Startup e governo, ecco come finisce il 2017
E va bene dai, anche la grande illusione è finita. Ormai lo hanno capito tutti che quando si tratta di startup e di investimenti in startup l’Italia è al palo. Su queste colonne l’abbiamo detto e ridetto, fin dal 2012 quando la legge sulle startup fu fatta, che in questo modo difficilmente si sarebbe cresciuti e ora finalmente e purtroppo, pare che questa realtà appaia a tutti, o quasi, nella sua completezza. Abbiamo anche scritto di recente che nonostante i risultati fino a oggi siano deludenti bisogna pazientare ancora per vedere gli effetti positivi, abbiamo scritto e confermiamo che nonostante tutto bisogna continuare a innovare, a fare imprese innovative e a credere nella bontà dei molti progetti che nascono anche nel nostro Paese. Intanto le altre economie europee corrono mentre da noi anche i dati tendenziali sono in contrazione e quindi anche la speranza del lungo periodo si affievolisce. E soprattutto si sta iniziando a capire che la lunga mano dell’apparato governativo centrale è meno efficace di quanto si poteva sperare. Sono deflagrati in questa coda d’anno alcuni fatti legati alla legge di bilancio che hanno fatto il giro delle testate di cronaca più attente e si sono riverberati in modo esponenziale sui social. C’è stato l’annuale rapporto sulle startup che non ha fatto altro che snocciolare le solite mirabolanti cifre sulle migliaia aziende iscritte che però producono pochissimo valore, al netto delle eccezioni, e che si devono spartire una torta piccolissima quando si tratta di investimenti (a inizio 2018 sarà anche presentata la nuova edizione della ricerca di Instilla sulla qualità dei siti web delle startup italiane e i dati sono tutt’altro che confortanti, qui intanto i risultati dell’edizione precedente del 2016). L’attesa proposta dell’estensione dei Pir alle startup – di cui parlammo qui – nella legge di bilancio non c’è, anzi non è nemmeno stata discussa, nemmeno considerata. Nada. Zero (e c’è, riporta Agi, chi parla oramai di emergenza nazionale). Nel frattempo è spuntata una webtax da paura, nel senso che, dopo essere cambiata varie volte ora fa proprio spavento. Entrerà in vigore nel 2019 anche se tutti sperano che venga abolita ancora prima di divenire effettiva, o soppiantata da una legge europea (così scrive CorCom). Una legge che punisce in sostanza chi fa investimenti pubblicitari online, perché l’e-commerce alla fine è stato escluso e che, nata con l’obiettivo dichiarato di punire i giganti del web che eludono il fisco italiano, rischia di colpire le medie organizzazioni italiane e si pone in contrasto con un’altra norma: quella che incentiva gli investimenti pubblicitari per le startup e le Pmi innovative. Altro pasticcio insomma come ben descrive Phastidio.net. Ma la mina più rumorosa spuntata in questi giorni riguarda il finanziamento da tre milioni di euro a una organizzazione che dovrebbe ricevere tali soldi in tre anni per “digitalizzare il made in Italy”. Organizzazione che in pochi dicono di conoscere e che si chiama IsiameD, sigla di ‘Istituto italiano per l’Asia e il Mediterraneo’, e con la quale noi di Startupbusiness entrammo in contatto tra maggio e giugno scorsi tramite il loro ufficio stampa che ci mandò informazioni in occasione di un incontro su ‘innovazione e internazionalizzazione e modello digitale italiano’ che fu organizzato a Milano in collaborazione con la Regione Lombardia. Abbiamo quindi scritto all’ufficio stampa di IsiameD per chiedere maggiori informazioni sulla questione del finanziamento previsto della legge di bilancio, questione che Agi ha fatto emergere e come riporta CorCom era nascosta anche al ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda e a molti parlamentari compreso il sempre attento Stefano Quintarelli (qui tutti i commenti ripresi da Agi ). Nessuna risposta abbiamo però ricevuto dall’ufficio stampa di IsiameD (qualora dovesse giungere nei prossimi giorni ne daremo notizia) e nel frattempo il ministro Calenda correndo rapidamente ai ripari a seguito della pressione mediatica e sui social, ha avviato una procedura per verificare a Bruxelles l’eventuale compatibilità con le norme sugli aiuti di Stato bloccando nel frattempo i finanziamenti a IsiameD. Questa è la cronaca degli ultimi giorni dell’anno quando si parla di startup , di investimenti in imprese innovative, di digitalizzazione, insomma uno stillicidio. Ora c’è da chiedersi se chi sta al governo ha la benché minima idea di cosa significa innovazione, impresa, startup e quindi procede senza una strategia, senza una visione, senza una direzione e non si cura di verificare se le decisioni prese funzionano o meno. Oppure se chi sta al governo utilizza il tema del digitale, delle startup, dell’innovazione d’impresa come veicolo per dirottare risorse e definire norme che servono ad altro concentrandosi più su ritorni che non sono quelli di aiutare le imprese che fanno innovazione per il bene del Paese. A questo punto illudersi che con il nuovo anno e con il nuovo governo possano cambiare le cose appare velleitario, certo le speranze sono sempre le ultime a morire e certo, come abbiamo scritto non tutto ciò che è di mano pubblica funziona male come enfatizzato dal fatto che l’industria del venture capitala in Italia è di fatto un’industria sussidiata (come abbiamo scritto qui e come il VC Stefano Peroncini ci racconta in un suo contributo), ma sarebbe veramente importante, e urgente, che tutta la questione delle startup, del capitale di rischio, dell’industria digitale, delle infrastrutture fosse presa in mano anche a livello governativo da chi veramente ne ha conoscenza e coscienza, che fosse sviluppata a livello di normative e incentivi in un quadro omogeneo di respiro europeo e che si prevedessero sistemi di analisi dell’efficacia delle norme e degli incentivi in modo da apportare i necessari correttivi qualora i risultati non si verifichino come previsto e auspicato. @emilabirascid

© RIPRODUZIONE RISERVATA

    Iscriviti alla newsletter