Fare startup è per single? Cosa succede se non lo sei (Mental Load)

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Fare startup è appassionante, ma richiede un impegno assoluto e spesso assorbe anche per 15 ore al giorno. Niente a che vedere con un tradizionale orario lavorativo. Ciò significa che non rimane tempo da dedicare ad altro: relazioni, famiglia, hobby, viaggi, serate, attività fisiche o di intrattenimento. Già il tempo dedicato ai bisogni primari del nostro organismo è ottimizzato abbinandoci qualcosa di davvero utile: leggere mail, documenti, aggiornamenti social, ecc. Cosa succede, dunque,  se nella vita di uno startupper oltre alla sua startup ci sono impegni domestici, familiari e personali che non è possibile bypassare? Può sorgere un problema chiamato mental load, fratello della sindrome di burnout.

Cos’è il Mental Load

Questa condizione mentale, spesso difficilmente riconoscibile, è molto comune tra tutti i lavoratori, anche dipendenti, rappresenta una fonte di stress e disagio e un vero e proprio ostacolo all’avanzamento e all’evoluzione del proprio percorso lavorativo, che nel caso della startup è la strada che deve fare l’impresa. Il Mental Load consiste nell’avere sempre, in un angolo della testa, gli imperativi relativi ai compiti e alle responsabilità domestiche, familiari e personali. Gli oneri maggiori, come purtroppo spesso ancora accade, spettano alle donne, le quali si trovano a dover sbrigare circa il 71% delle mansioni quotidiane e il 65% di quelle genitoriali, non senza risentirne a livello lavorativo. Secondo uno studio commissionato da Yoopies, piattaforma europea per l’assistenza all’infanzia e alla persona, l’impatto del mental load può essere praticamente devastante: da un lato porta alla perdita di efficienza, rallentamento nello sviluppo dei progetti e delle missioni, distrazione e stanchezza, con conseguente compromissione della carriera;  dall’altro, compromette anche tutte quelle relazioni che ci caricano di impegni e che sono alla base del mental load. Insomma, un circolo vizioso pericolosissimo.

L’impatto del mental load sui lavoratori

Lo studio, effettuato da ​Yoopies​ in collaborazione con ​LabRH​, ha interessato 1300 lavoratori dipendenti, di ambo i sessi e appartenenti a differenti settori e fasce di età, ecco cosa è emerso​:
– Quasi tutti i dipendent​i (94%) ​gestiscono almeno un aspetto della loro vita privata sul lavoro​ e l’86% vi consacra un lasso di tempo compreso tra 30 e 180 minuti a settimana. Fra questi, 1 su 10 dedica addirittura più di tre ore alla settimana a tali mansioni.
– Le questioni riguardanti i figli (78%) e le difficoltà personali (73%), come il divorzio o il trasloco,​ sono in cima alla lista dei problemi privati gestiti sul lavoro.
– Il 67% dei dipendenti ritiene che questi oneri perturbino la propria efficienza lavorativa​, l’87% si dichiara considerevolmente stressato dagli stessi, mentre il 44% afferma che il Mental Load sia la causa scatenante del proprio ritardo sulle missioni e i progetti lavorativi da svolgere.
– 1 dipendente su 5 ha già avuto difficoltà con i propri superiori derivanti dalla gestione dei problemi personali,​ e quasi uno su tre ritiene che questi imperativi abbiano avuto un impatto negativo sullo sviluppo della propria carriera.

“Questo studio ci permette di considerare e definire il Mental Load in una maniera totalmente nuova”, afferma Benjamin Suchar, fondatore e CEO di Yoopies. “Dimostra come le responsabilità quotidiane non possano essere lasciate da parte, nemmeno quando siamo al lavoro.​ Le donne, inoltre, vivono letteralmente due giornate in una, destreggiandosi tra le molteplici responsabilità di cui sono costrette a farsi carico e che spesso comportano effetti deleteri sul livello di benessere personale e di produttività. Inoltre, dimostrando il significativo impatto del mental load sullo sviluppo della carriera, ​questa indagine ci rende consapevoli che la lotta per la parità di genere nelle aziende richiede necessariamente la presa in considerazione delle disuguaglianze nella sfera privata​”, sottolinea l’imprenditore. Programmazione, partecipazione finanziaria (servizi alla persona, assistenza all’infanzia, ecc.), una piattaforma di ascolto e consulenza, strumenti digitali per sostenere la ricerca di fornitori di servizi e procedure amministrative, sensibilizzazione dei dirigenti. Secondo lo stesso studio, 2 dipendenti su 3 vorrebbero essere maggiormente supportati dal datore di lavoro nella gestione dei loro problemi privati, purtroppo ​però, ​ad oggi, ​meno della metà delle aziende ha attuato iniziative in questa direzione.
Come non dare ragione a questo imprenditore?

Come si rimedia al mental load

C’è da dire però che le forme di smart working e telelavoro permettono oggi a un lavoratore di affrontare con maggiore serenità determinate incombenze senza impattare sulle ore di ufficio, proprio perché gli orari di lavoro li decide in autonomia in base all’insieme dei propri impegni quotidiani, l’importante è che raggiunga gli obiettivi. Certe incombenze diventano ‘pesanti’ proprio perché il loro timing è in conflitto con un tradizionale orario lavorativo.

Trasferendo poi tutto questo in ambito startup, possiamo anche fare ulteriori considerazioni: le startup sono aziende in cui il clima è solitamente molto informale, si crea spesso un sentimento di fratellanza nel quale è più facile condividere preoccupazioni e problem solving e questo va a contro bilanciare la grande pressione a cui si è sottoposti. Bisogna essere capaci di chiedere aiuto, non sempre possiamo gestire tutto da soli.
Tuttavia, per concludere, non possiamo fare a meno di consigliare un corretto work-life balance: se uno come Jack Dorsey, founder e ceo di Twitter e Square, ha la pessima abitudine di lavorare 18 ore al giorno, è un pochino  giustificato dalla sua posizione, deve dirigere due digital company piuttosto impegnative.
Il Ceo di una startup early stage si può ancora permettere di lavorare solo 10 ore al giorno e dormire 8. Se lo deve permettere, se fa sul serio, almeno nei periodi impegnativi ma non di massima pressione, altrimenti quando sarà il momento di dare il massimo (ad esempio: gestire la crescita, lo scaleup, e dare conto agli investitori che gli hanno dato 10 milioni) sarà già sfiancato.
E le relazioni personali? Nel titolo siamo stati provocatori nel dire che ‘fare startup è per single’, ma insomma non siamo tanto lontani dalla realtà. Trovare una dolce metà per uno/una startupper non è semplice (lavora sempre, pensa e parla sempre della sua startup); ma è auspicabile. Pensateci.
 

(Cover image credits: Micolaj Walnus)

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