Industria del tabacco in chiave ESG, Philip Morris fa open innovation

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Proprio in questi giorni l’OMS ha pubblicato il suo report “Tobacco: poisoning our planet”. Dati alla mano, l’industria del tabacco costa ogni anno al mondo piu’ di 8 milioni di vite umane, 600 milioni di alberi, 200.000 ettari di terra, 22 miliardi di tonnellate di acqua e 84 milioni di tonnellate di CO2. I prodotti del tabacco sono gli articoli piu’ disseminati sul pianeta, contengono oltre 7.000 sostanze chimiche tossiche, che si riversano nel nostro ambiente quando vengono scartate. L’uso del tabacco inquina l’aria che respiriamo, lasciando residui di nicotina e di altre sostanze chimiche dannose sulle superfici interne, esponendo così i non fumatori alle tossine del fumo di seconda e terza mano. I mozziconi di sigaretta e altre forme di prodotti del tabacco avvelenano i fiumi, gli oceani e la vita marina, contaminano spiagge e corsi d’acqua e sporcano i nostri spazi urbani. La produzione di tabacco ha un impatto sull’aria che respiriamo, anche prima che il tabacco venga fumato. Il ciclo di vita dei prodotti del tabacco produce una quantità significativa di CO2 . Circa 14 grammi di CO2 per sigaretta durante il suo intero ciclo di vita. Alla luce di tali rivelazioni è difficile guardare con compiacimento a una call che, anche se porta alla luce startup agritech meritevoli perché utili per ogni genere di coltivazione,  è rivolta a migliorare la sostenibilità e la circolarità di una tra le più grandi multinazionali del tabacco, una delle Big Tobacco, la Philip Morris. Qualcuno potrebbe udire il sibilo della parola greenwashing guardando a questa Call for Innovation chiamata “BeLeaf: Be the Future”, organizzata da Philip Morris Italia, che si avvale di partner di valore come  Almacube – Innovation hub (incubatore certificato dal Ministero dello Sviluppo Economico) – e la piattaforma Skipsolabs. La Call va inquadrata in un più ampio nuovo assetto della PMI in chiave ESG.

La call di Philip Morris

Le due società vincitrici in questa seconda edizione, Finapp e CH-Bioforce, hanno grandi chance di avere un impatto positivo di tipo ambientale e agricolo, in generale, non necessariamente nel comparto ‘tabacco’. In questa occasione vincono di sviluppare il loro progetto in ambito di filiera tabacchicola attraverso un percorso dedicato con Philip Morris Italia. Il progetto di Finapp, per esempio prevede l’installazione di una coppia di sonde CRNS – Cosimic ray neutron sensing – di nuova generazione che consentono di misurare in tempo reale l’umidità del suolo e il volume di acqua presente nella biomassa, per una più corretta gestione della risorsa idrica da parte dei coltivatori. In effetti, a livello di impatto ambientale e sulle comunità, Finapp ha il potenziale di incidere sui consumi di acqua per la produzione: non è poco se si pensa che 22 miliardi di tonnellate di acqua sono utilizzate nella produzione di tabacco a livello globale ogni anno, circa 3,5 volte il volume d’acqua del lago Ciad (fonte, report OMS). CH-Bioforce, finlandese non proprio startup, potrebbe avere impatto nella circolarità dei processi produttivi in quanto ha una tecnologia per la scomposizione delle biomasse e la trasformazione di materiali di scarto in prodotti di alto valore, cosa che rappresenta un’alternativa rinnovabile e altamente competitiva per sostituire le materie prime di origine fossile. Si tratta di aziende e soluzioni di valore, scelte tra le 112  candidature ricevute, sicuramente motivate da parte loro a ‘fare la differenza’. Ma possono davvero farla? Può un’industria come quella tabacchiera diventare sostenibile?

L’impatto dell’industria del tabacco

Il Report ‘Tobacco: poisoning our planet’ non lascia scampo. In ognuno dei suoi 5 punti di life cycle, il tabacco ha un impatto devastante. ciclo di vita dei prodotto del tabacco   Gli effetti del fumo sulla salute del fumatore sono ovviamente stranoti a tutti, ma non tutti sanno che l’avvelenamento da nicotina riguarda anche i coltivatori di tabacco e le loro famiglie. Che sono tra gli agricoltori peggio pagati nel mondo, vivono nei Paesi a basso redditto, spesso sfruttati attaverso contratti capestro che impongono loro anche l’acquisto di particolari semi e  sostanze chimiche per i quali si indebitano. Non tutti sanno che la coltivazione di tabacco richiede un uso altissimo di chimica sul campo per aumentare la produzione, pesticidi e fertilizzanti, che inquinano il terreno, le falde, i fiumi; i terreni muoiono. Sfruttamento di acqua, deforestazione, impoverimento ed erosione dei suoli sono altri gravi problemi posti dalla coltivazione del tabacco. La coltivazione del tabacco causa il 5% della deforestazione mondiale. E poi ci sono tutti i danni connessi con il prodotto sigaretta: packaging, trasporti, inquinamento dell’aria, rifiuti. Insomma, rendere davvero sostenibile questa ricca industria significa ripensarla completamente. da qui è partita PMI.

Le strategie ESG di Philip Morris International

Per capire le politiche ESG Philip Morris bisogna partire dal suo attuale statement di vision, decisamente controintuitivo: ‘Stiamo costruendo un futuro senza fumo‘.

Data la crescente importanza dei temi ESG, l’obiettivo dell’azienda, in Italia come nel resto del mondo, è diventato quello di riposizionarsi, lontano dalle sigarette. Un futuro senza fumo significa per questa azienda sviluppare nuovi prodotti alternativi alle sigarette, cioè prodotti senza combustione, come IQOS, TEEPS, VEEV, STEEM. Una squadra R&S di circa 980 persone – scienziati, ingegneri, tecnici – sono impegnati per la creazione di questi nuovi prodotti. Il 29,1 per cento dei ricavi netti deriva oggi dai prodotti senza fumo, considerati meno dannosi per la salute rispetto a quanto è causatao dalla combustione della sigaretta. Questa strategia è stata spiegata recentemente da Jacek Olczak, Chief Executive Officer di Philip Morris International (PMI), in occasione del rilascio del report integrato della società, cioè il documento annuale che fornisce un quadro completo dei progressi compiuti dall’azienda nel raggiungimento degli obiettivi di business e sostenibilità. “La sostenibilità e la performance aziendale sono fortemente connesse e si rafforzano a vicenda. Le nostre azioni, fondate su dati, scienza e fatti, parlano più delle parole. PMI si impegna ad essere un agente di cambiamento e a sviluppare e produrre  alternative tecnologiche efficaci al fumo per i fumatori adulti che non smettono. Con una visione di lungo termine, stiamo anche espandendo la nostra attività in settori che vanno oltre il tabacco e la nicotina, come il benessere e la salute del consumatore”. Oltre a ciò, le strategie di sostenibilità di PMI sono articolate nei tre 3 canonici pilastri ESG: ambiente, sociale e governance. Luso responsabile della risorsa idrica è un punto centrale, testimoniato anche dall’ottenimento della certificazione Alliance for Water Stewardship (AWS), così come la  digilitalizzazione e innovazione della filiera agricola, attraverso una serie di azioni come l’introduzione di sensori per l’ottimizzazione dell’irrigazione, (irrigazione a goccia, fertilizzanti liquidi) e l’impiego di tecnologie digitali avanzate. Si inquadra in questo ambito anche la Call for innovation “BeLeaf: Be the Future”. Da un punto di vista sociale PMI ha ottenuto a livello globale la certificazione Equal Salary, adotta diverse politiche per le pari opportunità e ha da tempo adottato codici di condotta per il rispetto dei lavoratori della sua filiera, che significa anche rispetto dei diritti umani, sradicare il lavoro minorile, ma anche iniziative e pratiche volte a migliorare la vita e l’istruzione nelle comunità locali. Si impegna contro la deforestazione; applica i principi della circolarità; agisce per la biodiversità; rifiuta di produrre tabacco geneticamente modificato; richiede alle sue piantagioni di applicare le Good Agricultural Practices che comprendono anche sistemi e innovazioni per ridurre o evitare l’uso di prodotti chimici sul campo. Il report è molto interessante per capire la complessità e l’enorme sforzo richiesto a un colosso come Philip Morris per trasformarsi in azienda sostenibile e allinearsi agli obiettivi dell’Agenda 2030. Una trasformazione che dovrebbe riguardare tutta l’industria anche se ancora non è così. Allo scopo di sollecitare e accelerare la trasformazione dell’industria del tabacco per ridurne i danni, è nato qualche anno fa il Tobacco Transformation Index, il primo indice a classificare le 15 più grandi aziende produttrici di tabacco del mondo (che rappresentano quasi il 90% del volume globale di sigarette) in base alle loro prestazioni in ottica di sviluppo sostenibile. La conglomerata che performa meglio è Swedish Match, che ha drasticamente smesso di produrre sigarette nel 1999. La seconda è proprio Philip Morris, prima all’indicatore ‘Strategie e Management’.  

               

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