Intervista, The Techshop verso il primo closing a 30 milioni di euro

Già a marzo scorso avevamo annunciato il debutto del nuovo venture capital The Techshop in una video intervista dove i fondatori Aurelio Mezzotero e Gianluca D’Agostino anticipavano a Startupbusiness le caratteristiche del progetto. 

Ora The Techshop entra nella piena operatività avendo ottenuto tutte le certificazioni necessarie da Banca D’Italia per la Sgr e ha avviato le operazioni di fundraising che punta a un primo closing a 30 milioni di euro, con un obiettivo per il fondo di 50 milioni di euro. 

“Siamo convinti che questo sia il momento giusto per avviare in Italia un nuovo veicolo di investimento – dicono i due fondatori – entrambi abbiamo esperienza in questo settore sia in Italia sia all’estero e oggi stiamo vedendo una crescita non solo in termini di quantità e qualità degli imprenditori ma anche di maturazione dell’ecosistema, anche in relazione a tutte le procedure che abbiamo svolto con Banca D’Italia per l’approvazione della Sgr dobbiamo dire che si è trattato di un processo molto efficace, molto serio, molto puntuale”. 

I nomi dei limited partner che stanno partecipando a questo primo closing non sono ancora noti in quanto il processo è in piena fase di esecuzione ma D’Agostino e Mezzotero anticipano che si tratta sia di investitori istituzionali sia di imprenditori, manager, professionisti che hanno deciso di partecipare al progetto impegnando cifre che partono da circa 500mila euro, solo in alcuni casi il ticket minimo di ingresso è a 100mila euro e che l’annuncio del closing sarà fatto molto probabilmente già entro la fine del mese di novembre. 

Nel frattempo naturalmente i due partner fondatori, insieme agli altri due soci della Sgr che sono Antonello Lupo e Carlo Brunetti, allo staff che oggi conta 5 persone più alcuni collaboratori e che opera dalla sede che The Techshop ha da poco inaugurato nel centro di Milano, stanno lavorando al fine di individuare i primi investimenti potenziali: “ci concentriamo su startup che sviluppano software B2B, che abbiano sede in Italia anche se guardiamo anche a imprenditori italiani che sono all’estero, guardiamo a startup di qualsiasi settore con kernel tecnologico forte, almeno uno dei founder deve avere competenze tecnologiche, facciamo una due diligence tecnica molto attenta già nelle fasi prima della definizione del term sheet. Inoltre lavoriamo per fare scouting diretto andando a cercare progetti interessanti e li stiamo trovando in tutto il Paese, anche nel Mezzogiorno abbiamo individuato imprenditori con le giuste caratteristiche per la nostra tipologia di investimento che è early stage con ticket tra i 500mila euro e il milione di euro per il primo investimento e con una significativa riserva per il follow-on. Crediamo che l’early stage sia un segmento oggi poco coperto, molti si occupano del seed e poi ci sono i fondi tradizionali che si stanno sempre più spostando su stadi di sviluppo successivi, noi vogliamo essere sintesi tra capitale e velocità di azione ed esecuzione”.

Un altro pilastro della filosofia di The Techshop è fornire ai team in cui investe non solo il supporto finanziario ma anche operativo ove ciò sia sensato: “desideriamo che con i team si crei quella chimica alla base della collaborazione, che siano loro a scegliere noi come investitori quando noi a scegliere i loro progetti. Al momento abbiamo 4, 5 dossier in fase piuttosto avanzata e prevediamo di annunciare il primo investimento simultaneamente all’annuncio del closing e anche dei nomi dei nostri investitori”. 

Infine va anche sottolineato che The Techshop intende lavorare anche con altri investitori, sia fondi sia business angel e portare il suo contributo affinché l’opzione di investimento in startup diventi sempre più diffusa anche presso investitori che fino a oggi non hanno guardato in questa direzione: “L’unico modo sensato per attirare investitori meno vicini al mondo delle startup, e noi possiamo avere questo ruolo, è fare cultura finanziaria sull’investimento nell’asset class startup,  diventare i pionieri verso un mercato molto più ampio di investitori che ancora non conoscono appieno il valore di investire in startup”, dice Carlo Brunetti. 

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