Cartolina da Seoul (tra coffee shop e sharing economy)

Seoul, la capitale della Corea del Sud, è una meta che affascina e che ha un mix di tradizione e di innovazione e che in questi ultimi anni si sta proponendo come la capitale della sharing economy, ne avevamo parlato in questo articolo.  Oggi, vi proponiamo il racconto di Enrico Aprico, che oltre a essere il direttore marketing di Copernico tiene anche un corso proprio sulla sharing economy alla Università Cattolica di Milano, è andato a studiare la città, ecco la sua cartolina. Il primo contatto con la Chung-Ang University, e il Prof. Yoo S. Yang, PhD Graduate School of International Studies (GSIS), i racconti affascinanti e affascinati di Chiara, una mia studentessa in strategia e politica aziendale che ha seguito il mio corso, un verticale dedicato alla sharing economy e ai nuovi modelli di business che tengo in Università Cattolica a Milano, lei era proprio lì per svolgere i sei mesi di exchange. Poi giusto giusto mancavano un paio di link con alcune smart people che avevano fatto delle cose interessanti lì per convincermi a prendere il volo diretto da Milano a Seoul, alla scoperta, in totale solitaria cosi come piace fare a me, e il direttore di questa testata lo sa bene quanto tutto questo mi affascini complice un po’ anche lui. Ma che ci vai a fare a Seoul da solo una settimana, mi hanno chiesto alcuni? beh vado a scoprire la citta più ‘sherata’ del mondo. Quella che ha un sindaco, Park Won-Soon che nel 2012 ha lanciato il progetto Sharing city Seoul e che da poco ha firmato una dichiarazione congiunta con i sindaci di altre città coreane tra cui Jeonju, Suwon, Seongnam, Siheung, Gwangju, e Don-gu, per sviluppare anche in queste località lo stesso progetto. Non più tardi di qualche settimana fa Park Won-Soon è stato insignito del  premio di Göteborg per il suo lavoro di Seoul, la condivisione della città , ma ha attribuito il suo successo ai cittadini di Seoul che hanno reso possibile tutto questo. Ha citato Jeremy Rifkin che ha detto che i coreani lavorano in una economia capitalistica durante il giorno, ma tornano a casa per una economia della condivisione di notte. Il sindaco ha detto che vede la condivisione compatibile con la cultura coreana, ma anche compatibile, complementare e convergente con il capitalismo. Un’ economia della condivisione è un’alternativa, ma anche coerente con l’economia di mercato e apre anche nuovi mondi. Oltre ad aver conosciuto delle persone straordinarie che mi hanno fatto scoprire gli angoli della la città nuova e antica, fatto assaporare la tradizione attraverso una tazza di tè allo zenzero e un piatto di Bibimbap, noto per essere il cibo coreano preferito degli stranieri (la base del piatto è costituita da riso al vapore a cui vengono aggiunte verdure come zucchine, cetrioli, carote, funghi, carne di manzo e uova) mi hanno portato a vedere e provare l’esperienza fisica di tutto questo sharing e ho capito anche che Seoul è la città dei coffee shop (no, nulla a che vedere con quelli di Amsterdam). I coreani amano tantissimo il caffè, non solo come bevanda ma proprio come ambiente, ci fanno qualunque cosa dentro i coffee shop, oltre che lavorare si riposano, leggono, ascoltano musica, conversano, vivono appuntamenti galanti. Quasi per caso il mio hotel, preso anche quello all’ultimo momento, non poteva cha chiamarsi “Cappuccino” uno degli hotel che meglio ha sintetizzato il progetto sharing city Seoul perché presso Hotel Cappuccino, hanno stabilito un principio fondamentale della responsabilità sociale attiva e il supporto per cause meritevoli. Mentre il risultato economico è una priorità per qualsiasi attività commerciale, le aziende hanno bisogno anche di creare nuovo valore, contribuendo alle comunità locali e l’ambiente. Sulla base di questo nuovo valore, si propone un bellissimo modello di business in cui l’hotel, la comunità locale e l’ambiente coesistono in un rapporto simbiotico e sostenibile. Tra le cose di cui mi sono stupito maggiormente oltre al design innovativo, e la tecnologia imperante ovunque, è il tema del paperless e quindi il fatto che si sia quasi arrivati ad avere una città che opera grazie a una card (quasi un membership model applicato alla Pubblica Amministrazione) dove i servizi sono concentrati per il loro utilizzo proprio su una carta ricaricabile. Sarà stata la dominazione nipponica e quindi l’influenza forte di quella cultura sta di fatto che sono tutti super strutturati e nello stesso tempo molto aperti verso il prossimo quindi da questo punto di vista oserei dire con carattere di stampo molto anglosassone/europeo. La card la si usa un po’ ovunque: nelle Università per beneficiare dei servizi accademici, o nei trasporti come sui taxi nelle metro, tutto si paga con la carta ricaricabile. I trasporti funzionano in modo impeccabile: una città da 18 milioni di persone, con picchi che arrivano oltre i 20 milioni, che viaggia come uno smart watch (una volta si sarebbe detto come un orologio svizzero ma dobbiamo aggiornare anche queste definizioni). Oltre agli incubatori finanziati dallo Stato, quelli privati come il Google Campus, tanti e bellissimi coffee shop, altra cosa straordinaria che fatica a mancare sono le cliniche di chirurgia estetica perché i coreani, donne e uomini indifferentemente, sono maniaci dell’estetica in particolare della perfezione estetica, quindi il ricorso al bisturi è considerato quasi normale. Tornando alle card va detto che il concetto è talmente insito nel Dna del cittadino di Seoul che aziende come Hyundai si sono inventate dei luoghi dove la contaminazione lavorativa e sociale diventa la base di un business parallelo a quello della produzione principale (per esempio di auto), basato su una carta di credito, emessa e gestita da Hyundai stessa dove all’interno sono già inseriti tutta una serie di benefit che rappresentano il loro concetto di smartworking e di quello che noi in Copernico definiremmo Rainforest, un nuovo modo di lavorare che unisce education, business e intrattenimento. (qui di seguito un’infografica ufficiale pubblicata lo scorso dicembre che racconta gli ultimi tre anni di Seoul sharing city)  

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