Giornata nazionale dell’innovazione 2012, quanto corre l’Italia?

 

Se ne parla da mesi, il tema è sempre più attuale, ma quanto è innovativa realmente l’Italia? Quanto viene fatto oggi nel nostro Paese e quanto ancora dobbiamo fare perché la ricerca e l’innovazione portino a risultati concreti? Il 12 giugno scorso era la Giornata nazionale dell’innovazione e l’Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l’innovazione ha trattato l’argomento durante il convegno ‘L’Italia che corre’, organizzato nella sede romana di Confcommercio.

Molti gli ospiti presenti, rappresentanti istituzionali e massimi esperti del settore, e tutti hanno portato le loro testimonianze e offerto spunti sui quali riflettere. A partire dal ministro dell’Istruzione Francesco Profumo che ha ribadito la volontà del Governo di creare strumenti di reale supporto alla ricerca e all’innovazione, per una crescita fattiva dell’impresa italiana. “Se i nostri talenti fuggono all’estero – ha detto il ministro – vuol dire che l’Italia è in grado di fornire loro una preparazione di ottimo livello, ma al contrario dei paesi stranieri, non riusciamo a sfruttare questa preparazione in direzione di una nostra crescita e di un nostro progresso economico. Un ostacolo proviene certamente dalla difficoltà di fare sistema, ovvero coniugare gli sforzi di Università, centri di ricerca e impresa”.

Fare sistema quindi. Un concetto che ha ribadito anche Luigi Nicolais, già ministro dell’Innovazione e oggi Presidente del CNR, che in accordo con il ministro Profumo ha evidenziato come l’imperativo oggi sia utilizzare al meglio il potenziale di conoscenza presente nel nostro Paese mediante la creazione di una knowledge integration che sia in grado di aggredire il mercato. “Lo Stato deve aiutare gli spin off da ricerca – ha ribadito Nicolais – e dedicare maggiore attenzione all’usabilità dei risultati ottenuti. Solo se ricerca, istituzioni e imprese collaborano in modo costruttivo si possono ottenere buoni risultati per l’Italia”.

Cristiano Seganfreddo, direttore generale di Progetto Marzotto, ha posto l’accento sull’aspetto culturale dell’argomento. “Dobbiamo rinnovare i parametri estetici con cui produciamo, promuoviamo e comunichiamo l’innovazione”. E’ necessario, secondo Seganfreddo, valorizzare il nostro modo di fare innovazione, frutto di un tessuto imprenditoriale composto da una miriade di piccole e piccolissime aziende. E se da un lato a causa di questa estrema frammentazione diventa difficile raggiungere la massa critica necessaria per aggredire i mercati globali, dall’altro la diversità va considerata come “la vera straordinaria proprietà del Paese”, da valorizzare come punto di forza del nostro sistema economico. “Bisogna abbandonare l’estetica ottocentesca che ci contraddistingue – ha aggiunto – basata più sui titoli che sulle competenze: quella che viene richiesta oggi è una straordinaria operazione culturale che non si può fare in un mese o in un giorno. Non basta più continuare a parlare di innovazione, bisogna cominciare ad agire”.

Durante la giornata sono state presentate best practice e imprese che dell’innovazione e della ricerca hanno fatto la loro principale missione, con risultati che lasciano ben sperare per il futuro del nostro Paese.

“L’Italia però non corre abbastanza – ha rimarcato Alessandro Giari, presidente dell’Associazione Parchi Tecnologici e Scientifici – perché le grandi imprese italiane non fanno da traino allo sviluppo di quelle piccole e medie. Il mondo sta cambiando approccio e anche noi dobbiamo farlo, studiando un nuovo sistema imprenditoriale per creare quella collaborazione tra aziende che può produrre successi inaspettati”.

“Il nostro Paese ha la capacità di fare salti mostruosi – ha concluso la giornata Stefano Quintarelli, già Direttore generale area Digit, Gruppo 24 Ore – ma deve mettere in rete i luoghi in cui si fa innovazione e per questo servono risorse adeguate. E’ indubbio ormai che lo sviluppo economico passa dalla tecnologia, ma senza una visione adeguata del futuro, l’Italia rischia di rimanere ancorata al passato e alimentare la tendenza dei nostri imprenditori a rifugiarsi all’estero per produrre innovazione”.

Bandi a sportello che premino solo le idee migliori, tempi più rapidi nelle procedure burocratiche e soprattutto un sistema che metta in rete i luoghi che fanno innovazione. Questo l’auspicio emerso dal dibattito perché l’Italia è in grado di correre, ma se lo fa in squadra è sicura di vincere.

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