Equity crowdfunding, in arrivo il marchio unico europeo

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Lo scorso 8 marzo la Commissione Europea unitamente al FinTech Action plan ha presentato una proposta di regolamento sui fornitori di servizi di crowdfunding. Il Piano di azione UE mira a sfruttare le opportunità offerte dall’attuale sviluppo dell’innovazione tecnologica nei servizi finanziari, per rendere più competitivo il settore finanziario europeo e creare un quadro normativo tendenzialmente uniforme sul Fintech. La proposta di regolamento della Commissione intende raggiungere questo obiettivo istituendo un marchio europeo per le piattaforme di crowdfunding che permetta ai gestori di fornire, e alle imprese di usufruire di, un servizio di raccolta di finanziamenti transfrontaliero in regime di mutuo riconoscimento tra gli Stati membri.

Il quadro giuridico attuale

Il crowdfunding è uno dei servizi finanziari non ancora regolati in modo uniforme a livello europeo. Ad oggi solo alcuni Stati membri hanno introdotto una disciplina ad hoc in materia (l’Italia è stato il primo Stato membro a farlo, nel 2013), mentre in altri Paesi i gestori delle piattaforme di crowdfunding operano senza un quadro legislativo di riferimento. Pertanto, per operare in più Stati membri i fornitori di servizi di crowdfunding sono tenuti a conformarsi a quadri normativi nazionali molto diversi tra loro e ad ottenere l’autorizzazione da parte di più autorità nazionali competenti, con la conseguente ridotta possibilità di sviluppare un mercato integrato dei servizi di crowdfunding a livello dell’Unione. Dalla valutazione d’impatto che ha accompagnato la proposta di regolamento della Commissione è emerso che alcuni Paesi UE hanno introdotto una regolamentazione ad hoc per disciplinare uno o più dei seguenti aspetti: (i) requisiti di conformità e operativi per i gestori dei portali, (ii) regole di governance, informativa e gestione del rischio a tutela degli investitori, (iii) condizioni e modalità di accesso al servizio per le imprese e (iv) attività di vigilanza da parte dell’autorità di settore. In alcuni di questi ambiti il quadro giuridico definito dalla proposta detta nuove regole e si sovrappone ai regimi nazionali esistenti senza (apparentemente) voler interferire con essi, per dare la possibilità ai gestori delle piattaforme di crowdfunding di ottenere un’autorizzazione UE che consenta loro di prestare la propria attività in tutta l’Unione. Gli Stati membri, invece, dovranno continuare a disciplinare in via esclusiva altri aspetti inerenti i servizi di crowdfunding non considerati dal Regolamento.

L’ambito di applicazione

Sulla base della nuova proposta, i gestori di piattaforme di crowdfunding potranno decidere (sistema opt-in) di offrire i propri servizi a livello nazionale oppure presentare domanda di autorizzazione all’ESMA (individuata dalla Commissione come l’autorità di vigilanza del settore) ad operare nel quadro del nuovo regolamento europeo. L’autorizzazione UE consentirà la prestazione cross-border di servizi di crowdfunding (una sorta di “passaporto europeo” per la prestazione del servizio) in applicazione del principio del mutuo riconoscimento tra gli Stati membri, lasciando le piattaforme operanti solo a livello nazionale soggette alle regole di ciascuno Stato. Nello specifico, il regolamento prevede che l’autorizzazione concessa a livello nazionale venga revocata non appena ottenuta quella dell’Unione Europea conformemente alle previsioni del Regolamento. Infatti, la proposta esclude espressamente dal proprio ambito di applicazione le persone fisiche o giuridiche già autorizzate a fornire servizi di crowdfunding secondo il diritto nazionale (a meno di non perdere tale autorizzazione come visto sopra) o con la qualifica di imprese di investimento ai sensi della Direttiva 2014/65/UE relativa ai mercati finanziari. Il regolamento si rivolge ai fornitori di servizi di crowdfunding e non definisce l’ambito di applicazione dal punto di vista delle imprese offerenti che richiedono finanziamenti sui portali: in quest’ambito, pertanto, dovrebbero continuare ad applicarsi le disposizioni del diritto interno compatibili con il quadro giuridico delineato dalla Commissione Europea. In Italia, ad esempio, la Legge di Stabilità 2017 (Legge 232/2016) ha ridefinito la nozione di “impresa offerente” contenuta nel Regolamento Consob in materia di equity crowdfunding (delibera Consob n. 18592/2013) estendendola a tutte le piccole e medie imprese, siano esse qualificate o meno come imprese innovative ai sensi del D.L. 3/2015. Per il regolamento UE, invece, l’offerente è considerato solo in quanto cliente della piattaforma e destinatario di uno o più servizi di crowdfunding forniti dal gestore. La proposta della Commissione introduce come unico requisito per le offerte un limite quantitativo: infatti, per ciascun progetto di crowdfunding non potranno essere presentate offerte attraverso la piattaforma di importo complessivo superiore a 1.000.000 Euro, calcolato su un periodo di 12 mesi (che è il limite di esenzione dall’obbligo di prospetto in base al Regolamento UE n. 2017/1129). Un altro obiettivo della proposta della Commissione Europea è quello di aumentare l’accesso ai finanziamenti raccolti tramite le piattaforme di crowdfunding da parte di imprenditori, start-up e piccole e medie imprese in genere. Per questa ragione il futuro regolamento escluderebbe dal proprio ambito di applicazione le forme di crowdfunding che non promettono all’investitore un ritorno economico, ossia quelle che raccolgono finanziamenti attraverso donazioni (donation-based crowfunding) e/o ricompense (rewards crowfunding) nonché quelle che si rivolgono ai consumatori. In entrambi i casi, inoltre, il servizio di crowfunding avrebbe caratteristiche ed esigenze di disciplina molto diverse da quelle prese in considerazione dalla proposta, con il rischio di creare un quadro giuridico troppo eterogeneo oppure di interferire con normative UE già esistenti (es. in materia di protezione dei consumatori). Dunque, le nuove disposizioni dovrebbero rivolgersi esclusivamente ai servizi di equity crowdfunding e lending crowdfunding.

Le misure a tutela degli investitori

Infine, il regolamento prevede diverse misure in materia di informativa e gestione del rischio a protezione degli investitori sulle piattaforme di crowdfunding, alcune delle quali operano come misure preventive prima che i potenziali clienti compiano un’operazione di investimento. In primo luogo, il gestore della piattaforma deve rendere disponibili sul proprio sito web un elenco dettagliato di informazioni sulla propria organizzazione, sui costi e gli oneri dei servizi offerti nonché sulle condizioni e la natura dei rischi legati ad un possibile investimento sulla piattaforma. In secondo luogo, prima di dare pieno accesso alle offerte di crowdfunding, il gestore deve sottoporre i potenziali investitori a un vero e proprio test di valutazione delle loro conoscenze di base e della comprensione dei rischi di un’operazione di investimento in generale ovvero di una delle tipologie di investimento offerte dalla piattaforma. Infine, i fornitori di servizi di crowdfunding dovranno mettere a disposizione degli investitori, sia effettivi che potenziali, un servizio di simulazione della loro capacità di sostenere perdite tenendo conto delle voci di reddito, attività patrimoniali e impegni finanziari che li riguardano. Queste misure dovranno consentire ai gestori e agli investitori di valutare l’adeguatezza dei servizi offerti dalla piattaforma: tuttavia, il regolamento precisa che i risultati del test o delle simulazioni non impediscono ai potenziali clienti di investire in progetti di crowdfunding.

Considerazioni conclusive

La proposta di Regolamento rappresenta un primo tentativo organico di offrire una regolamentazione uniforme a livello UE di fenomeni legati all’avvento del Fintech. La strada tracciata è quella giusta, infatti, in uno scenario di mercato globalizzato è anacronistico pensare a regolamentazioni nazionali idonee, in quanto tali, a frammentare il mercato a discapito di imprese offerenti e investitori interessati. Il Regolamento che dovrà essere discusso e approvato dagli organi UE può essere un’occasione anche per procedere ad una revisione delle normative nazionali sul crowdfunding che in taluni Stati Membri, come l’Italia, appaiono più restrittive rispetto alla proposta presentata dall’esecutivo UE. Contributor: Marco Bellezza e Chiara Sannasardo – Studio legale Portolano Cavallo

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