Adam Kostyàl: Nasdaq opportunità per startup europee

Il Nasdaq è un’opportunità per le startup europee e, quindi anche italiane. Così sostiene Adam Kostyal,  senior vice president global corporate client group listing and capital markets di Nasdaq, intervenuto in qualità di speaker al recente evento ScaleIT, dedicato alle società in fase di scaleup.  “Essere quotati al Nasdaq – dice Adam – non è solo una questione di reperibilità di capitali ma anche di aumento considerevole della credibilità, associare il nome della startup a quello del Nasdaq aumenta esponenzialmente la reputazione ed è per questo che abbiamo deciso di creare il primo Nasdaq Entrepreneurial Center a San Francisco”. Il centro è stato inaugurato il 24 settembre e si propone di essere una sorta di meeting point tra startup, università, imprese, investitori, media di tutto il mondo: “ci concentreremo principalmente su settori come i big data, la blockchain, le telecomunicazioni, la sicurezza al fine di offrire alle startup di tutto il mondo la possibilità di sviluppare più rapidamente il loro business a livello internazionale e cogliere le opportunità partendo da San Francisco e la Silicon Valley”. Nel 2007 Nasdaq ha comprato le borse valori di Stoccolma, Helsinki e Copenhagen unitamente ad altre in Europa (Armenian Stock ExchangeCopenhagen Stock ExchangeHelsinki Stock ExchangeIceland Stock ExchangeRiga Stock ExchangeStockholm Stock ExchangeTallinn Stock Exchange e Nasdaq OMX Vilnius). In questo quadro opera lo Small cap market Nordic Exchange che secondo quanto dice Adam risulta essere più dinamico e liquido dell’Aim (il mercato small cap di Londra e Milano) con 49 aziende che si sono quotate fino a qui nel 2015 e un modello operativo che appare essere il vero crowdfunding for equity con in più la liquidità dell’investimento. Al Nasdaq sono quotate circa 140 aziende europee comprese quelle israeliane che sono circa il 50% del totale, altre arrivano per esempio da Olanda, Francia e da settori come il digitale e le biotecnologie, quest’anno sono fino a ora 16 le nuove quotazioni europee, dall’Italia per il momento nessuna. Adam Kostyàl - Nasdaq“In Italia manca ancora la visione a lungo termine, sembra che si preferisca giocare sul breve – dice il manager di Nasdaq – per esempio lo scorso anno fui invitato a un evento organizzato da Ice per portare investitori stranieri in Italia ma scelsi di non andare perché sembrava più una gita tourist-oriented che un evento per gli investitori. Una volta Niklas Zennström (uno dei fondatori di Skype, ndr) mi ha detto che c’è una forte differenza di relazione se è l’investitore a ingaggiare l’imprenditore piuttosto che l’imprenditore a cercare l’investitore a favore della prima, ed è per questo che gli investitori devono essere fortemente convinti della bontà e del valore delle imprese quando vanno a un evento internazionale e sono assolutamente poco interessati a visite turistiche e poco attirati da inviti a spettacoli o eventi sportivi. Per questo Nasdaq ha deciso di sponsorizzare ScaleIt, perché tutto era teso alla creazione di valore per gli investitori con una selezione attenta delle imprese e senza fronzoli e gli investitori che sono venuti lo hanno fatto perché credevano fortemente nella potenzialità di incontrare aziende interessanti ed è per questo che sono venuti dedicando tempo e soldi all’evento”. Adam Kostyal ha raccontato anche di come la Svezia, nazione in cui vive, si sia guadagnata un ruolo di primo piano nella geografia europea delle start, grazie al “give back” degli imprenditori digitali di prima generazione e il giusto atteggiamento governativo. “In Svezia gli imprenditori dell’era del ‘.com’ del 2000 che hanno avuto successo hanno poi investito nell’economia locale e nelle startup, se se si guarda bene tutte le startup svedesi che hanno successo oggi sono figlie di imprenditori e manager che hanno avuto già esperienza. Il governo è attento al fenomeno perché crea posti di lavoro, tutti hanno accesso alla banda larga, tutti parlano inglese,  il mercato locale è piccolo quindi le startup sono spinte a essere internazionali da subito” e aggiunge (poichè ha vissuto per alcuni anni a Milano e quindi segue la realtà dell’ecosistema italiano con particolare attenzione) – “fare lo scale-up è diventare internazionali per definizione, questo in Italia non è ancora pienamente compreso soprattutto in termini di cambiamento del mondo del lavoro e nel definire un efficace terreno di supporto per gli imprenditori”. Aspetti questi che se pensati in modo corretto avrebbero ricadute positive non solo sulle imprese di nuova generazione ma anche sull’industria più tradizionale. “La digital transformation è inevitabile, in Italia non mancano certo né la cultura imprenditoriale né gli imprenditori capaci ma serve una maggiore azione a supporto dell’impresa, le istituzioni si devono occupare delle infrastrutture e non certo di controllare fondi di investimento o gestire il mondo dell’impresa con manager pubblici, in Svezia anche quando fu fatta la gara per le frequenze Umts il governo impose che la copertura fosse estesa anche ai più remoti angoli del Paese, quella scelta si he rivelata vincente perché oggi abbiamo la banda larga ovunque”. In Svezia oggi operano tutti i principali fondi europei e tra loro anche una fondazione nata nel 1979 che si chiama Industrifonden e che fu fondata dal governo e che oggi opera in pieno regime di mercato investendo in startup affianco di altri operatori con alcuni vincoli: investimenti a tempo stabilito, quindi massimo dopo 5, 10 anni esce dal capitale, e con l’obbligo di mantenere il capitale della fondazione stessa intatto, quindi solo i surplus vengono usati per gli investimenti. Un altro messaggio molto importante espresso da parte di Adam, riguarda il sistema di valutazione delle startup, che, oggi, in Europa è più bilanciato rispetto ai valori che si esprimono in SV, e questo attrae gli investimenti. “Un altro elemento sul quale è necessario lavorare – sottolinea Adam – è l’interpretazione del concetto di Unicorn che oggi va molto di moda. Personalmente credo che sia un po’ abusato e che le evaluation delle startup in crescita vadano considerate sotto diversi parametri perché altrimenti rischiamo di avere aziende con elevate valutazioni, anche sopra il miliardo di euro o di dollari quindi Unicorn appunto, ma che poi si rivelano deboli nell’avere modelli di revenue a lungo termine. Ciò che ha permesso alle startup svedesi di avere successo è stata la combinazione di una forte attenzione all’export e della presenza di un solido background tecnologico”. Questo modello ha anche avuto un effetto in termini di attenzione da parte dei capitali stranieri che hanno iniziato a riconoscere nelle startup europee un valore significativo e se un tempo le startup europee dovevano andare a Silicon Valley a fare i pitch nella speranza di trovare il capitale necessario, oggi sono gli investitori internazionali a venire in Europa, a Stoccolma ma anche a Berlino e Londra perché così possono cogliere le opportunità prima e meglio. Certo, come Adam sottolinea, abbiamo anche bisogno di maggiore capitale europeo ma è significativo che i fondi europei siano passati da avere un valore medio di 50-80 milioni di euro a uno di 200-300 milioni: “i soldi da Usa e altre parti del mondo continueranno ad arrivare in Europa, ma è importante che i VC europei abbiano una buona potenza di investimento per poter partecipare alle fasi di crescita delle startup e non solo al seed”. (si veda articolo su andamento della raccolta da parte dei VC europei). L’uomo del Nasdaq in Europa mette anche in luce il ruolo che le grandi aziende devono avere nell’essere vicine alle startup citando l’esempio di TeliaSonera che ha investito 100 milioni di euro Spotify: “è chiaro che se una società di telecomunicazioni investe in una società che produce servizi e contenuti che viaggiano sulle sue reti la sinergia produce benefici per tutti e se poi questo porta anche alle exit il ciclo compie per intero il suo virtuosismo con il risultato che nuovi risorse per nuovi investimenti si rendono disponibili”. Emil Abirascid      

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