Coaching, ecco perché può essere utile a startup e scaleup

Il termine coaching o ancora di più coach sono usati molto frequentemente, siamo sicuri di sapere davvero di cosa si tratta effettivamente? Startupbusiness lo ha chiesto a Michaela M. Carboni, coach Pcc di ICF, fondatrice di MiCa Consulting & coaching e partner e co-founder di Points of You Italy. In veste di coach Pcc (Professional certified coach) di ICF (International Coach Federation, la più grande associazione di coach professionisti al mondo con oltre 31mila membri in più di 141 nazioni), ogni volta che sento parlare di coaching in modo superficiale nei vari contesti un po’ mi irrigidisco. Vorrei come prima cosa evidenziare che l’attività di coaching accelera la crescita dell’individuo consentendo a ognuno di focalizzare in maniera più efficace e consapevole gli obiettivi da raggiungere e le conseguenti scelte da porre in atto. ICF definisce il coaching come una partnership con i clienti che, attraverso un processo creativo, stimola la riflessione, ispirandoli a massimizzare il proprio potenziale personale e professionale. Il coaching è ormai parte integrante di un nuovo concetto di cultura aziendale che mette al centro della propria crescita le persone. In questo contesto l’attività di coaching è una soluzione valida che si adatta ai tempi in cui viviamo. In tempi, diciamo normali, rappresenta un meccanismo efficace per consentire a un’organizzazione di far fronte alle pressioni del mercato, gestire transizioni interne e stabilire un piano per raggiungere i propri obiettivi di crescita, facendo accadere il cambiamento che si stava ricercando da tempo, partendo appunto dalle persone. Il CIPD (Chartered Institute of Personnel and Development) ha identificato alcune particolari situazioni organizzative in cui il coaching può essere appropriato come intervento di sviluppo: a) quando le aziende soffrono di significative mancanze in termini di competenze del proprio personale, ovvero di soft skill; b) in periodi di importanti trasformazioni organizzative o strutturali che richiedano ai dipendenti una capacità di adattamento a nuove culture e mindset; c) a supporto di persone che, cambiando il proprio ruolo o la propria funzione, hanno bisogno di acquisire nuove competenze e capacità; d) per trattenere in azienda alcuni dipendenti in possesso di un livello elevato di competenze ed esperienze tecnico-specifiche nel settore; e) come supporto per executive o senior manager incaricati a ricoprire ruoli di leadership restii a frequentare un corso di formazione, in quanto possono dare per scontato il fatto di essere già in possesso delle competenze necessarie; e) anche a supporto di fondatori di startup, ceo di scaleup o di imprenditori di aziende di piccole dimensioni. In particolare in ambito startup e scaleup il coaching si può rivelare fondamentale e posso dimostrarlo anche grazie l’esperienza che ho maturato sul campo collaborando con business angel, investitori seed e early stage e venture capital come per esempio Primomiglio SGR / dPixel. Steve Blank, padre ispiratore del movimento Lean Startup e autore di “The Startup Owner’s Manual” definisce la startup come un’organizzazione temporanea, che ha lo scopo di cercare un business model scalabile e ripetibile. Il suo CEO è molto più vicino alla figura dell’imprenditore che a quella del manager aziendale. Ma non solo. È spinto più da una motivazione intrinseca, la gloria e il desiderio di fare del mondo un posto migliore, piuttosto che estrinseca, il denaro, il prodotto/servizio e la vision in lui possono anche essere slegati, è un pioniere, un esploratore ma anche una guida, con la responsabilità di gestire tutte le risorse all’interno di una startup, dai co-fondatori agli stagisti ma gestire una crescita repentina tipica delle startup, e di conseguenza gestire il numero crescente di persone che si devono assumere con tutte le loro particolarità, può risultare attività complessa. Spesso la velocità a cui si muove il business e la mole di lavoro impediscono sia agli imprenditori sia al personale di dedicare lunghi periodi di tempo alle attività di potenziamento. E per le poche startup che diventano scaleup è ancora più difficile. L’evoluzione, la trasformazione richiedono ambizione, motivazione, attenzione, conoscenza, collaborazione,  gestione del team, dei processi, della programmazione, della comunicazione, leadership, resilienza, agility e capacità di delega. Tutte skill che si possono sviluppare e potenziare con il coaching. Anche l’imprenditore di una PMI già presente sul mercato da un po’ potrebbe beneficiare del business coaching per trovare soluzioni efficaci ed efficienti per affrontare cambiamenti, come passaggi generazionali o nuove linee di business, espansione su altri mercati o crisi di settore o anche, come in questo periodo, una crisi mondiale di origine sanitaria ma con enormi ripercussioni economiche e sul proprio business. Buoni risultati sono stati conseguiti per esempio nell’attività di hiring di nuove figure chiave di una startup digitale, nella fase di lancio di una nuova divisione di una PMI già esistente operante nel retail marketing, nel riposizionamento di un ristorante a Milano, nel processo di preparazione alla quotazione di una scaleup, nel passaggio generazionale in una PMI, nella gestione di conflitti e della comunicazione in una PMI, insomma gli ambiti di applicazione sono i più diversificati, ma l’approccio alla conversazione di coaching fonda su competenze specifiche. Il coaching, che sia corporate quindi in azienda, executive destinato al top management o business per imprenditori e professionisti, risulta essere quindi uno strumento di sviluppo molto efficace in tutti questi contesti. La sua efficacia risulta nettamente maggiore quando si è identificata all’interno dell’ambiente di lavoro una specifica e reale necessità. Prima di tutto il coach crea una relazione di fiducia con il cliente, detto coachee, che porta all’attenzione una tematica di business sulla quale vuole lavorare. A quel punto il coach, in partnership con il coachee, inizia a supportarlo in un processo di scoperta attraverso uno scambio che poggia su ascolto attivo e domande potenti di coaching (insomma non le domande tipiche da caffè per intenderci) volte a far emergere nuove consapevolezze e idee, fissare obiettivi SMART che è sigla che sta per Specific (specifico), M = Measurable (misurabile), A = Achievable (raggiungibile), R = Realistic (realistico), T = Time-Based (temporizzabile), delineare un piano d’azione e raggiungere, quindi, risultati concreti con motivazione ed energia. Tipicamente, un percorso di coaching prevede un minimo di 9/12 sessioni individuali con le figure apicali per poi estendere a tutto il team in base alle esigenze specifiche. Si possono prevedere in parallelo, e a integrazione, sessioni di team coaching per allineare la squadra e sviluppare collaborazione e cooperazione. I risultati di coaching dipendono dalla motivazione, dalla serietà e dall’impegno dei beneficiari del percorso.   Photo by Campaign Creators on Unsplash

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