Clausole statutarie per le startup: liquidation preference e categorie di quote

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Proseguendo nell’esplorazione delle principali clausole statutarie tipiche delle startup, dopo aver esaminato diritto di prelazione, vincolo di lock-up, diritti di co-vendita e trascinamento, oltre alle norme per la gestione dei soci e del team, questo nuovo articolo è dedicato a due ulteriori previsioni statutarie tipiche: la liquidation preference e le categorie di quote con diritti speciali.

Tali previsioni statutarie hanno un ruolo chiave nel bilanciare gli interessi di fondatori e investitori, influenzando significativamente la governance, i potenziali ritorni economici, provocando anche alcuni effetti non desiderabili sullo sviluppo futuro del progetto d’impresa.

Liquidation Preference

La Liquidation Preference è un privilegio nella restituzione del capitale investito che si attiva in caso si verifichino alcuni eventi economici (c.d. liquidity event) identificati e concordati tra le parti, che tipicamente includono alcune fattispecie di exit: fusione, liquidazione, vendita della società o della maggior parte dei suoi asset, cessione delle quote maggioranza, ovvero un cambio del controllo societario.

Si distinguono due tipologie di liquidation preference: partecipating o non partecipating.

Non partecipating: La preferenza si sostanzia in un diritto a favore dell’investitore (in caso di eventi di exit) a ricevere l’intero valore della sua quota prima che altri investitori (senza preferenza) ricevano alcun corrispettivo.

Partecipating: La partecipatività si sostanzia in un diritto aggiuntivo (a favore dell’investitore e in caso di exit) a ricevere, oltre all’intero valore della sua quota, anche un multiplo “x” dell’investimento eseguito, questa volta in concorrenza con gli altri soci, in una percentuale pari alla propria partecipazione sociale.

Una participating preference (secondo caso) è chiaramente penalizzante per i soci fondatori e molto remunerativa per gli investitori che hanno la possibilità di incrementare i propri profitti derivanti da un evento di exit. Peraltro, in casi in cui il fund raising non si rivela di facile realizzazione, gli investitori (soprattutto istituzionali) pongono la concessione di tale diritto come condizione essenziale per l’investimento.

Nel caso invece di una non partecipating preference, l’investitore avrà diritto di ricevere, sempre in via preferenziale rispetto agli altri soci, un unico contributo corrispondente al maggior valore tra l’ammontare del capitale investito e l’ammontare dei proventi derivanti da un evento di liquidazione che gli spetterebbero in virtù della propria percentuale di capitale sociale della società.

Esiste infine un caso ibrido di liquidazione preferenziale (variante della formula participating), nel quale è possibile limitare il ritorno dell’investimento per gli investitori preferenziali andando a stabilire un tetto massimo oltre il quale la partecipatività decade.

L’obiettivo principale di questa disposizione è duplice:

  1. proteggere gli investitori in scenari di exit non performanti;
  2. incentivare l’investimento in aziende ad alto rischio come le startup, allineando la matrice rischio / rendimento senza diluire drasticamente i soci fondatori.

Nella prassi si nota come la liquidation preference non sia sempre presente nelle fasi più precoci (pre-seed), ma diventi quasi la norma nelle fasi più avanzate di sviluppo della startup (early stage).

Clausola di Salvaguardia

La Clausola di Salvaguardia è una variante della liquidation preference

Questa disposizione attribuisce all’investitore il diritto di recesso dalla società in caso di operazioni sul capitale sociale che diluiscano la sua partecipazione al di sotto di una soglia predeterminata.

In pratica, se un’operazione straordinaria sul capitale (aumento di capitale, emissione di strumenti finanziari convertibili ecc) portasse la partecipazione dell’investitore sotto la “soglia significativa” previamente identificata e concordata, l’investitore potrebbe recedere dalla società alle stesse condizioni dell’operazione che ha causato la diluzione.

Per esempio, se la soglia significativa fosse fissata al 3% e un aumento di capitale avesse l’effetto di diluire l’investitore portandolo al di sotto questa percentuale, egli avrà il diritto di recedere al valore post-money attribuito alle quote nella suddetta operazione.

Come elemento di attenzione, va osservato che l’esercizio di tale diritto potrebbe creare situazioni di stallo nella raccolta di capitali in quanto:

  • impone un potenziale obbligo di riacquisto delle quote all’azienda o agli altri soci, che potrebbe essere finanziariamente oneroso;
  • crea incertezza per i nuovi investitori, che potrebbero essere riluttanti a investire se c’è il rischio che investitori esistenti escano dall’azienda;
  • potrebbe limitare la flessibilità dell’azienda nello strutturare nuovi round di finanziamento, soprattutto se la soglia di diluizione è fissata a un livello alto.

Pertanto, mentre protegge gli investitori esistenti, il diritto particolare potrebbe complicare future raccolte di capitale se non attentamente calibrata.

Categorie di quote con diritti speciali

Le startup innovative costituite in forma di S.r.l. hanno la possibilità di creare diverse categorie di quote, ognuna con specifici diritti di voto e/o amministrativi. Questa flessibilità, introdotta dal D.L. 179/2012 e successivamente estesa a tutte le PMI costituite in forma di S.r.l., permette di personalizzare la struttura societaria in base alle esigenze specifiche dei vari stakeholder.

Principali caratteristiche:

  • possibilità di attribuire “diritti diversi” a determinate categorie di quote;
  • i diritti possono riguardare aspetti come la circolazione delle quote, i diritti di voto o altri diritti patrimoniali;
  • tutti i possessori di quote della stessa categoria godono degli stessi diritti.

Alcuni esempi di diritti speciali:

  • diritto di veto su determinate materie;
  • diritto di nominare uno o più componenti dell’organo amministrativo o di controllo;
  • diritti patrimoniali preferenziali (es. dividendi maggiorati).

È importante sottolineare che questi diritti sono “oggettivizzati” nella quota stessa, a differenza dei diritti particolari che possono essere attribuiti ai singoli soci nominativamente.

Diritti particolari nominativi

Accanto alle categorie di quote, lo statuto di tutte le tipologie di S.r.l. può prevedere l’attribuzione di diritti particolari a singoli soci. Questi diritti sono nominativi e, a differenza di quelli legati alle categorie di quote, non sono trasferibili in caso di cessione della partecipazione. Tipicamente, tali diritti vengono attribuiti ai soci fondatori nell’ambito dei primi round seed per far sì che possano mantenere il controllo e la gestione della società (per esempio avendo il potere di nominare la maggioranza dei componenti dell’organo amministrativo) nel caso in cui la diluizione concordata in sede di aumento di capitale comporti la perdita della maggioranza dei diritti di voto.

La dottrina ha chiarito che l’identificazione dei soci con diritti particolari non deve necessariamente essere esplicita nell’atto costitutivo. Lo statuto può invece stabilire criteri oggettivi per determinare quali soci godono di questi diritti. Questo approccio permette una maggiore flessibilità, consentendo per esempio di attribuire diritti particolari a categorie di soci che possono cambiare nel tempo, come “tutti i membri della famiglia X” oppure identificando i ruoli all’interno dell’organizzazione aziendale come “il CEO, il CFO, il CIO”. Questa interpretazione dinamica dei diritti particolari offre alle startup la possibilità di adattare la governance alle loro esigenze mutevoli senza dover modificare continuamente lo statuto.

L’art. 2468, terzo comma del Codice civile stabilisce che i diritti particolari possono concernere l’amministrazione della società o la distribuzione degli utili. Tuttavia, questa formulazione viene interpretata in modo ampio, permettendo ai soci di attribuire diritti particolari che vanno oltre queste due sfere, estendendosi ad altri ambiti della vita societaria. Questa interpretazione estensiva offre maggiore flessibilità nell’organizzazione interna della società e nella definizione dei rapporti tra i soci.

Vantaggi dei diritti particolari nominativi:

  • maggiore flessibilità nell’attribuzione di diritti specifici;
  • possibilità di legare i diritti alla persona del socio anziché alla quota;
  • utili per premiare fondatori o investitori chiave.

Considerazioni strategiche

Nell’implementare queste clausole, è fondamentale trovare un equilibrio tra la tutela dei fondatori e la flessibilità necessaria per la crescita della startup assicurandosi che quanto previsto statutariamente non ostacoli futuri round di finanziamento o possibili exit.

Va sempre tenuto presente, infatti, che gli investitori osservano con grande distacco, se non con disgusto, clausole statutarie che comportino l’uscita di cassa dalla startup che intendono finanziare per soddisfare esigenze particolari di taluni investitori.

Conclusioni

La liquidation preference e la possibilità di creare categorie di quote con diritti speciali rappresentano gli strumenti fondamentali per strutturare in maniera flessibile e costruttiva il rapporto tra fondatori e investitori nelle startup. Se ben congegnate queste clausole possono creare quell’indispensabile allineamento di interessi che favorisce la crescita e il successo dell’impresa. Tuttavia, è fondamentale un approccio equilibrato che tenga conto delle esigenze di tutti gli stakeholder e delle prospettive future dell’azienda. Solo così si potrà creare una base solida per il successo a lungo termine della startup. (foto di Kelly Sikkema su Unsplash)

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