Scalabilità globale: l’internazionalizzazione è cruciale per le startup

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L’internazionalizzazione come leva di crescita per le startup

L’internazionalizzazione per una startup è sicuramente una leva in più per far scalare il business. Bisogna però premettere che la startup dovrebbe guardare prima agli investitori e mercati internazionali, proprio nel momento in cui la startup viene fondata. Anche se all’inizio gli investitori internazionali potrebbero non entrare nel capitale della startup – di norma avviene quando ormai la startup è già più matura – cominciare a creare questo tipo di network permetterà di utilizzare il loro network per trovare investitori adatti all’estero nel momento opportuno (per esempio partecipando a eventi tech-startup internazionali come TechChill Milano per esempio che si svolge proprio in questi giorni: dal 25 al 27 settembre 2023). In quest’epoca di digital transformation i buyer hanno la possibilità di individuare i fornitori attraverso un notevole numero di strumenti. Il digitale, con le sue piattaforme (per esempio il marketplace), app e servizi da remoto ha, sì un ruolo importante per l’internazionalizzazione, ma anche degli ostacoli. Ecco perché il networking, tessere rapporti umani con gli operatori del settore, è un asset che non può mancare ad una startup, e a maggior ragione quando vuole scalare.

Espandere le frontiere: perché l’internazionalizzazione è fondamentale

L’internazionalizzazione per un’azienda è fondamentale per aprirsi a nuovi mercati, e quindi aumentare le vendite e i ricavi. Per una startup l’internazionalizzazione è utile al fine di accelerare la crescita e la scalabilità, magari sfuggendo dall’essere copiata, e scommettendo sulla possibilità di diventare leader in un mercato internazionale. Molti non colgono anche l’opportunità per le startup che l’internazionalizzazione può offrire a livello di spese in ricerca & sviluppo. Diversi Paesi offrono tax credit per la R&D: se la startup investe in ricerca & sviluppo molti Paesi destinano del credito sulle imposte in cambio di queste spese (credito d’imposta).

Rompere le barriere linguistiche: l’importanza della localizzazione per una startup

Se da un lato, a prima vista, può spaventare il problema della lingua, magari perché, sviluppata un’app, si può malamente avere l’idea che per tradurla in enne lingue possano bastare poche ore o giorni, non bisogna farsi sfuggire alcune problematiche, dovute magari all’assistenza clienti. I collaboratori devono come minimo parlare la lingua del posto: avere quindi un team multilingua è una priorità. In tal modo la lingua rimane un problema facilmente risolvibile per l’internazionalizzazione. Ancora prima del problema della lingua, per partire con l’internazionalizzazione, c’è bisogno di capire il mindset del posto per poter sviluppare il proprio business in maniera sostenibile in quel mercato, ovvero identificare quei mercati che potrebbero avere una domanda similare al Paese d’origine. Quindi avere un prodotto che si possa adattare facilmente in altri Paesi. Qui il problema potrebbe porsi nel trovare un buon coinvestitore, un country manager all’estero. Questa figura è strategica per l’internazionalizzazione, in quanto avrà il compito di far ripartire un’azienda in un nuovo mercato, qualora si voglia aprire per esempio un ufficio localmente. È come se si dovesse fondare una nuova startup.

Come l’internazionalizzazione può aumentare la resilienza di una startup

A differenza delle aziende tradizionali le startup hanno il potenziale di innovazione giusto per poter affrontare anche periodi di crisi. In parte, grazie agli investitori o fondi di investimento che potrebbero iniettare capitale in casi di crisi o difficoltà. In parte, perché l’internazionalizzazione crea sviluppo, economia e nuovi posti di lavoro. Si può internazionalizzare sia con un budget ristretto (se si ha un business online) sia ampio (per esempio il settore della logistica). Come presenza locale del team si può prevedere l’assunzione di 2-3 ambassador – figure che danno diversi inside sul mercato e che raccontano della startup nel network – e spese di marketing tra advertising e social network come Facebook o Telegram per creare delle community online. In merito alle tempistiche che richiede l’internazionalizzazione di una startup, per avere una giusta presenza sul territorio, dopo aver lavorato sulla strategia con le giuste ed attente analisi di mercato e sondaggio live sul territorio (magari tramite trasferte dei founder), come timeline sicuramente si potrebbe partire da un minimo di 3-10 mesi. Ovviamente dipenderà dal business model, se sia basato sull’online o magari fisico o se si necessitasse di diverse autorizzazioni, permessi e certificazioni nel Paese in cui si internazionalizza. Poi, per il primo Paese, ci vorrà un po’ più di tempo, ma successivamente, quando la “macchina” sarà ben collaudata, si scalerà più velocemente il processo di internazionalizzazione in altri Paesi.

Come l’internazionalizzazione aiuta le startup a conquistare nuovi mercati

Aprendosi ai mercati internazionali, le startup possono accedere a un pubblico molto più ampio rispetto a quello d’origine, ottenendo così più clienti potenziali per il proprio prodotto/servizio. L’aumento del mercato potenziale è una delle caratteristiche che offre l’internazionalizzazione e nel caso delle startup, spesso microimprese, può rilevarsi un’ottima leva commerciale. Da non sottovalutare poi la diversificazione del rischio: rimanere in un unico mercato può essere rischioso. Ecco che l’internazionalizzazione consente alle startup di diversificare il loro rischio, nel caso in cui vi sia un calo delle vendite nel mercato d’origine. Infatti ci si potrà appoggiare nei ricavi di altri mercati, non influendo così sulle operazioni globali.

Come l’internazionalizzazione può conferire un vantaggio competitivo alle startup

L’internazionalizzazione può stimolare l’innovazione e spingere le startup a migliorare costantemente e competere a livello globale. Come trattato, vuol dire aprirsi a nuovi mercati, diversificando il rischio e creando il networking necessario per trovare nuovi investitori e idee di business utili anche a ottimizzare e sviluppare il proprio prodotto/servizio rendendolo più competitivo con i propri competitor. Ecco che l’internazionalizzazione può favorire anche l’apertura di un nuovo mercato, un oceano blu, ancora inesplorato.

Accesso a nuovi talenti e risorse: i benefici dell’internazionalizzazione

L’internazionalizzazione può consentire l’accesso a risorse, fornitori e talenti che potrebbero non essere disponibili o essere più costosi nel mercato d’origine. Questo può migliorare la competitività in termini di costi e qualità. Ma, se non si avvia prima una rete di conoscenze, lo sforzo sarà copioso.

Affrontare le sfide dell’internazionalizzazione: strategie e best practice

Tra le sfide che si sentono spesso nel mainstream sulla difficoltà che arreca l’internazionalizzazione, si sente quella legata a motivi fiscali o burocratici. Certo, ogni Paese ha le sue leggi, ma come già trattato, basterà esplorare la cultura del territorio, prima di puntarlo. Quello invece che non dovrebbe mancare in una strategia vincente, è il capire di avere in mano una tecnologia e value proposition in grado di scalare velocemente, fondamentale per una startup. Darsi poi dei checkpoint con dei budget di spesa in modo severo, come lo si fa quando si fonda una startup, per capire se vale la pena continuare ad investire o ritirarsi cambiando Paese, potrebbe essere un ottimo ingrediente. È vero, l’internazionalizzazione delle imprese non è mai facile, figurarsi quella della startup. Una strategia che può essere adottata dalla startup (per sua natura generalmente agile nello sviluppo di partnership) è la collaborazione con un’altra startup o una corporate, con la quale creare sinergia per poter crescere e rafforzarsi, magari tramite join venture. Qui potrebbe rivelarsi fondamentale il networking di persone che sono già stati nel Paese dove si vuole internazionalizzare usando anche i social network come Linkedin. Creare per esempio una leva di manager che parlano diverse lingue e che vivono nell’headquarter e respirano la cultura del posto. Persone magari che hanno una età, magari del proprio team, agile e aperta alla crescita personale, che possono essere interessate ad espatriare. Anche se l’Europa non ha un mercato uniforme come quello statunitense, uno dei vantaggi di internazionalizzare una startup in Europa è che il continente è leader a livello normativo, soprattutto sulla privacy dei dati. Poi, dato da non sottovalutare, in Europa ci sono molti più sviluppatori che in altri Paesi. In Italia esiste poi lo strumento del voucher. Il 9 marzo 2021 è partito il bando Voucher TEM digitali: 50 milioni di euro per l’acquisizione da parte delle piccole imprese di consulenze per l’internazionalizzazione prestate da temporary export manager con specializzazione digitale. Il voucher previsto ammontava a 20mila euro (su 30mila di spesa) per impresa e passava a 30mila euro (il 100% della spesa) qualora fossero raggiunti gli obiettivi previsti di crescita di fatturato export e di quota delle esportazioni sul fatturato totale. Un esempio di internazionalizzazione che ha fatto networking, che ha creato una vera e propria partnership, lo avevamo già trattato qui. È il caso di di Brandon e Martha’s Cottage. La prima è oramai una scaleup della distribuzione b2b; la seconda una startup dell’e-commerce con ottimi risultati in Italia e che all’epoca della partnership non era ancora presente nei mercati internazionali, nei quali ha tutto il potenziale per ottenere un grande successo. Eppure nel 2019 ha avuto un aucap di 520 mila euro tramite crowdfunding sulla piattaforma Mamacrowd. Quando è nata nel 2012 Brandon ha puntato sulle PMI del made in Italy. L’idea era semplice ed ha funzionato: portare le PMI nel mondo grazie all’e-commerce, con un servizio chiavi in mano. Che significa prima di tutto un’estesa rete distributiva online e poi una adeguata consulenza sui processi aziendali da attivare e sui prodotti e Paesi da selezionare. I risultati non si sono fatti attendere e Brandon, già dopo il primo anno dalla costituzione, era nella top ten delle startup milionarie italiane. La società ha poi voluto aiutare anche le altre startup e gli e-commerce italiani ad andare all’estero. E in questa strategia ha fatto l’accordo con Martha’s Cottage. (Foto di Ben White su Unsplash )  

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