Odasso di Liftt, ecco cosa serve per investire nel deeptech

Investimenti in startup deeptech, perché stanno diventando sempre più importanti per i venture capital e quali sono gli elementi da tenere in considerazione? Startupbusiness ne ha parlato con Cristina Odasso, head fo business analysis di Liftt. Odasso, prima di approdare in Liftt si è laureata in Ingegneria Gestionale presso il Politecnico di Torino, ha ottenuto il Dottorato di Ricerca in Economics and Management of Technology presso l’Università degli Studi di Bergamo per poi iniziare a lavorare nell’ambito della consulenza direzionale, come manager e responsabile della divisione di practice development e intelligence in ICM Advisors, con focus sulla valutazione e valorizzazione degli asset immateriali, successivamente ha ricoperto il ruolo di responsabile market intelligence EMEA in Comau, multinazionale di automazione e robotica.

Il mio ruolo è di occuparmi della selezione dei progetti che entrano nel nostro portfolio attraverso un processo strutturato, condiviso e basato su strumenti e metodologie capaci di rendere l’analisi il più possibile indipendente rispetto alle preferenze personali. Il fattore che per noi rappresenta l’aspetto più importante è la tecnologia, ci servono progetti che hanno tecnologie che aiutano fare un salto in avanti importante rispetto allo stato dell’arte, ciò insieme alla solidità del progetto quindi alle competenze e alla storia professionale delle persone che la propongono, quindi persone che conoscono a fondo l’ambito tecnologico in cui si sviluppano le idee che valutiamo e poi guardiamo naturalmente anche quali possono essere effettivamente gli ambiti applicativi di tali tecnologie.

Altro aspetto importante è il livello di proteggibilità dell’innovazione tecnologica in modo da capire in che modo può generare valore nel tempo grazie alla strategia di proprietà intellettuale che è aspetto molto rilevante per noi ed è un aspetto sul quale diamo grande supporto alle startup che abbiamo in portafoglio al fine di dare valore ai progetti anche in ottica prospettica e nel nostro team abbiamo le competenze necessarie per questo compito.

Diamo priorità ad ambiti tecnologici o settoriali che identifichiamo come importanti, il nostro obiettivo è avere un portafoglio di un centinaio di aziende diversificate in termini di segmenti tech, settori e stadi di sviluppo da early stage a quelle più vicine al mercato, per questo ci diamo focus tech specifici per accelerare l’analisi dei progetti che riteniamo più interessanti come per esempio nel 2022 ci siamo concentrati sulla fotonica, settore in cui abbiamo tre investimenti , nel 2023 il focus si è spostato sul quantum computing e per fare questo studiamo molto per comprendere quali sono le aree sulle quali Liftt può fare la differenza e investire in modo puntuale.

Tutto ciò ovviamente al netto degli aspetti come il team, la complementarietà delle competenze e la capacità dei fondatori di essere pronti a crescere anche con innesto di competenze business perché le dinamiche economiche e finanziarie del progetto sono pure importanti per comprendere il razionale del nostro supporto, in ambito deeptech le tempistiche sono lunghe e quindi serve consapevolezza che vi è necessità di supporto consistente in termini di capitale, e la cosa va pianificata il più possibile per non rischiare di avere poi progetti che non riescono ad andare avanti, quindi il profilo di rischio finanziario associato alla tecnologia è fondamentale.

Oggi abbiamo 50 aziende in portfolio per un totale impegnato tra primi investimenti e follow-up, di circa 60 milioni di euro. La maggior parte dei deal sono in fase pre-market ed early stage, per noi i livelli di sviluppo maggiormente interessanti sono quelli compresi tra TRL4 e TRL6 (technology readiness level, ndr) perché quella è la fase che ha più senso per noi vista la nostra struttura e la nostra capacità di fornire non solo capitale ma anche altre tipologie di supporto.

Rispetto all’andamento medio del settore VC negli ultimi 18 mesi il deeptech è il comparto che ha mostrato una buona resilienza in termini di nuovi investimenti, e sono nate in tal senso importanti iniziative di sistema anche a livello europeo. L’investimento in deeptech non è semplice, bisogna essere consapevoli che le startup deeptech strutturalmente assorbono quantità di capitale importante anche soltanto per fare un prototipo, anche in fase early stage è un profilo di rischio finanziario molto particolare e le tempistiche di sviluppo sono lunghe, se nel biotech questa consapevolezza c’è, in altri ambiti è qualcosa che sta avvenendo adesso, serve capitale adeguato alle tempistiche che non sempre coincidono con quelle dei fondi chiusi. Se fino a qualche anno fa per le startup era un po’ più facile raccogliere, oggi non è più cosi e abbiamo tanti progetti in dealflow che faticano a trovare capitali, è perciò importante che i round anche in early stage siano dimensionati in modo importante, non basta solo dare ossigeno immediato con round troppo piccoli, serve avere la visione lungo termine e serve lavorare anche in co-investimento per rispondere a questo, avere più partner finanziari sul medesimo progetto aiuta, ovviamente servono partner giusti che portano valore anche non finanziario e non di rado i progetti più strutturati tendono a scegliersi gli investitori per avere quelli che portano più valore anche in termini di contatti, competenze, capacità.

In ambito venture l’Europa ha, rispetto al benchmark degli USA, ancora del gap da colmare però è anche vero che l’approccio al venture europeo è differente perché il presupposto culturale è differente, è un mercato che sta crescendo e può crescere ancora molto, con caratteristiche che sono vicine alla cultura europea, senz’altro quello attuale è un momento un po’ particolare, c’è stato rallentamento sia lato investimenti sia raccolta per i fondi e questo crea selezione naturale sia tra i progetti sia sui veicoli di investimento, ma ci sono buone prospettive per recuperare la crescita e c’è spazio per poter crescere ancora sia in termini di numeri sia in termini di capitali investiti e sia in termini di numero di operatori sul territorio e in Italia c’è molto spazio per crescere in questa direzione.

Quello che serve è la visione di lungo periodo e che sia mantenuta, ci sono settori in cui c’è grande attenzione e ciò aiuta la focalizzazione anche da parte del settore privato, ma il razionale deve essere sempre legato ad ambiti chiari: semiconduttori , quantum computing , nucleare a fusione e di nuova generazione, sono per esempio ambiti su cui si riversano capitali importanti che favoriscono anche la nascita di progetti di qualità e sostanza, tutto ciò sempre tenendo presente anche il fondamentale ruolo del mercato.

Riguardo al nostro Paese mi sento di sottolineare che rispetto al panorama europeo l’Italia è cresciuta bene e sono fiduciosa sull’evoluzione veloce del mercato italiano in generale per il mondo venture, si dice che in l’Italia è anni indietro rispetto ad altri Paesi, cosa vera ma è anche vero che negli ultimi due o tre anni c’è stata nuova vitalità nuovi operatori, sono fiduciosa che il mercato del venture in Italia crescerà bene.

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