In quello che considero il mio tirocinio per ambire un giorno ad essere qualificato come imprenditore, ho individuato quella che ritengo essere la vera sfida: mantenere il focus sull’obiettivo più grande, sapendo comprendere quando è giunto il momento di cambiare obiettivo intermedio.
Si tratta di una sfida che, personalmente, mi accompagna da 8 anni e che ogni giorno si fa più impegnativa, più fine, più delicata.
Ma cosa vuol dire, esattamente? Perché può essere considerata una sfida quotidiana?
Il significato forse emerge più chiaramente attraverso l’assunto che bisogna imparare ad essere resilienti, senza diventare testardi.
Essere cioè capaci di tener fede al proprio obiettivo anche quando non si ha successo, tentativo dopo tentativo, esperimento dopo esperimento e delusione dopo delusione. Fino a quando non si rischia di cadere nella testardaggine. A quel punto, bisogna fermarsi, puntare una nuova rotta e ripartire.
Se guardiamo alla storia di Bringme, l’ex startup che ho creato 8 anni fa, l’esempio si fa più concreto: inizialmente l’obiettivo era quello di portare il carpooling in Italia attraverso una piattaforma in grado di far incontrare chi guida un’auto per viaggi occasionali e chi ha necessità di un passaggio. Un’alternativa economica e divertente rispetto ai noiosi viaggi in auto in solitaria e alle limitazioni dei treni e del trasporto pubblico. Ecologico, economico e socialmente utile.
Per 3 anni non ho ceduto, ho continuato a portare avanti la mission, completamente insensibile alle difficoltà che incontravo durante la strada. Fino a quando non ho compreso che non era più un obiettivo alla mia portata. Ed è esattamente lì che ha avuto inizio la sfida. Ma come comportarsi? Buttar via tutto il lavoro svolto in tre anni? Giorni da 18 ore di lavoro e notti insonni? Tradire la fiducia degli investitori che credevano in me e nell’obiettivo? Abbandonare il piccolo ma agguerrito team che con me aveva condiviso le tante difficoltà? Gli utenti?
Sì, era giunto proprio quel momento. Bisognava cambiare strada, anzi, l’unico modo per dimostrare che si era la persona giusta su cui scommettere era proprio dimostrare di saper raccogliere quelle ceneri per usarle nel raggiungere un nuovo obiettivo, portando con sé tutta l’esperienza acquisita, incluso – soprattutto – il fallimento.
Proprio lì è nato Jojob, con il suo nuovo obiettivo ad oggi ancora ben chiaro per me, per il mio team e per gli investitori che continuano ed hanno continuato a supportarci: oggi è diventato il principale servizio che in Italia offre uno strumento completo di welfare aziendale dal punto di vista della mobilità, scelto da oltre 3000 aziende.
Come dicevo, però, la sfida è costante ed è addirittura quotidiana.
Ogni giorno gli obiettivi, anche quelli piccoli, vengono inseguiti con tutte le forze e tutta la resilienza possibile e talvolta ci si scontra con la testardaggine. Questo accade a chi prova a creare una startup o a guidare un’azienda ma accade anche al team, al cda e agli investitori.
Per il mio tirocinio da imprenditore questa dunque è stata – ed è tutt’oggi – la sfida più grande: capire come superare i limiti, ma al contempo riconoscerli e rispettarli, distinguendo l’obiettivo dalla testardaggine.
Gerard Albertengo, Fondatore e CEO di Bringme Srl e di Jojob
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