Apple compra Beats. L’accordo tra le due società è stato raggiunto ad una cifra inferiore rispetto a quella speculata da diverse testate agli inizi di maggio. Esso prevede un pagamento di 2,6 miliardi di dollari in contanti e di altri 400 milioni in azioni. Si tratta di una novità per Apple, che nell’anno fiscale 2013 ha acquisito oltre 27 altre startup per cifre molto più piccole e facendo molto poco rumore, a differenza degli altri giganti dell’IT; non si tratta in ogni caso di un grande esborso, dato che la liquidità a disposizione della multinazionale supera i 100 miliardi di dollari.
Il cuore dell’acquihire sta in due servizi principali: Beats Music, il servizio di distribuzione musicale in streaming lanciato nei primi mesi del 2014, basato su un sistema di gestione dei contenuti curata da esseri umani, ma che faticava a crescere in termini di abbonati; e Beats Electronics, il ramo di produzione di cuffie la cui caratteristica principale è una robusta enfasi nei confronti dei bassi, pur non essendo riconosciute dagli audiofili come il benchmark di riferimento in termini di qualità del suono.
Tra i motivi dell’acquisizione strategica ci sarebbe l’appeal nei confronti di un target di mercato composto da giovani e da una particolare componente etnica, quella degli afroamericani. Inoltre, si vocifera che un peso abbiano avuto anche le pressioni per una maggiore diversità e rappresentatività nell’executive board di Apple, formato prevalentemente da maschi bianchi.
Beats rimarrà un brand indipendente per volontà della stessa società di Cupertino e continuerà ad operare: i produttori discografici Dr. Dre e Jimmy Iovine entreranno nel board di Apple. Nel momento dell’annuncio dell’acquisto, il prezzo dell’abbonamento annuale a Beats Music (che, ricordo, non è ancora disponibile al dì fuori degli Stati Uniti) è stato abbassato, nell’ottica di una maggiore competitività con i concorrenti europei, Spotify in primis, e quelli americani – Rdio e Pandora.
Chiaramente Apple non poteva permettersi una transizione brusca dal business del digital download lanciato nel 2003 al modello dello streaming: tenere in piedi entrambe le modalità le permetterà di avere un piede in due scarpe, evitando di essere totalmente assente in un mercato in esplosione ma dalla redditività incerta per l’industria musicale, gli artisti e Apple stessa, visti gli esigui margini di ricavo da ciascuna riproduzione in streaming.
Si tratta del più grande acquisto di Apple dai tempi di Next, la società che il defunto fondatore Steve Jobs lanciò quando fu estromesso dalla direzione della Mela. L’accordo dovrebbe essere concluso entro la fine dell’anno, ed è stato siglato alla vigilia dell’apertura dell’annuale WWDC di martedì, da cui ci si aspettano diverse novità su tutta l’offerta di prodotti hardware e software.
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