L’innovazione è davvero globale

Il discorso intorno all’innovazione e alle startup, dalle nostre parti è quasi sempre attento al solo panorama europeo e anglosassone. È qui del resto che si concentra la maggior parte dei fondi di venture capital ed è da qui che sono partite molte delle novità che hanno cambiato la vita di milioni di persone e ridisegnato interi settori economici. Molte, ma non tutte. Su certi piani, anzi l’Occidente è rimasto indietro o non è mai partito, come testimonia anche il progetto, ventilato di recente da Elon Musk, di trasformare Twitter in una super app con cui fare qualsiasi cosa, dal prenotare un taxi al sottoscrivere un’assicurazione. Qualcosa che la cinese WeChat fa da almeno dieci anni. Oppure pensiamo a come, giustamente da noi si celebrano i successi di Satispay, che ha innovato i pagamenti in mobilità. Satispay è stata fondata nel 2013, e ha cominciato ad avere numeri interessanti qualche anno dopo. In Africa, i pagamenti via cellulare sono stati lanciati – benché in forma più rozza – in Kenya da Safaricom e Vodafone nel lontano 2007. L’India è, nel bene e nel male, uno dei paesi più avanzati al mondo nell’autenticazione dei cittadini tramite dati biometrici. Il programma Aadhar, tra mille controversie e problemi, ha integrato in un gigantesco database il 99% dei cittadini adulti. Serve, fra le altre cose, per erogare sussidi di disoccupazione e altri benefit, per controllare il livello di assenteismo degli impiegati pubblici, evitare errori in fase di voto. È stato lanciato nel 2009. L’adozione, nel 2021, del Bitcoin come moneta a corso legale nello Stato in El Salvador, non pare sia andata benissimo, tuttavia sono tentativi come questo che consentono di capire pregi e limiti di un’innovazione.  Insomma, se Europa e Stati Uniti sono ancora in svariati campi la punta di diamante della sperimentazione tecnologica, è importante alzare lo sguardo e guardare anche a quello che si sta facendo altrove. Bisogna però avere accesso alle informazioni giuste, ed è anche così che si spiegano la nascita e il successo di siti come Rest of World. Fondato da Sophie Schmidt che, oltre ad essere stata per tre anni la Policy & Communications manager di Uber, è anche la figlia dell’ex Ceo di Google Eric Schmidt, il sito ha come motto “Reporting Global Tech Stories”. Molto interessante, dal punto di vista delle possibili sinergie future, anche la recente acquisizione di Tech.eu, forse il sito in inglese più noto sulle startup europee da parte di Webrazzi, portale turco leader nello stesso campo in Medio Oriente e Nord Africa. Come accennato in apertura, dal punto della disponibilità di capitali per l’innovazione, Stati Uniti, Europa e Cina giocano ancora in altro campionato, rispetto ad aree meno dinamiche del pianeta. Ma anche qui vi sono segnali di cambiamento. Secondo un rapporto dell’African Private Equity and Venture Capital Association, i finanziamenti alle startup africane hanno raggiunto i 3,5 miliardi di dollari a fine giugno 2022, più del doppio rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Si preannuncia un anno da record. Le idee più disruptive del prossimo futuro potrebbero venire proprio dall’Africa (o dall’America Latina o dal subcontinente indiano); uscire un po’ dal proprio anglo-eurocentrismo potrebbe risultare conveniente, per chi poter salire sul treno dell’innovazione al momento giusto. (Photo by Gaël Gaborel – OrbisTerrae on Unsplash )

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