Fare startup nella Tunisia rurale

Marco D’Angelo è un imprenditore, fondatore della startup Vertical, una foodtech che si occupa di restaurant as a service, una dark kitchen per le aziende alimentari che vogliono servire i loro prodotti in delivery. Marco è anche attivo nella comunità degli startup, ha base a Parma e all’inizio di quest’anno ha vissuto una esperienza che l’ha portato per una settimana a lavorare con imprenditori innovativi in Tunisia, in particolare in una zona della Tunisia rurale che ruota attorno alla località di Tataouine (e qui gli appassionati di Star Wars avranno sorriso perché non solo questa località fu scelta da George Lucas per girare alcune delle scene di uno degli episodi della saga ma anche il nome della stessa ricorda molto da vicino quello di uno dei pianeti tra cui si dipanano le avventure di Like Skywalker e degli altri personaggi che animano la storia che si svolge ‘tanto tempo fa in una galassia lontana lontana’). “La missione è parte del progetto Indimej finanziato dal ministero dell’Interno Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione insieme a Lega Coop Emilia Romagna, Innova Coop, io sono stato ingaggiato per andare in Tunisia per dare supporto alla microimprenditoria per giovani under 36 e donne, sono arrivato alla fine del progetto cercando di indirizzare startup già costituite a crescere pertanto abbiamo trascorso la settimana con 13 progetti, 13 aziende già operative”, racconta D’Angelo a Startupbusiness. In particolare le aziende coinvolte sono state nel settore agrotech: serre per coltivazione ortaggi di Ibrahim Ben Salem e Bettaieb Seddik due progetti diversi accomunati da un unico obiettivo: avere ortaggi e verdure fresche senza l’utilizzo di enormi quantitativi d’acqua; allevamento polli naturale di Mohamed Ben Ghanem che a 20km dal primo centro abitato, promuove un allevamento sostenibile di galline da uova e carne. Consulenza per agricoltura sostenibile di Mabrouka Atri ingegnere agraria con l’aspirazione ad aiutare tutti gli agricoltori a coltivare a Tatatouine e produzione di miele nutraceutico di Abir Noglami, produrre miele nel deserto vuol dire spostare l’azienda dove le api trovano fiori disponibili. Tra questi quelli delle giuggiole quasi inesistenti in Europa. In ambito foodtech: pasticceria glutee free e con prodotti low sugar di Israa Yahiaoui, l’unico laboratorio di pasticceria gluten free della regione, uno shop online e prodotti a basso contenuto calorico. Pasticceria con prodotti per bambini di Monia Ghrab. Il target sono i bambini rivisitando prodotti semplici e della tradizione. Produzione di latticini e mozzarella di Laroussi Benkilla, tutti vogliono mangiare la mozzarella, ma non in Tunisia dove la mangiano solo sulla pizza. Commercio di mix di spezie personalizzati di Bilel Challakh che produce mix che permettono di insaporire zuppe e prodotti in pochi secondi, la ricerca della materia prima è il suo mantra. L’ambito upcycling, recycling e artigianato comprende: tappeti e artigianato realizzato con materie prime riciclate di Faiza Hamami dove la difficoltà principale non è tanto quella di produrre gli oggetti, quanto quella di reperire i tessuti da riciclare. Riciclo bottiglie di plastica PET di Ismail Fekih, un ecosistema di raccolta che premia economicamente le persone che non hanno un reddito e questo è un tema assai sentito in quel territorio dove la gestione dei rifiuti è praticamente insesitente. Realizzazione di prodotti per le cerimonie di Khaoula Hibra e Oumaima Assal, le uniche ad avere una cucitrice automatica nel raggio di centinaia di chilometri, realizzano abiti e tutto ciò che serve per i matrimoni, e poi la fabbricazione digitale per la riparazione di auto e elettrodomestici di Makram Boussaffa, in un momento storico dove in tutto il mondo le catene di approvvigionamento sono un problema, lui ripara elettrodomestici e realizza pezzi di automobili grazie alla fabbricazione digitale.

Sostenibilità dell’impresa e resilienza

“Sono andato in Tunisia dal 9 al 14 gennaio 2023, durante la festa della rivoluzione che diede via alla primavera araba – continua D’Angelo -, il primo e ultimo giorno abbiamo fatto riunioni plenarie per capire quale fosse il mood, lo spirito collaborativo internazionale, e poi aiutarli a risolvere problemi e l’ultimo giorno l’abbiamo dedicato a un ulteriore approfondimento dei problemi e delle soluzioni, gli altri giorni facevamo visite nelle aziende per cercare di capire come potevamo aiutarle, nell’ultima parte delle visite cercavo di connettere ogni progetto a una startup in Italia, quindi li connettevo con loro con delle call, per esempio Luigi Galimberti di Sfera Agricola ha dato grande supporto e si è offerto per fare una call ogni mese per continuare a supportare le startup. Personalmente ho seguito nove progetti e l’elemento principale da considerare è che in quel territorio l’ecosistema non esiste e noi siamo andati la proprio per crearlo. Quello che ho notato è che le persone che abbiamo aiutato vogliono stare li e vogliono contribuire a fare ecosistema e la priorità per le loro aziende è il sostentamento, se noi guardiamo a crescita ed exit, per loro la cosa più importante è fare in modo che la startup stia in piedi e dia da mangiare alla famiglia, non hanno altre alternative, è il modo per emanciparsi, ma mancano strumenti e consapevolezza, per esempio loro non danno valore al loro tempo e al loro lavoro, per fare i prezzi si confrontano con cose made in Cina e non capiscono il valore del valore aggiunto del loro lavoro e questa è una cosa che gli abbiamo detto. L’imprenditoria e la startup sono visti come strumento di emancipazione sociale, specialmente per le donne, oltre che di mera sussistenza per tutti. Il punto non è la scalabilità o la crescita per l’exit ma riuscire a rigenerare un territorio depauperato da una diaspora e quindi una migrazione altissima. In effetti non ci vorrebbe molto a trovare un posto migliore di Tataouine ma il coraggio e l’abusato termine ‘resilienza’ qui sono all’ordine del giorno per gli imprenditori. Ultima nota cupa è la presenza di rifiuti in ogni dove. Il deserto ne è pieno, così come le spiagge ma anche le città. Perlopiù buste di plastiche ma anche tutto il resto. Non è un caso che ci fosse anche una delegazione dalla Sardegna che si occupava di gestione rifiuti. Quello che mi sono portato a casa è la consapevolezza, consapevolezza del Paese dove vivo, delle risorse a mia disposizione e del network a cui possiamo accedere senza difficoltà. Consapevolezza che continuerò a essere d’aiuto a chi vuol fare Innovazione o startup in Italia o all’estero e con qualsiasi condizione dal covid al cambiamento climatico”. Oltre a Galimberti D’Angelo ha coinvolto anche altri imprenditori italiani come Roberta Ligossi, fondatrice di Ta-Daan che si occupa di favorire la vendita di prodotti di artigianato, Roberto Pasi fondatore di Beeing con Camila Cabanzo Fracasso e poi Marco Pedron pastry chef del ristorante lanciato insieme a Carlo Cracco in Galleria Vittorio Emanuele II a Milano, Fabrizio Giaconella di Visionari.org, il FabLab di Parma presso cui lo stesso D’Angelo è attivo e poi Nadia Paleari innovation e sustainability strategist con esperienza internazionale.

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