Metodologia lean: pensare in grande e partire leggeri

La mia maglietta della salute recita: “start lean, think bigger”. Parti leggero e pensa in grande. Questa è la filosofia della metodologia lean. Nella mia esperienza tuttavia le due espressioni: “partire leggeri” e “pensare in grande” non sono proprio complementari. Suonano piuttosto come un ossimoro. Come si può partire con un bagaglio leggero e pensare di fare un viaggio lungo una vita? Esiste una lettura semplice di questa frase. Pensare in grande significa avere una prospettiva e quindi non essere distratti e demotivati dalle immancabili difficoltà (“Se penso in grande, non mi fermo di fronte all’ostacolo, getto il cuore “oltre” e proseguo”). E “partire leggeri” significa restare ancorati al buon senso ed essere disposti a fermarsi prima di esaurire definitivamente le risorse. Eppure non è sempre cosi lineare la strada. A volte è difficile tenere insieme i due estremi. A volte se si parte leggeri è proprio perché non si crede tanto in ciò che si fa. Oppure in alternativa se si crede davvero tanto nella propria idea, non la si vuole mettere troppo apertamente in discussione, anzi, si vuole proteggere le proprie convinzioni dalle confutazioni del mercato. Il founder di una startup è accanitamente e visceralmente attaccato alla propria idea. Alistair Croll and Benjamin Yoskovitz in “Lean Analytics” parlano di una forma di “distorsione della realtà” tipica dei CEO & Founders. Il dilemma del “partire leggeri e pensare in grande” è particolarmente problematico quando si tratta di coinvolgere nella propria idea di business altre persone. Perché tutto sommato “partire leggeri” significa prima di tutto che non si sa ancora se il proprio business è valido, scalabile, sostenibile. E dunque perché coinvolgere altri nella propria “distorsione di realtà”? La domanda da porsi è come coinvolgere altre persone che stimiamo professionalmente ad alti rischio cercando di mantenere relazioni sane e costruttive basate sulla fiducia? Risposte definitive non esistono, ma alcuni consigli li possiamo mettere in circolo.

Pensare in grande e partire leggeri con il proprio team

Le prime persone che coinvolgiamo sono quelle del team. E quando il modello non è ancora validato, occorre coinvolgere co-founder non dipendenti. Bisogna coinvolgere le persone intorno al “why” del prodotto (pensare in grande), come dice Simon Sinek, ma allo stesso verificare che le persone coinvolte abbiamo una propensione e una voglia di rischiare simile alla nostra (partire leggeri). Non è sufficiente che le persone credano nel why dell’idea di business, occorre anche che abbiano il giusto spirito imprenditoriale. Occorre che condividano il rischio e l’incertezza che è insita nel fare una startup. Se il business non è validato, non possiamo generare false promesse di posti fissi o stipendi da dirigente. Ti servono esploratori con la valigia leggera interessati ad esplorare il mondo insieme a te (mantenere la fiducia).

Pensare in grande e partire leggeri con i primi clienti

I clienti di una startup, soprattutto nell’ambito B2B, sono praticamente co-founder “in borghese”. Sono early adopter che guardano con curiosità alle innovazioni di mercato per poter essere i primi del proprio settore a poter dire di avere “scoperto” un determinato servizio o startup che risolve un loro problema aziendale. La propensione al rischio però è commisurata al budget. Il modo migliore per coinvolgere i clienti early adopters è condividere la visione e l’innovatività della proposta (pensare in grande), ma allo stesso proporre “sempre e comunque” un trial fatto di piccoli numeri (partire leggeri). Se il business non è validato, non è certo che esso rappresenti la soluzione al “need” del cliente. Per quanto questi sia entusiasta e convinto. Dunque non è coerente chiedere al cliente di sbloccare un budget rilevante (mantenere la fiducia). Allo stesso tempo proprio perché l’idea di business non è validata, il cliente non ci serve per fatturare ma per capire insieme se il nostro servizio è la risposta ai suoi problemi (partire leggeri).

Pensare in grande e partire leggeri con gli Investitori

Questa è la parte più difficile. Gli investitori non hanno un bisogno che noi possiamo risolvere. E non hanno necessità di uno stipendio che noi possiamo soddisfare. Hanno denaro che a noi serve come “ossigeno” e a cui loro tengono. La dinamica non è bilanciata per definizione. E’ molto facile con gli investitori alzare l’asticella delle aspettative e delle promesse e dimenticarsi che quello che stiamo chiedendo di fare è una scommessa ad altissimo rischio su un’ipotesi non testata. Almeno fino al round A, il modello di business non è completamente validato (ovvero: fattibile, sostenibile, scalabile, replicabile), e per non far andare in rosso il conto corrente della fiducia è bene non dimenticarselo. Se noi consideriamo il percorso di una startup come una linea retta con tante bandierine quanti sono i round di investimento, allora potremmo pensare ad ogni bandierina come un piccolo traguardo che riduce il rischio di impresa. Il giorno della costituzione il rischio dell’investimento è del 99,99%, poi ad ogni bandierina (round) si riduce. Al momento del round A il rischio di impresa è molto più basso che non al primo seed round. L’approccio più ragionevole è quello di “bootstrappare”, ovvero utilizzare risorse proprie, fino al raggiungimento delle prime bandierine, assumendosi in proprio la quota di rischio più alta e coinvolgere l’investitore solo quando si è percorsa almeno una parte della fase di validazione di business (partire leggeri). Ovviamente condividere la visione e le potenzialità del mercato è fondamentale per attrarre investitori professionale e interessati a grandi ritorni di investimento (pensare in grande). Ma a seconda della fase in cui ci si trova, occorre comunicare trasparentemente all’investitore il livello di rischio in cui si trova e lo stato di validazione che si è raggiunto. Non bisogna inoltre dimenticarsi che gli investitori possono avere differenti propensioni al rischio e all’azzardo. Condividendo visione, opportunità ma anche stato di avanzamento rispetto al processo di validazione si attrarranno investitori più allineati alla filosofia dell’azienda e con una propensione al rischio allineata allo stadio della startup (mantenere la fiducia). Pierluigi Casolari https://about.me/piercasolari

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