Food delivery e il fenomeno delle dark kitchen

C’è un fenomeno che avviene quando l’innovazione inizia a prendere piede, a diffondersi e a diventare un nuovo modello di accesso e utilizzo di un servizio. È un fenomeno che vede il riverberarsi anche su settori tradizionalmente stabiliti di modelli di business a volte imprevedibili e che si creano come conseguenza del cambiamento profondo delle abitudini dei consumatori. Il food delivery è uno di quei modelli che ha e sta avendo impatto non solo sulle scelte dei consumatori ma anche sul modo in cui le città sono vissute e sul modo in cui i fornitori di cibo, in questo caso i ristoranti, si stanno riorganizzando al fine di rispondere in modo maggiormente efficace alle richieste del mercato e al fine di sviluppare nuove modalità per espandere il loro business anche su scala geografica in un modo che sarebbe impossibile se si pensa al ristorante come al ‘tradizionale’ locale dotato di cucina e di sala per gli avventori. Va detto che il ristorante in quanto esperienza collettiva, in quanto locale curato, in quanto momento di condivisione sociale resta elemento strutturalmente importante per la vita personale e professionale delle persone ma va anche detto che grazie all’ormai diffuso fenomeno del food delivery anche i ristoranti escono dalle logiche tradizionali che li associano alla presenza fisica di un locale ben preciso per entrare in quella dove è la loro unicità culinaria a fare la differenza e a caratterizzarli, sia che essa sia servita e consumata in modo tradizionale, sia che essa sia oggetto di consegne a domicilio. Questa seconda identità dei ristoranti sta emergendo soprattutto in grandi città dove appunto il fenomeno del food delivery è più diffuso e utilizzato e si concretizza con le cosiddette dark kitchen che sono, in pratica delle grandi cucine attrezzate che vengono condivise da diversi ristoranti. Ciò che accade è che ogni singolo ristorante provvede a mandare uno dei suoi chef a lavorare nella dark kitchen accanto ad altri chef di altri ristoranti e ognuno prepara i piatti più richiesti del proprio menu in modo da rispondere efficacemente alle richieste dei clienti che ordinano da casa e in modo da ottimizzare anche il lavoro di coloro che consegnano i pasti. Nelle dark kitchen quindi non ci sono avventori e clienti ma solo gli chef e i fattorini. Se inizialmente le dark kitchen nascono per ottimizzare la gestione della preparazione dei piatti da consegnare a domicilio garantendo maggiore rapidità e qualità e senza avere impatto sul normale lavoro del ristorante, al netto dello chef che viene dislocato nella dark kitchen, esse hanno iniziato ad avere un’altra caratteristica che si traduce in una nuova opportunità per i ristoranti: l’espansione del business anche in città remote. Ci sono già casi di ristoranti che sono molto noti nella città dove hanno storicamente sede i quali hanno iniziato a mandare i loro chef a lavorare nelle dark kitchen ma non quelle locali che hanno sede nella medesima città, ma in quelle di altre città in modo da offrire ai clienti che ordinano a domicilio la possibilità di gustare i loro piatti anche se vivono ed effettuano l’ordine in una città diversa da quella della sede del ristorante. In pratica un ristorante che vuole provare a espandere la sua presenza sul territorio non deve più necessariamente aprire un locale con tanto di cucina, sala, camerieri nella città in cui vuole espandersi ma è sufficiente che invii i suoi chef a lavorare nella dark kitchen locale e poi in un secondo tempo può valutare l’eventuale investimento e l’apertura anche del locale fisico. Il fenomeno è quindi interessante, non solo perché dimostra come il diffondersi delle consegne a domicilio del cibo stia cambiando la dinamica della vita urbana, per molti, soprattutto per i più giovani, i confini di una città sono quelli dove si ferma il raggio di azione dei servizi di questo tipo o quelli di vehicle sharing, ma anche perché ha impatto su dinamiche di modelli di business più tradizionali, come è appunto quello dei ristoranti, i quali si rinnovano e si aprono a nuove opportunità pur mantenendo centrale il valore, la qualità e l’esperienza del cibo.

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