Fallisce la banca della Silicon Valley

Silicon Valley Bank è dichiarata fallita. Con una breaking news il New York Times conferma nella mattinata del 10 marzo 2023 che la principale banca della Silicon Valley, cassa monetaria delle startup dell’area del mondo dove le startup fioriscono nel miglior humus possibile, chiude i battenti. Tecnicamente, riferisce NYT, la Silicon Valley Bank è stata posta sotto il controllo del governo federale USA diventando il più grande fallimento bancario dal tempo della crisi finanziaria del 2008. Il Federal deposit insurance corporation (FDIC) ha quindi preso il controllo degli asset della banca che è il punto di riferimento per molti dei grandi nomi dell’industria tech oltre che delle startup. La notizia aveva fatto riverberare le sue conseguenze all’apertura delle Borse, anche europee, già nella mattinata europea facendo traballare le quotazioni dei titoli bancari, ora però la questione si fa ancora più seria. E non si tratta questa volta di cryptomonete o di un exchange gestito in modo allegro se non fraudolento come accaduto con il caso FTX andata in bancarotta lo scorso ottobre . Qui si tratta di una delle principali banche statunitensi nata nel 1983 con sede a Santa Clara, California e con asset totali, secondo Wikipedia (che già ne parla al passato) superiori ai 211 miliardi di dollari. Aggiornamento : secondo PitchBook la strategia è quella di trovare un compratore e il nome che più potrebbe essere realistico al momento è quello di JP Morgan, mentre anche Elon Musk ha fatto sapere, tramite un tweet, di essere aperto all’idea di rilevare SVB, mentre VC3 ha lanciato la proposta della raccolta sotto forma di decentralized autonomous organization –  La dinamica dei fatti è piuttosto semplice: Silicon Valley Bank, che è tra le principali 20 banche degli USA, ha fatto sapere di avere la necessità di coprire alcune perdite generate da investimenti non performanti, investimenti fatti anche con il capitale di molte startup che nella banca avevano messo i loro soldi, ricevuti in buona parte dai venture capital, in attesa di usarli per la loro crescita, e ha pertanto deciso di mettere in vendita sue quote per un valore di 2,25 miliardi di dollari, la notizia ha scatenato il panico, soprattutto tra i venture capital stessi che sono subito corsi ad avvisare le startup invitandole a ritirare i loro soldi dalla banca e così si è creato l’effetto domino e la banca è andata in default. È naturalmente ancora presto per comprendere quali saranno le conseguenze di questo default ma è certo che poco di positivo porteranno non solo a coloro che perderanno investimenti, prestiti, liquidità ma a tutta la reputazione della Silicon Valley e del concetto stesso di asset class startup, cosa, quest’ultima che bisognerà fare in modo che non accada perché sarebbe disastroso non solo per la culla californiana della tecnologia ma per l’intero movimento startup nel mondo. Il tempestivo intervento delle autorità federali statunitensi fa pensare che non si ripeteranno i disastri finanziari avvenuti nella crisi del 2008 e che comunque le ragioni alla base del fallimento di SVB sono direttamente legate all’andamento generale dell’economia, al contrarsi degli investimenti nelle startup, all’aumento dell’inflazione, dei costi, dei tassi di interesse che sono in USA oggi al livello più alto dal 2006. Di certo c’è che il crollo di una banca si riflette su tutto il settore bancario e quindi le azioni di questo tipo hanno perso molto terreno nelle ultime ore, ora servirà attendere lunedì alla riapertura delle Borse per valutare meglio gli effetti.

L’impatto sull’ecosistema

La notizia però ha anche un risvolto preoccupante riguardo all’intero ecosistema startup. Non solo i venture capital sono subito corsi ai ripari e le startup si sono messe in fila agli sportelli di SVB per ritirare i loro denari, ma è facilmente intuibile che si alzerà il livello di attenzione da parte di tutto il meccanismo, a partire dai limited partner, ovvero coloro che mettono i loro soldi nei fondi di venture capital, che sono la linfa vitale di tutto l’ecosistema. Un maggiore interesse da parte degli investitori, anche quelli più tradizionali e istituzionali verso l’asset class startup è la strada per accrescere l’ammontare complessivo degli investimenti verso le startup, ciò però può avvenire solo se questa asset class dimostra di essere credibile, sempre naturalmente tenendo presente che si tratta di investimenti in capitale di rischio, e quindi un evento come quello che ha coinvolto la banca californiana certo non aiuta a costruire e consolidare tale credibilità, è quindi importante che venga gestito, isolato e superato il prima possibile. Restiamo ora in attesa di vedere cosa accadrà nelle prossime ore e giornate ma è piuttosto facile presumere che le scosse di assestamento proseguiranno per un po’ di tempo, ci saranno startup e scaleup, grandi e piccole, di tutto il mondo, pronte a crescere e ad espandersi che soffriranno, che dovranno rivedere i loro piani, alcune probabilmente non riusciranno a ristabilire la liquidità persa, a pagare dipendenti e fornitori, anche se l’intervento federale dovrebbe scongiurare i casi peggiori, e poi vedremo quali altre evoluzioni ci saranno, c’è infatti per esempio chi già parla di opportunità, del fatto che il collasso di SVB possa portare alla nascita di nuovi veicoli finanziari capaci di supportare la meglio il mondo delle startup e dare nuova vita non solo alla Silicon Valley ma anche a tutto il fenomeno startup nel mondo. L’ottimismo è elemento fondante di chi fa startup e lavora nel mondo delle startup, altrimenti sarebbe difficile credere nell’innovazione e nella sua capacità di generare valore nel tempo e non è escluso che tale ottimismo possa ora essere alla base di una sorta di nuovo rinascimento del fenomeno startup, di un cambiamento di pelle che lo renda ancora più forte e capace di creare valore sì economico e finanziario, ma anche quello capace di rispondere alle grandi sfide del mondo, a partire da quelle sociali e ambientali. (Foto di Zetong Li su Unsplash)

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