee for equity” qualora si decida di utilizzare tale strumento di remunerazione alternativo nei confronti di soggetti a cui la società non è legata da vincoli di subordinazione (per esempio, professionisti o consulenti esterni). Tale strumento, al pari del work for equity previsto per i dipendenti e gli amministratori, prevede l’assegnazione a fornitori esterni di quote o strumenti finanziari in luogo del pagamento in denaro del corrispettivo per le opere e i servizi forniti.

Per consentire l’adozione di questi strumenti di incentivazione, è necessario che la società includa nel proprio statuto apposite clausole che ne disciplinino il funzionamento.

Partecipazioni con diritti differenziati

La normativa vigente offre alle startup innovative diverse opzioni per attribuire diritti differenziati ai propri quotisti. Tra le soluzioni più efficaci troviamo l’attribuzione di diritti particolari e la creazione di categorie di quote con diritti speciali.

Diritti particolari

Lo statuto può attribuire diritti particolari a singoli soci nominativamente individuati, quali il diritto di veto su determinate materie o il diritto di nominare uno o più componenti degli organi amministrativi o di controllo. Essendo nominativi, questi diritti non sono trasmissibili in caso di trasferimento delle quote.

Categorie di quote con diritti di voto e/o amministrativi differenti

Nel caso specifico delle startup innovative è possibile attribuire diritti speciali non solo al singolo socio, ma anche ad una determinata categoria di quote sociali. Lo statuto di una startup innovativa può infatti prevedere diverse categorie di quote, ciascuna con specifici diritti amministrativi e/o patrimoniali. Tra le categorie più frequenti ritroviamo (i) le quote prive di diritto di voto o che attribuiscano tale diritto in misura non proporzionale alle quote, (ii) le quote che limitano il diritto di voto a specifici argomenti, o subordinatamente al verificarsi di una data condizione. Diversamente dai “diritti particolari”, in caso di trasferimento della quota vengono traslate anche i diritti amministrativi e/o patrimoniali a essa collegati.

Partecipazioni a tempo (auto-estinguibili)

Le azioni/quote a tempo (anche dette “partecipazioni a tempo o auto-estinguibili”) sono strumenti ibridi che combinano caratteristiche tipiche del capitale di debito e del capitale proprio e che si estinguono “automaticamente” a una scadenza predefinita (maturity date) o al verificarsi di una certa condizione.

Le partecipazioni a tempo possono essere introdotte sia in sede di costituzione della società sia successivamente, tramite delibera con le maggioranze richieste per le modifiche statutarie, prevedendo la causa dell’estinzione, sia essa un termine o una condizione futura.

Fatta salva la possibilità di non riconoscere alcuna forma di liquidazione a favore del socio uscente, lo statuto può attribuire a tale categoria di partecipazioni un diritto alla liquidazione in denaro o in natura, stabilendo liberamente i criteri per la determinazione del valore di disinvestimento. Tali categorie di partecipazioni garantiscono flessibilità finanziaria alla società e, al tempo stesso, un incentivo agli investitori, permettendo loro di liquidare l’investimento alle condizioni negoziate.

Per contro, la trasformazione delle azioni in debito comporta, per la società, l’assorbimento di risorse finanziarie per la liquidazione del socio uscente, al pari dell’esercizio di un diritto di recesso.

Conclusione

Le clausole e i meccanismi esaminati rappresentano strumenti fondamentali per le startup innovative nel gestire efficacemente i rapporti con soci, dipendenti, collaboratori ed investitori. La loro corretta implementazione non solo garantisce un controllo equilibrato sulla compagine sociale, ma favorisce anche un allineamento strategico degli interessi tra i vari stakeholder. Questo approccio, integrato alla governance societaria, pone solide basi per la crescita sostenibile e il successo a lungo termine dell’impresa innovativa.

Va evidenziato, per contro, che la proliferazione di tali clausole nello statuto e nei patti parasociali potrebbe rendere particolarmente complessa la gestione societaria, invitando gli investitori più qualificati, come quelli istituzionali, a valutare con molta prudenza il supporto finanziario alla startup. (Foto di Mimi Thian su Unsplash)

Fabio Venegoni e Matteo Tomaini, Studio Trotter

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