Crowdfunding, la Consob spinge acceleratore su regolamentazione

 

Negli Stati Uniti è famoso il caso di due startupper che, per finanziare la propria birreria, offrivano su un sito internet ora chiuso (buyabeercompany.com) azioni della startup (equity crowdfunding) e fusti di birra agli investitori (reward crowdfunding) in base ai soldi investiti. Era il 2010, gli startupper avevano utilizzato una pagina facebook e un account twitter per far conoscere la loro campagna, non era ancora in vigore il JOBS Act e alla SEC l’iniziativa non piacque, tanto che la fece chiudere.

 

A qualche anno di distanza, negli Stati Uniti e in Italia sono state introdotte due importanti leggi che disciplinano il crowdfunding e che serviranno proprio a permettere, entro certi limiti, queste campagne. La settimana scorsa si è tenuto un affollato convegno organizzato dalla Camera di Commercio di Milano sullo stato dell’arte dell’equity crowdfunding in Italia.

Al convegno ha partecipato anche Consob, la quale ha riportato i risultati ottenuti dalle risposte date da istituzioni finanziarie, banche, business angel, venture capitalist e startup al questionario predisposto da Consob sul tema. Oltre a molte informazioni utili sulla percezione che il crowdfunding ha tra questi soggetti,  i founder di startup intervistate hanno confermato che il taglio di investimento che verrà maggiormente richiesto sulle piattaforme di crowdfunding rimane quello da 100.000 a 500.000 Euro, a conferma della difficoltà con cui le startup raccolgono finanziamenti soprattutto in questa fascia.

Consob sta tenendo il passo con tempistiche molto strette per la predisposizione del regolamento sull’argomento, previsto per il 19 marzo, che dovrà indicare le norme di dettaglio sul tema. Negli Stati Uniti, invece, come testimoniato anche da Jason Best che e’ intervenuto via skype da Washington in apertura del convegno, occorrerà aspettare ancora mesi prima di avere le regole del gioco a causa di continui ritardi collegati principalmente al cambio di poltrone all’interno della SEC, la Consob americana. 

 

 

Diversi soggetti intervenuti al convegno hanno sottolineato che le norme italiane sul crowdfunding e sulle startup sono eccessivamente limitative. Alle piattaforme di crowdfunding possono accedere solo startup innovative (come definite nel decreto crescita bis), e la definizione di startup innovative è piuttosto stringente. Attualmente le società già costituite che in Italia hanno fatto domanda alle rispettive Camere di Commercio per diventare startup innovative sono molto poche (circa 70). Una prima positiva decisione nella direzione di un maggior ampliamento del potenziale target delle piattaforme di crowdfunding è stata recentemente presa dal Ministero dello Sviluppo Economico che ha sostanzialmente eliminato la scadenza del 17 febbraio scorso, data entro cui le società già costituite dovevano fare domanda per diventare startup innovative. Pertanto anche quelle startup che non sono riuscite a proporre domanda entro il 17 febbraio scorso possono, se hanno i requisiti, fare domanda anche ora alla Camera di Commercio per godere dei benefici dati dalla legge e poi poter essere finanziate attraverso portali di crowdfunding.

Al di là delle regole, sotto il profilo dei modelli di business sarà interessante vedere nel breve-medio termine quali saranno le proposte offerte dalle piattaforme, anche alla luce delle nuove tendenze che il crowdfunding sembra iniziare a seguire in Italia. Due possibili evoluzioni di sicuro interesse potranno essere, da una parte, il cd. “crowdfunding di nicchia” e, dall’altra parte, il finanziamento attraverso portali di crowdfunding di iniziative legate al terzo settore. Per crowdfunding di nicchia si intende il finanziamento di singoli progetti o campagne che riguardano una ristretta zona geografica o che sono a beneficio di una community che vive in una zona geografica limitata – con lo svantaggio di un target di utenti non particolarmente vasto ma con il vantaggio di utenti potenzialmente molto engaged perché vicini alla iniziativa da finanziare. Dall’altra parte, il crowdfunding potrà essere utilizzato a favore di iniziative del terzo settore, uno dei pochi settori a crescere in maniera costante negli ultimi anni nonostante la crisi e con aziende dotate di grande stabilità e un elevato merito creditizio. Piattaforme che si concentreranno su questo settore saranno appetibili per investitori che cercano una maggiore sicurezza nel finanziamento – le imprese del terzo settore hanno ottime percentuali di ripagamento dei prestiti ottenuti – e sono disposti a ottenere tassi di interesse o ritorni sull’investimento più contenuti rispetto a finanziamenti a aziende for-profit tradizionali.

Tornando infine alle prospettive dell’equity crowdfunding, è prevedibile che le piattaforme competeranno non solo sulla qualità delle startup selezionate e sulle fees applicate. Viste le restrizioni legali (per es. divieto per le startup di distribuire utili per i primi 4 anni) e strutturali (problemi di exit soprattutto per i soci di minoranza in assenza di previsioni contrattuali ad hoc, quali diritto di covendita e simili) dell’attuale architettura delle legge, le piattaforme che vorranno emergere quali portali più innovativi e interessanti per gli investitori, dovranno studiare strutture di investimento che possano attirare gli investitori, per esempio garantendo, a determinate condizioni, exit certe o proponendo qualche formula di reward da abbinare alle partecipazioni nelle startup. In questo senso, lo sviluppo di un mercato secondario su cui negoziare le partecipazioni nelle startup sarà fondamentale per dare liquidità alle partecipazioni sulle piattaforme e fornire così possibili exit agli investitori.

Attendiamo quindi tutti con estremo interesse la  bozza di regolamento Consob per far diventare il tema del crowdfunding, come auspicato durante il convegno, non più solo una moda ma un vero esperimento di partecipazione social agli investimenti in startup.  

(Guest blogger è Andrea Zanoni, founding partner dello Studio legale Nascimbene & Partners)

 

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