Innovation Manager, flop nelle assicurazioni

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Innovazione, digital transformation, nuovi modelli di business, open innovation, technology transfer, startup, disruption…quante sono le parole chiave del mantra aziendale oggi? Il nostro ordinamento ha creato una sorta di Albo per la figura che dovrebbe tradurre in azione all’interno delle aziende queste idee di innovazione, stiamo parlando della figura dell’Innovation Manager. Dell’Albo forse non ce n’era bisogno, ma di questo tipo di figure manageriali sì, perché possono accelerare i processi aziendali di trasformazione innovativa. Le assicurazioni non sembrano essersene accorte, benché siano realtà aziendali solitamente molto strutturate. Ne da conto una recente ricerca condotta da EY e IIA (Italian Insurtech Association) in collaborazione con SAS, che analizza l’attuale stato dell’arte delle funzioni di innovazione all’interno delle compagnie assicurative Quali sono i risultati? Il 61% del campione non prevede un unico responsabile dell’innovazione a livello centrale: solo il 39% ha nominato un Chief Innovation Officer e l’83% prevede l’allocazione di un significativo budget dedicato all’innovazione, ritenuto insufficiente almeno per un terzo di questi. Francesco Pisapia, Insurance Consulting leader di EY ha commentato: “Sebbene la maggior parte delle compagnie assicurative si affidi a modelli di innovazione diffusa o assegni la responsabilità dell’innovazione a più ruoli, dalla nostra ricerca emerge che il Chief Innovation Officer si sta affermando e che oggi circa il 40% delle compagnie prevedono un responsabile unico dell’innovazione. Il suo coinvolgimento nei comitati aziendali risulta particolarmente efficace non solo per abilitare la trasformazione digitale nei processi di vendita ma anche nel disegno e integrazione dell’offerta prodotti, nel ripensamento dei processi organizzativi e nuovi modelli di business e, non da ultimo, nello sviluppo di una cultura aziendale orientata all’innovazione”.  

Empowerment dei dipendenti aziendali

La consapevolezza c’è, cresce, infatti  le aziende cercano di diffondere un mindset innovativo  attraverso iniziative interne specifiche come contest di innovazione (57%), reward aziendali (23%) e bonus (10%), ma anche con programmi di formazione, hackathon e Innovation Lab. La metà del campione concorda nel ritenere la formazione (52%) e l’acquisizione di nuove competenze (48%) i punti chiave su cui investire per incentivare l’innovazione interna. L’83% del campione dichiara di avere già avviato percorsi di formazione dedicati, che nel 60% dei casi sono rivolti a tutti i dipendenti.  

Open Innovation

Ai processi di innovazione interna si affiancano attività di open innovation, quindi volte a portare innovazione dall’esterno: il 70% degli intervistati dichiara che la strategia della propria azienda va in questa direzione. L’84% del campione ha avviato collaborazioni con Insurtech, l’81% con enti accademici, il 45% con tech company e il 45% con acceleratori o incubatori. La collaborazione con le insurtech, in particolare, è ritenuta vantaggiosa dal 100% degli intervistati: l’80% ha già avviato partnership con player non assicurativi in ottica ecosistemica, mentre il 52% ha dichiarato di aver avviato acquisizioni o investimenti strategici in startup nell’ultimo anno. Simone Ranucci Brandimarte, socio fondatore e Presidente di IIA, ha dichiarato: “Per la prima volta sono stati mappati gli orientamenti e gli sforzi delle organizzazioni assicurative stimolate dalla digitalizzazione. La creazione di competenze digitali, una corretta gestione dell’innovazione ed il corretto presidio della tecnologia sono pre-condizioni fondamentali per rispondere alle sfide e cogliere le opportunità dell’insurtech. Siamo soddisfatti di essere stati precursori in Italia nel tentativo di mappare, misurare e stimolare la reattività delle organizzazioni assicurative rispetto all’avvento della digitalizzazione.”  

Effetto Covid

Il lockdown ha accelerato il digitale anche in ambito assicurativo, soprattutto si è distinto come canale di di comunicazione tra le compagnie assicurative e i propri clienti: dalla ricerca emerge che il 79% dei clienti ha comunicato con la propria assicurazione attraverso i canali digitali (contact center, chatbot e strumenti di videochat), mentre il restante 21% si è affidato al contatto telefonico. Il maggior uso dei canali digitali non sembra però riguardare le sottoscrizioni: il 29% degli intervistati ritiene invariata l’entità delle sottoscrizioni online, mentre il 43% ha osservato una crescita limitata (sotto il 10%). La pandemia ha spinto le compagnie a creare prodotti che tengono conto delle nuove esigenze dei clienti: il 69% delle compagnie ha già lanciato prodotti ad hoc per fare fronte all’emergenza. Nel lungo periodo, il 59% degli intervistati si aspetta di assistere a un incremento nel numero di sottoscrizioni e la maggioranza (83%) a una richiesta più estesa, data la maggiore necessità di protezione avvertita dai consumatori e l’attesa ripresa dei consumi nel “New Normal”.

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