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In principio furono i ‘tedeschi’ Marc, Oliver and Alexander Samwer fondatori dell’impero Rocket Internet; poi arrivarono gli ‘irlandesi’ John e Patrick Collison fondatori di Stripe. Adesso arrivano i ‘danesi’ Mattis e Jeppe Curth, fondatori di Artland, una piattaforma web e mobile dedicata al mondo dell’arte, che sta conquistando investimenti interessanti e investitori molto particolari. I fratelli nel mondo startup riescono bene. Artland è una piattaforma dedicata a collezionisti d’arte e gallerie che ha recentemente raccolto il suo primo milione di euro di capitale di rischio da una serie di investitori informali (business angel) che comprendono uno dei giocatori di pallamano più famosi al mondo, Mikkel Hansen; il campione olimpico di dressage Andreas Helgstrand; musicista e cantautore Shaka Loveless; e i fondatori di AirHelp Nicolas Michaelsen e Poul Oddershede. Entrano a far parte anche il curatore d’arte Jens-Peter Brask e altri early-stage investors. Tutti personaggi certamente più noti in Danimarca che in Italia e che sembrano entusiasti del progetto.
Il fondatore e CEO di Artland, Mattis Curth, sottolinea che questo nuovo finanziamento aiuterà Artland a scalare le sue attività e a far crescere ulteriormente l’attuale base di decine di migliaia di collezionisti e gallerie in tutto il mondo.
“Questo round di finanziamenti è una grande notizia per Artland”, dice Curth. “Questa nuova squadra sarà un fattore chiave per assicurare la continua espansione della comunità Artland. Si tratta di investire nel prodotto in modo da poter continuare a costruire qualcosa che gli utenti amano. Siamo in un periodo in cui il mondo dell’arte è maturo per la trasformazione. Il mondo dell’arte è stato lento nell’adattarsi alle nuove tecnologie e ora ne vediamo l’enorme bisogno, la cosa più importante per noi adesso è che continuiamo la nostra crescita elevata – e questo gruppo di investitori sta supportando pienamente la nostra visione e portando forti competenze”.
Ora Artland intende tastare il terreno in una terra d’arte, d’artisti, collezionisti, gallerie come l’Italia. Il primo step consisterà in attività di performance marketing e public relation mirate al mercato locale, ci fa sapere la società, e dopo aver ottenuto sufficiente user acquisition proseguiranno con il supporto dedicato ed eventuale team localizzato. Nella sua carta d’identità ci sono già 10.000 utenti registrati e 60 gallerie d’arte. In Italia ci sono altri progetti startup che, con modelli diversi, si dedicano al mondo dell’arte, per esempio Ubqart o Artuu.
Ma chi sono questi fratelli Curth? Come arrivano a creare Artland?
Cominciamo con Mattis, il Ceo, titolato da Forbes nella lista ’30 under 30 Europe 2018′ sezione Arts & Culture, giovane quindi ma già imprenditore seriale. Laureato all’università di Aalborg in scienze sportive e masterizzato in Entrepreneurship, diventa co-fondatore di Playground Institute, una sorta di club di persone con esperienza imprenditoriale e manageriale e lo scopo di diffondere questa conoscenza; di Tonsser, social network per calciatori; di Pulsskolen una rete di ‘camp’ sportivi in Danimarca da cui ha tratto ispirazione per la fondazione di una società di coaching e teambuilding nelle aziende. La passione per l’arte lo ha poi portato all’idea di Artland. Dice di sé su Linkedin: ‘Sono un imprenditore nel cuore. Sono anche un appassionato di sport – ecco perché ho co-fondato Pulsevent – ora il principale fornitore privato di campi sportivi nei paesi nordici. Sono anche un amante dell’arte e un collezionista d’arte. Questo è il motivo per cui ho co-fondato Artland, che vogliamo rendere la principale community globale per il mondo dell’arte. Sono guidato dall’uso dei dati per fare la differenza nel mondo dell’arte. Una differenza che rende più facile per le giovani generazioni impegnarsi con l’arte e influenzare le loro vite”. Anche il fratello Jeppe, di alcuni anni più anziano, ha la passione per lo sport, per l’arte e per l’impresa. E anche per l’angel investing. Jeppe è stato tra l’altro calciatore professionista anche nella under 21 danese, poi si è ritirato ma ha continuato a coltivare la passione per lo sport co-fondando con il fratello Pulsevent e Tonsser, un social network per calciatori e, nel frattempo, anche una società d’investimento in startup innovative che veicola soprattutto risorse da business angel. Le precedenti esperienze di startup hanno permesso quindi ai fratelli Curth di accedere a esperienza e capitali, spingendoli infine a realizzare il loro sogno, “rendere l’arte accessibile a chiunque”. Il principio di Artland si basa sull’idea che oggi tendiamo ad ammirare opere di artisti del passato, la cui fama è stata riconosciuta solo dopo anni. Ma non sono forse gli artisti emergenti che dovrebbero essere scoperti? Da qui l’idea di permettere agli artisti di condividere le loro opere, alle gallerie di entrare in contatto con loro e agli utenti di imparare ad amare e “accedere” all’arte in modo molto più semplice. Il funzionamento della piattaforma, che sfrutta e incrocia dati, permette una customer experience positiva, perchè valorizza le informazioni. “Il mercato dell’arte è un mercato complesso e regolamentato, il che significa che ci sono molti giocatori, ed è difficile capire di cosa si tratta”, ha detto il co-fondatore Mattis Curth, in un’intervista con TechCrunch – La visione di Artland è di rendere l’arte più accessibile a un pubblico più ampio e abbassare la barriera per entrare nel mercato. Quello che facciamo è costruire sui principi dei social media. Perché è così che possiamo conquistare la nuova generazione di acquirenti d’arte. In questo momento ci posizioniamo come l’unico mercato dell’arte sociale … Ciò significa che siamo il luogo in cui i collezionisti possono connettersi tra loro e il primo posto in cui i collezionisti possono condividere le loro collezioni online.” Il modello di business prevede che a pagare un servizio in abbonamento siano le gallerie d’arte. Ma ciò non è tutto. La strategia di business di Artland ha anche una seconda linea che potrebbe essere anche più promettente della prima: offrire servizi ai collezionisti, che potrebbero includere, per esempio, polizze assicurative.
Astro nascente della Danimarca
ArtLand è una startup emergente, di quell’ecosistema del Nord Europa che sta accelerando e producendo scaleup. Della Danimarca avevamo in particolare parlato tempo fa nell’articolo ‘Danimarca: unicorni, non sirenette‘ in si riportavano anche i dati di alcuni report, in particolare quello realizzato da Mind the Bridge con il supporto di Copenhagen Capacity, Innovation Center Denmark e Silicon Vikings, dedicato all’efficienza dell’ecosistema startup danese e alla sua capacità di trasformare startup in scaleup che fanno exit significative. Zendesk, Momondo, Tradeshift, Trustpilot, arrivano proprio da là. (Anche JustEat, Podio e Skype, ma non rientravano in questa indagine). Secondo il Report, la Danimarca è uno dei pilastri dell’area nordica: si è calcolato che in Danimarca ci sono 1.7 scaleup ogni 100 mila abitanti (9 % in più rispetto all’Italia su una popolazione di appena 5.614 milioni): il report ne ha individuato 96 (dal 2010) che hanno in totale raccolto capitali per 1,3 miliardi di dollari, di cui 85% attraverso Venture Capital e il restante 15% attraverso quotazioni in Borsa (IPO). La Danimarca, che è ancora un ecosistema relativamente piccolo rispetto a UK o Germania, è in piena fioritura come tutto il Nord Europa, che sta marciando a gran velocità, come anche è stato ribadito da SEP (di cui Mind the Bridge fa parte) proprio in questi giorni in occasione della presentazione della lista delle 500 scaleup europee al Sep Scaleup Summit. Il sistema scaleup danesi è anche molto giovane, la maggior parte delle società sono state fondate dopo il 2010, ma sta crescendo molto velocemente : il 69% di esse hanno trovato investitori negli ultimi 2 anni. Cosa rende questo ecosistema così giovane anche così dinamico? Un’agenda del governo fortemente orientata alla digitalizzazione e azioni concrete a supporto delle startup: è sufficiente dare un’occhiata al sito di Start-up Denmark, lo schema di startup Visa ideato dal Ministry of Business and Growth Denmark e Ministry of Immigration, Integration and Housing, per capire il tipo di operazione che questo Paese nordico (che è più piccolo di Roma e Milano messe insieme) sta facendo. Questa è un’operazione di open innovation su scala nazionale: attirare talenti imprenditoriali, giovani imprese, con politiche di accoglienza e facilitazione dell’insediamento di aziende, lo Stato è il facilitatore assumendo l’impegno di ridurre al minimo la burocrazia, l’opacità, la corruzione e lavorando costantemente per migliorare le infrastrutture di logistiche e IT. Molto interessante, in questa stessa direzione, è la formula di Venture Cup – developing university startups, un’iniziativa di raccordo tra mondo universitario danese (molto buono, molto tecnico, molta ricerca) con il mondo delle imprese, favorendo il mindset imprenditoriale, attraverso delle competition che permettono di accedere a un programma di mentoring o a un programma di incubazione della durata di un anno. Sotto una mappa dell’ecosistema danese di Inno-Overblik
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