Clausole statutarie per le startup: protezione degli investimenti

Indice degli argomenti

Introduzione

Questo è il quarto e ultimo articolo della serie dedicata alla clausole statutarie che bisogna conoscere quando si fa una startup (gli articoli precedenti sono qui) .

Durante le plurime fasi di raccolta di capitale, gli investitori considerano prioritaria la salvaguardia e la massimizzazione del valore dei fondi impiegati. Questa esigenza si concretizza nella richiesta di meccanismi contrattuali e clausole statutarie che proteggano dal rischio di diluizione e garantiscano un efficace controllo sulle partecipazioni.

Questi meccanismi sono cruciali per gli investitori per diverse ragioni:

  1. Protezione del valore: in un ecosistema caratterizzato da rapidi cambiamenti e molteplici round di finanziamento, queste clausole aiutano a preservare il valore, fungendo da salvaguardia contro potenziali ed eccessive diluizioni.
  2. Allineamento degli interessi: possono incentivare i fondatori a mantenere e aumentare il valore dell’azienda, allineando così i loro interessi con quelli degli investitori.
  3. Negoziazione di futuri round: forniscono agli investitori una posizione più forte nelle negoziazioni di round successivi.

Il presente intervento esamina queste clausole dal punto di vista degli investitori, illustrando come esse siano fondamentali per la tutela e l’ottimizzazione dei rendimenti. Verrà inoltre esplorato il motivo per cui tali disposizioni sono spesso considerate imprescindibili dagli investitori professionali, e come queste influiscano sulle loro decisioni di investimento e sulle strategie di exit.

Clausole anti-diluizione

Le clausole anti-diluizione sono strumenti contrattuali utilizzati per proteggere i soci dalla potenziale diluizione della loro partecipazione durante le successive fasi di finanziamento della startup. Queste clausole sono particolarmente efficaci nel ridurre, se non addirittura eliminare, il rischio di subire una diluizione della propria partecipazione qualora i round successivi avvengano a valutazioni inferiori rispetto alla valutazione di ingresso dell’investitore.

Esistono principalmente due tipologie di clausole anti-diluizione:

  • Full Ratchet: questa clausola garantisce che, in caso di un aumento di capitale a un prezzo inferiore a quello originariamente corrisposto, il socio riceva un numero di nuove azioni sufficiente a mantenere la sua originaria percentuale di partecipazione, senza alcun costo aggiuntivo.
  • Weighted Average: questa variante determina l’allocazione di nuove azioni o quote utilizzando un calcolo che bilancia il prezzo delle partecipazioni esistenti con quello del nuovo round. Pur offrendo una protezione significativa, questa formula risulta generalmente meno vantaggiosa per l’investitore rispetto al Full Ratchet. Infatti, mentre attenua l’effetto della diluizione, non lo elimina completamente, ricercando un equilibrio tra la tutela degli investitori esistenti e la flessibilità necessaria per attrarre nuovi capitali.

La legittimità delle clausole anti-diluizione è stata confermata dalla prassi notarile milanese come evidenziato dalla Massima n. 186 del Consiglio Notarile di Milano che stabilisce come tali clausole possano essere incluse nello statuto di società per azioni (S.p.A.) e società a responsabilità limitata (S.r.l.), consentendo ai soci di mantenere la loro percentuale di partecipazione anche se non partecipano a un aumento di capitale deliberato a un prezzo inferiore a quello stabilito dalla clausola.

Diritto di opzione

Il diritto di opzione è l’altro strumento fondamentale per la protezione degli investimenti. La regola generale stabilisce che le azioni di nuova emissione e le obbligazioni convertibili in azioni devono essere offerte in opzione ai soci in proporzione al numero delle azioni possedute (art. 2441 c.c.).

Anche nelle S.r.l. è stabilito, in primo luogo, che, in caso di decisione di aumento di capitale a pagamento, spetta ai soci il diritto di sottoscriverlo in proporzione delle partecipazioni da essi possedute (art. 2481-bis co. 1 prima parte c.c.).

In base a tali disposizioni ogni socio/azionista e obbligazionista (convertibile) è posto nella condizione di mantenere intatta la propria partecipazione al capitale sociale e, di conseguenza, di lasciare immutati quei diritti che, per legge o in base all’atto costitutivo, spettano in proporzione alla partecipazione.

Di seguito si riportano le principali caratteristiche del diritto di opzione:

  1. Proporzionalità: il diritto di opzione è proporzionale alla quota di partecipazione detenuta.
  2. Termini: la delibera di aumento di capitale di una S.r.l. deve prevedere un termine non inferiore a 30 giorni per l’esercizio del diritto (15 giorni per la S.p.A.).
  3. Comunicazione: la decisione di aumento di capitale deve essere comunicata individualmente ai soci.
  4. Cessione: il diritto di opzione può essere ceduto, salvo eventuali limitazioni statutarie.

È importante notare che il diritto di opzione può essere limitato o escluso in determinate circostanze, come nel caso di conferimenti in natura o quando specifiche esigenze della società lo richiedono. Tuttavia, in tali casi, vanno espletate particolari procedure a tutela dei soci/azionisti.

Diritto di liquidazione parziale

Meno frequente, ma spesso richiesta dagli investitori, soprattutto privati, è la clausola in base alla quale viene attributo all’investitore un diritto di vendere una quota della propria partecipazione nell’eventualità in cui si dia esecuzione a un successivo aumento di capitale. In tal modo, l’investitore ha il diritto di cedere e liquidare una parte del proprio investimento (anche l’intera partecipazione)  nell’ambito di un round successivo a quello in cui ha partecipato.

Ad esempio, se l’investitore ha acquisito una quota dell’1% nell’ambito di un aumento di capitale con un valore premoney di 4 milioni e si concretizza un successivo aumento di capitale sulla base di un valore premoney di 10 milioni, l’investitore ha il diritto di liquidare tutta o una parte della sua quota richiedendo ai nuovi sottoscrittori/investitori di acquisire una percentuale della propria partecipazione.

Pur salvaguardando l’investitore, rendendo maggiormente liquido il suo investimento, il meccanismo si risolve quasi sempre in un elemento di negatività per la società, in quanto nei round successivi si potrebbe manifestare una situazione in cui i denari acquisiti con l’aumento di capitale vengano destinati a precedenti investitori, e non direzionati a favorire lo sviluppo dell’attività della società. In gergo si dice che la liquidità immessa dai nuovi investitori è destinata a un cash out anziché a un cash in, ossia in parte non entra in società ma finisce nelle mani di un investitore precedente.

Conclusioni

La previsione statutaria e/o contrattuale di clausole anti-diluizione e, in generale, la corretta gestione del diritto di opzione richiedono un attento equilibrio tra la protezione degli investitori esistenti e la flessibilità necessaria per attrarre nuovi capitali. Clausole troppo restrittive potrebbero infatti rendere difficile l’ingresso di nuovi investitori o la realizzazione di nuovi round di finanziamento necessari a promuovere la crescita della startup

Per gli investitori professionali, in particolare i fondi di venture capital, queste clausole sono spesso considerate non negoziabili. Tuttavia, è importante che gli investitori considerino anche l’impatto a lungo termine. Un approccio eccessivamente restrittivo potrebbe ostacolare futuri round di finanziamento. Gli investitori più sofisticati cercano quindi di bilanciare la propria protezione con le esigenze di crescita della startup, negoziando clausole che offrano una tutela adeguata senza soffocare il potenziale di sviluppo dell’impresa. (foto di Mimi Thian su Unsplash)

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