AI e SLA, nasce il primo ecosistema digitale della voce

Nell’ultimo periodo l’AI ha avuto un risalto mediatico per la messa online di ChatGPT. A seguire i diversi dibattiti sull’etica dell’utilizzo e, in ultimo, proprio la notizia della stessa casa madre di aver creato un algoritmo in grado di verificare l’autenticità dei contenuti e il loro rimando all’impiego della medesima fonte. Ma da anni sono diversi i progetti, prototipi e iniziative che hanno riguardato l’AI ed il suo sviluppo in campo bio-medico. Presso l’ufficio italiano del Parlamento europeo a Roma, si è svolto l’evento Voice for Purpose, Diamo voce alla SLA, la Sclerosi Laterale Amiotrofica. Il progetto ha visto unite diverse entità della ricerca, dall’Università Campus Bio-Medico di Roma, Centri clinici NeMO, Nemo Lab a Translated e Dream On. Tanti sono stati gli ospiti che sono intervenuti nella presentazione del “primo ecosistema digitale della voce” per restituire alle persone colpite dalla SLA la possibilità di comunicare con una voce artificiale dall’espressività umana. Una “libreria di voci” in grado di consentire alle persone che hanno perso la voce di sceglierne una espressiva fra le diverse donate sulla piattaforma dedicata e anche di “salvare” la propria. Non si tratta quindi della solita voce spersonalizzata e dal suono quasi “robotico”, ma di una voce sintetizzata dall’originale. Come dichiarato dall’intervento di Pino Insegno, l’idea nacque mentre conduceva la trasmissione Voice Anatomy su Rai24, quando gli arrivò una telefonata da parte del centro NeMO in cui gli chiedevano, dato il format del programma, di sensibilizzare l’opinione pubblica regalando una lettera o una parola ai malati di SLA. Insegno, ha ricordato, rispose: “Scusate, ma perché non possiamo donare la nostra voce? E la risposta fu: magari. Da quel momento ho avuto questo sogno che è diventato ricorrente. E ho cominciato a girare e a chiedere cosa significasse donare la propria voce”. Da qui i suoi diversi incontri: prima con NeMO, poi con il direttore generale dell’Inail, Giuseppe Lucibello, poi Eugenio Guglielmelli , Rettore dell’Università Campus Bio-Medico di Roma , arrivando “dopo tante porte in faccia” a Translated con Marco Trombetti. Il progetto ha, sì coinvolto un gruppo di aziende private, ma è riuscito a trascinare sin da subito anche le istituzioni, come ha ricordato il presidente di Aisla, Fulvia Massimelli: “il ministro fa la differenza, c’è l’istituzione politica che fa la differenza. Lo so, si è insediato da poco, però da subito ha accettato e con grande sensibilità si è fatto carico di ascoltare i fragili. Questa è la forza di una Nazione” , riferendosi all’attuale ministro della Salute, Orazio Schillaci. Lo stesso ministro è intervenuto ricordando proprio il contributo delle istituzioni al progetto: “Come è noto, a oggi non esiste una terapia risolutiva a questa terribile malattia che è la SLA. Però è incessante lo sforzo della comunità scientifica e della ricerca per rendere più concreta la speranza di arrivare a sconfiggere la SLA. Il ministero della Salute ha finanziato diversi progetti e studi incentrati sull’individuazione di marcatori di malattia e su trial farmacologici tuttavia molto resta da fare per le persone affette da questa malattia e per le loro famiglie sulle quali grava una forte onere assistenziale, in particolare in alcune realtà regionali e locali, dove permangono spesso difficoltà nell’erogazione dei servizi socio-sanitari. Queste sono disparità che bisogna superare. Ecco perché dobbiamo continuare a rafforzare il sostegno alla ricerca, ad aumentare le risposte ai bisogni delle persone. Obiettivi su cui siamo impegnati e che contiamo di raggiungere con il contributo indispensabile della comunità scientifica, la sinergia istituzionale, il supporto fondamentale delle associazioni”.

Il ruolo delle istituzioni

C’è stato poi l’intervento del Presidente del Consiglio Giorgia Meloni tramite video messaggio, dove ha colto l’occasione per citare San Giovanni Paolo II: “Di norma una persona mette in banca ciò che possiede, ciò che non vuole dare a nessuno. Lo fa per metterlo al sicuro, per evitare che qualcuno possa rubarlo. Questo progetto va nella direzione diametralmente opposta: si crea una banca della voce per donare qualcosa di sé all’altro e ciò che decidiamo di donare è qualcosa di molto personale (la nostra voce). …San Giovanni Paolo II ha scritto ‘non è ricco colui che possiede ma colui che dà, colui che è capace di donarsi’”. E proprio su questo tema è intervenuto Fabio Minazzi, director of audiovisual di Translated, nell’illustrare come è stato dispiegato il progetto: “Siamo partiti da un’idea semplice: scegliere di lavorare con la voce delle persone umane”. Il metodo e progetto è stato diviso quindi in due parti: “abbiamo creato un portale che permette a chiunque di diventare un donatore” ovvero donare la propria voce, creando così una libreria di voci. Non solo, ma il donatore “oltre a donare la propria voce, può anche fare una autodonazione per poterla utilizzare in un secondo momento”.. Stefano Regondi, direttore generale Centro Nemo e NeMO lab, ha specificato come si è svolto il lavoro: “siamo stati il promotore tecnologico che insieme a Translated ha lavorato per la registrazione della voce dei nostri pazienti, poi lavorata per affinare il machine learning”. Il progetto è significativo in quanto, come si può immaginare, in futuro potrebbe non riguardare solamente le persone affette da SLA: “le traiettorie di ricerca e sviluppo sono innumerevoli – continua Regondi – : le persone affette da SLA potrebbero non essere le uniche beneficiarie del progetto. Pensiamo infatti a tutte le patologie legate alla perdita della voce”. E ha concluso affermando che “serve sempre la voce degli investimenti, altrimenti non c’è execution”. Sulla stessa scia è stato l’intervento di Eugenio Guglielmelli, rettore Università Campus Bio-Medico di Roma, che ha aggiunto quanto, dopo lo sviluppo di una banca dati, “serviranno stakeholder” e “cooperazione dei settori privati”. È quindi stato il momento dell’intervento di Sandra Gallina, direttore generale per la Salute e per la Sicurezza Alimentare della Commissione Europea, che ha richiamato l’attenzione sui “tre sforzi dell’azione europea: 1. Rete di riferimento (attualmente 24 realtà che riguardano tutte le malattie rarissime e di cui 2 dirette alla SLA). 2. Revisione farmaceutica. 3. Horizon of Europe” che riguarda la questione di fondi crescenti per la ricerca (24 miliardi di euro per le malattie rare). Questa ultima realtà riguarda “35 Paesi coinvolti e l’obiettivo di creare un ecosistema virtuoso, che dovrebbe partire dal 2024. Tanti altri interventi si sono susseguiti, come quello di Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale OMS e Nicola Procaccini, deputato UE. Voice for Purpose si presenta quindi come un importante tassello di un’ampia iniziativa che nei prossimi anni andrà a costituire un vero “Ecosistema digitale della voce”, il primo che metterà insieme le neuroscienze come le tecnologie digitali, l’intelligenza artificiale, la sensoristica avanzata e la robotica, restituendo la voce con tutte le sue capacità espressive. Le azioni si articoleranno in tre fasi nell’arco di tre anni:

  • Fase 1: Sviluppo della “banca della voce” mediante app dedicata
  • Fase 2: Sviluppo e validazione clinica di una piattaforma per sintesi vocale attraverso input testuale o video
  • Fase 3: Progettazione, sviluppo e validazione clinica di un ausilio basato su un sistema di sintesi vocale, con interfaccia uomo-macchina personalizzabile e monitoraggio dei parametri psicofisiologici

Ovviamente la differenza rispetto ai dispositivi già diffusi sul mercato sarà proprio nel loro utilizzo, come anche quello di software open source, che, grazie alla loro introduzione, risulterà poco costosa sia per il singolo paziente sia per la collettività.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

    Iscriviti alla newsletter