Brevetto, non basta depositarlo, occorre saperlo valorizzare

Lasciata Torino, la nostra prossima tappa è la Liguria, direzione Istituto Italiano di Tecnologia di Genova, in Via Morego 30. In poco più di 15 anni, l’Istituto, il cui direttore scientifico è oggi Giorgio Metta, è cresciuto sia in termini di unità, circa 1700 tra scienziati e ricercatori con oltre 20 profili differenti dalla medicina all’ingegneria, sia in termine di brevetti attivi, oltre 900 a dicembre 2019. L’organizzazione di IIT si basa, inoltre, su di un’ampia rete di ricerca composta da 11 centri (per un totale di quasi 60.000 m2) presso alcune delle principali università italiane e da 2 outstation negli USA in collaborazione con il MIT e Harvard. Come si evince dal Piano Strategico dell’IIT, vengono individuati quattro Domini di Ricerca strategici da sviluppare nel periodo 2018-2023: Robotica, Nanomateriali, Tecnologie per le Scienze della Vita (LifeTech), e Scienze computazionali. Nello stesso piano, un ruolo centrale nella strategia dell’Istituto viene affidato al Trasferimento tecnologico con un focus sulle tecnologie per l’industria, per il sistema produttivo e per il settore sanitario. Per questo non potevo non intervistare per un approfondimento, Matteo Bonfanti, Direttore del Technology Transfer della Fondazione Istituto Italiano di Tecnologia.   Ciao Matteo, grazie ad IIT per essere un partner strategico di EUREKA! Venture SGR. Che valore dai a questa partnership? Eureka rappresenta un partner fondamentale, perché unisce due aspetti chiave per noi: infatti è un investitore dedicato al supporto di iniziative di Technology Transfer, supportato dalla piattaforma ITAtech nata con la grande (e sfidante) missione di supportare questo settore in Italia, inoltre è dedicato a un settore chiave per IIT come quello dei materiali avanzati, il cui studio è per noi un pilastro fondamentale del nostro piano scientifico con uno staff di oltre 400 ricercatori e più di 400 brevetti. Parlami un po’ di te… cosa vuol dire essere il responsabile della Direzione Trasferimento Tecnologico dell’Istituto Italiano di Tecnologia?

brevetto

Matteo Bonfanti – ITT Genova

E’ una sfida di responsabilità in una eccellenza italiana. È un lavoro che necessita di competenze miste plurisettoriali e pluri funzionali in una realtà internazionale (ci sono ricercatori che provengono da oltre 60 paesi e dai 5 continenti). Aver avuto esperienze sia nel campo della ricerca scientifica nel settore nanotecnologie sia nel mondo degli investitori è un bagaglio formativo e culturale fondamentale per poter svolgere questo lavoro di “mediatore culturale” tra la scienza e la finanza.     Quali sono le iniziative che state portando avanti come Direzione TT? Nel 2020 ci siamo attivati su vari fronti avviando numerosi progetti. Tra questi fammi citare la partnership con l’Università Bocconi nell’iniziativa B4I che coniuga due eccellenze italiane, sinergiche per competenze e esperienze, collaborando allo sviluppo di iniziative e progetti nel campo dell’innovazione e dell’imprenditorialità. Come Technology Transfer ad oggi, abbiamo creato 18 laboratori congiunti con realtà pubbliche e private di rilevanza nazionale ed internazionale relativi alla robotica (industriale, per situazioni di emergenza e con applicazioni in ambito sanitario), all’Intelligenza Artificiale, all’ambito biomedicale, alla microscopia ottica e ai nuovi materiali. Abbiamo, inoltre, oltre 900 titoli di brevetti attivi nelle varie aree di competenza IIT, i ricercatori di IIT hanno lanciato oltre 20 start-up e abbiamo più di 40 progetti di impresa in fase di studio. Puoi raccontarci i risultati raggiunti? Puoi farci qualche esempio? Il bilancio del 2019 si è concluso con risultati record su tutte le aree di Trasferimento Tecnologico. Abbiamo ottenuto dei massimi storici con il portafoglio brevettuale, l’attività di licenze, i rapporti con le industrie e nella creazione di impresa, con il lancio di 4 nuove startup da parte dei nostri ricercatori. Tutte queste informazioni aggiornate saranno reperibili a breve sul sito istituzionale e nel nostro bilancio che prevede una sezione specifica del Technology Transfer.  
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Tra i nuovi materiali sviluppati ll’ITT c’è il grafene

  Quali sono le prossime sfide per del TT in Italia? Il mondo del trasferimento della conoscenza, strettamente legato al contesto dell’innovazione delle start-up, è un ecosistema ancora in fase nascente in Italia; la parola ecosistema è riduttiva, a mio avviso va considerato come un nuovo settore industriale, con aziende, regolamentazioni, personale qualificato, finanza dedicata e una filiera produttiva del trasferimento delle conoscenze che porta l’innovazione nella vita di tutti i giorni. Un “settore industriale” trasversale che pervade tutti i settori industriali “tradizionali” e per questo è un settore che nessun paese può pensare di abbandonare o di non creare una adeguata politica industriale a sostegno. Un “settore industriale” nel quale l’Italia è ancora molto distante, non solo dai paesi anglosassoni, ma anche da molti paesi europei. Tuttavia, molto è cambiato negli ultimi 10 anni; per chi ha avuto modo di conoscere in presa diretta questo ecosistema, può dire che è in costante evoluzione. Alla fine degli anni duemila chi parlava di questi temi era quasi un pioniere, oggi, fortunatamente, sono temi dei quali si parla, se ne legge sui giornali, praticamente ogni università o centro di ricerca ha un ufficio di trasferimento tecnologico, ci sono stati perfino format televisivi dedicati alle start-up.

Dieci anni fa era facile imbattersi in convegni dove si discuteva dell’importanza di brevettare e non solo pubblicare; ora si parla dell’importanza di valorizzare il brevetto, ovvero il passo successivo. Questo cambiamento prima di tutto è culturale e i tempi fisiologici per fare questo tipo di cambiamento sono comprimibili solo fino ad un certo punto; ipotizzando un orizzonte di una ventina d’anni, possiamo dire di essere a metà del guado.  

Come possiamo completare la traversata? Solo continuando a far crescere il trend verso l’innovazione, in termini di investimenti, politiche a supporto e diffusione della cultura possiamo colmare il distacco rispetto ai paesi europei. Tuttavia, possiamo farcela solo non commettendo l’errore più grave che invece spesso tende ad accadere, cioè avere aspettative di ritorni di breve termine su temi che, come dicevo, sono intrinsecamente legati al lungo periodo, affrontando la questione con consapevolezza dei propri mezzi, lucida freddezza e non spinti sull’onda di facili entusiasmi o altrettanto facili demoralizzazioni. Secondo la tua esperienza, quali sono gli elementi di criticità e i limiti più frequenti e comuni che riscontri in operazioni di Trasferimento Tecnologico? Sono di tre tipi: il team, il team e….il team. Lo sviluppo di un mindset d’impresa e la creazione di team imprenditoriali con competenze miste sia tecnico scientifiche che di business è, e sarà, l’elemento chiave per lo sviluppo dell’ecosistema delle startup. Iniziative come quella di ITAtech, capaci di supportare progetti di impresa nelle prima fasi di vita, sono quindi fondamentali per colmare il gap dell’Italia rispetto al resto d’Europa. Questo si lega con il fatto di essere nel mezzo di un percorso di cambiamento culturale, come dicevo prima, e gli avvenimenti in corso del corona virus ci costringeranno a cambiare, e quindi a innovare. Vuoi aggiungere qualcosa? Fallo pure… L’ho già detto dell’importanza del team?   Contributor   90% below è il blog di Anna Amati, Partner EUREKA! Venture, Sgr che gestisce il fondo, Eureka! Fund I – Technology Transfer, focalizzato in startup, spin-off e progetti cosiddetti POC (Proof of concept) provenienti da una rete qualificata di centri di ricerca partner, nell’ambito dei materiali avanzati e più in generale scienza e ingegneria dei materiali.     [Immagine di copertina  Science in HD on Unsplash]

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