Global Startup Ecosystem Report 2017, Italia assente

No, non cercatela nemmeno, l’Italia non c’è. Non è tra i migliori ecosistemi di startup del mondo e nemmeno tra i cosiddetti runner up, gli inseguitori. Le nostre città non sono elencate né come hub per le startup e nemmeno come luoghi di connessione tra gli ecosistemi. Insomma nessun faro tra quelli che hanno acceso i ricercatori di Startup Genome è stato puntato sull’Italia o sulle sue città. Il report 2017 dell’organizzazione che analizza ogni anno l’andamento degli ecosistemi startup di tutto il mondo, The Global Startup Ecosystem Report, è una miniera di dati, di informazioni, di riflessioni ed è stato costruito in modo da essere fruibile facilmente nonostante la complessità dei dati che sono stati raccolti ed esposti ed è arricchito da una grafica originale ed efficace. Un bellissimo rapporto quindi dal quale non solo si ottiene una fotografia assai dettagliata degli ecosistemi principali per le startup e di quelli che stanno facendo passi avanti importanti, ma dal quale è possibile anche imparare molto per cercare di capire quali sono le scelte e le decisioni che prende chi sta lavorando per fare cresce l’ecosistema startup. Per compiere l’analisi Startup Genome si è fatta aiutare da partner di primo piano, sia localizzati nelle città che ha preso in esame, sia di respiro globale e sono partiti dagli elementi di base che caratterizzano un ecosistema, dalle ragioni che rendono urgente la costruzione di un ecosistema perché i settori industriali basati sulla tecnologia crescono a velocità doppia rispetto alla media della crescita dell’economia globale, e i parametri utilizzati per utilizzare il ciclo di vita di un ecosistema che la ricerca divide in quattro fasi: attivazione, globalizzazione, espansione, integrazione. Insomma una serie di informazioni che danno la misura di come un ecosistema per startup tecnologiche dovrebbe essere fatto, a tutto ciò si aggiunge un intero capitoletto riguardo alla necessità di fare sì che gli ecosistemi siano connessi, perché un ecosistema nemmeno esiste se non è connesso con altri. La possibilità di raggiungere i mercati di tutto il globo, di accedere a innovazioni e a talenti, di essere connessi con altri imprenditori è un fattore chiave, tanto che Startup Genome ha disegnato una mappa con i flussi, mappa che vede i suoi nodi principali nella Silicon Valley, a Sydney, a Londra, a Toronto, a Singapore, a New York City, a Los Angeles, a Pechino, a Tel Aviv, con anche Johannesburg e Mexico City che si mettono in luce in base a questo criterio. E poi una serie di parametri che riguardano gli investimenti, le valutazioni, le exit, le caratteristiche degli imprenditori, quanti sono donne e quanti sono immigrati per esempio, la dimensione delle aree metropolitane e la loro ricchezza in termini di Pil, hanno messo Startup Genome nella condizione di creare una classifica dei primi 20 ecosistemi per startup oggi attivi nel mondo. Messa in ordine la classifica recita: Silicon Valley, New York, Londra, Pechino, Boston, Tel Aviv, Berlino, Shanghai, Los Angeles, Seattle, Parigi, Singapore, Austin, Stoccolma, Vancouver, Toronto, Sydney, Chicago, Amsterdam, Bangalore. Con Boston, Tel Aviv, Sydney che perdono una posizione rispetto allo scorso anno, Los Angeles ne perde sei, Chicago ne perde 11, Bangalore arretra di cinque, Singapore di due mentre guadagnano Londra che sale di tre, Berlino che sale di due, Vancouver che sale di tre e Toronto che sale di una posizione. Brillano però soprattutto le tre nuove entrate: Pechino, Shanghai e Stoccolma con quindi la Cina che si conferma la seconda potenza globale in termini di capacità di creare aziende tecnologiche dopo gli Usa e il nord Europa che pianta in modo deciso la sua bandiera tra i grandi ecosistemi globali. Per ognuna delle 20 migliori il rapporto ha sviluppato una scheda dettagliatissima completa anche di commenti e osservazioni di alcuni dei protagonisti dei diversi ecosistemi locali. Cosa che il rapporto propone anche per gli inseguitori, quelli che il rapporto chiama cluster regionali e che divide per continenti con le Americhe che vedono in prima fila Atlanta, Houston, Città del Messico, Montreal, Ottawa, Quebec City, Santiago del Cile, San Paolo del Brasile e Saint Luis. Per l’Europa i più promettenti per Startup Genome 2017 sono Barcellona, l’Estonia, Francoforte, Helsinki, Gerusalemme, Lisbona, Malta e Mosca. In Asia si metto in luce Kuala Lumpur, Malbourne, la Nuova Zelanda, Seoul e lo Sri Lanka. E poi anche l’Africa con Città del Capo, Johannesburg e Lagos. Le grandi economie europee ci sono tutte: Gran Bretagna, Francia, Germania e poi Spagna e Portogallo, Estonia, la Finlandia, la Russia e Malta, dati non distanti dal rapporto di Dealroom citato la scorsa settimana e infatti Dealroom è uno dei partner di Startup Genome. Grande assente appunto l’Italia la cui assenza spicca in Europa quanto in Asia spicca quella del Giappone e di Tokyo che ancora non appare tra i grandi hub globali per l’innovazione fatta dalle startup ma i segnali che arrivano dal Paese del Sol levante ci dicono che è assai probabile che già l’anno prossimo un posto nella classifica di Startup Genome la megalopoli nipponica lo avrà, riuscirà anche l’Italia con almeno una delle sue città a conquistare almeno un posto tra i cluster regionali? Domanda alla quale è assai difficile rispondere oggi perché i segnali continuano a essere troppo deboli, ma una cosa che si può fare è studiare con attenzione il rapporto che Startup Genome rende disponibile a tutti a questo link per meglio comprendere quali sono gli elementi che più efficacemente determinano il successo di un ecosistema. @emilabirascid

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