E’ una questione di ambiente – Cronache di una Startupizza

 

Lunedì sera, un freddo cane e nessuna voglia di attraversare la città per intervistare startuppari. Non ho neanche idea di cosa chiedere per evitare noiosi blablabla autocelebrativi. Il freddo sullo scooter si fa ancora più cane e sogno di sollazzarmi al sole del sud del Brasile. Come quella volta che mentre nuotavo in un laghetto del Rio Grande do Sul sentivo dei simpatici pesciolini che mi tiravano i peli delle gambe, delle braccia e dei capelli. Che carini, erano tantissimi, ogni tanto pizzicavano. Uscito dall’acqua ho appreso la verità agghiacciante. “Simpatici pesciolini?”. Un contadino mi ha guardato ed è scoppiato a ridere con un solo dente in bocca, proprio sul davanti. Un uomo che ride con un solo dente è buffo, può far ridere ma non a me e quando ha smesso mi ha detto che i simpatici pesciolini erano dei piranha.

Piranha??!!

Ho spalancato gli occhi come davanti a una lettera di Equitalia. Forse mi prendeva in giro o forse è vero quello che mi ha spiegato, che è una questione di ambiente: nel tranquillo Rio Grande do Sul i piranha sono mansueti come pensionati, ma se li portate nella foresta amazzonica quelli diventano assatanati. Forse avviene così anche nel mondo delle start up e pensando ai piranhas del Rio Grande do Sul mi sono illuminato nel gelo di Milano. Ecco cosa posso chiedere agli startuppers: come dovrebbe essere l’ambiente ottimale per far diventare Milano la capitale internazionale delle startup?

La Startupizza si svolge alle Biciclette, locale non lontano dai Navigli. Chissà come sarebbero i piranha nei Navigli? Sarebbero dei piranha imbruttiti, mi rispondo prendendo spunto da uno dei fenomeni della Milano di oggi, la fan page del Milanese Imbruttito.

E pensando ai piranha imbruttiti inizio con le interviste. Stabilisco una regola per non fare favoritismi su chi intervistare: prendo il primo che mi capita a tiro e stabilisco che dopo due-tre domande, sarà lui stesso a indicarmi il successivo da intervistare. Come una staffetta. L’avvio è con Marco Palazzo, cofondatore di 2spaghi.it che mette in contatto clienti e ristoratori. Mi dice che per fare diventare una città la numero uno delle startup la cosa più importante sarebbe di “creare spazi di incontro permanenti per le startup”. Mi indica Marco Gualtieri, fondatore di Ticket One: mi dice che il segreto di successo è la tenacia. “Ce l’ho fatta perché non ho mai mollato”. Dopo aver venduto 4 anni fa sta ora aiutando altre startup, tra cui Ploonge.com: “Intendiamo aiutare le persone a organizzare il loro tempo libero nella società di oggi”. Mi dice che il vantaggio di Milano è che ha un’ottima reputazione in tutto il mondo. Il problema è che “i milanesi non se ne rendono conto. E’ un fattore di mentalità: perché la silicon valley non è un luogo ma una forma mentale. E se facciamo sistema possiamo competere con chiunque”. E’ la volta di Gianpaolo Catania di Myjobpage.net che aiuta a trovare un lavoro coerente con le proprie competenze, non solo quelle del cv ma quelle collegate alle passioni, al tempo libero, e mi dice che vorrebbe fare business Vito LoMele di Jobrapido. “E’ un grande e vorrei proporgli un servizio complementare al suo”. Catania è calabrese e vive da vent’anni a Milano di cui dice che per diventare un ecosistema ideale dovrebbe avere degli spazi in cui il mondo delle startup possa confrontarsi stabilmente. “Non dimentichiamo che le startup non solo creano lavoro, ma soprattutto creano innovazione che forse è ciò che manca alle imprese per tornare a produrre di più”.

 

E’ il turno di Cristina Pepe, romana, a Milano ha fondato Promotion & Partners (www.promotionpartners.it). Prima lavorava in azienda e le chiedo che cosa l’ha spinta a mettersi in proprio. “La cosa bella è fare crescere qualcosa che dipende da te. Poi io credo che debba fare impresa chi abbia nel suo DNA una grande voglia di fare qualcosa che resti nel tempo”. Mi dice che “muoversi a Milano è un vantaggio. E’ piena di fermento ed Expo sarà un’opportunità magnifica per mettere in vetrina le eccellenze straordinarie di questa città. Ma ora devi incontrare un ragazzo eccezionale”.

Si tratta di Paolo Raineri di Myagonism.com, che aiuta le società a trovare e valorizzare il talento dei giocatori utilizzando la statistica: “Nel mondo dello sport tutti sanno che la statistica è utile, ma non la sanno usare nel modo utile”. E’ di Brescia e dice che a Milano è ottimo fare una startup perché “è internazionale ed è al centro di una rete di città ad alto potenziale” e per creare l’ecosistema ideale manca la quadratura del cerchio: “ci sono le startup e le persone che investono, ci sono quelli che insegnano il know how. Ciò che manca sono le imprese che acquistano le startup o il talento sviluppato dalle startup. C’è bisogno che le imprese capiscano che puntare sulle startup significa puntare sul futuro e può consentire loro di aprirsi nuovi mercati. Ma anche se hai un fatturato che cresce a livello esponenziale è quasi impossibile farsi comprare da un’azienda”.

“Un tipo fantastico è lui”, mi indica alla fine. Lui è Joyce Losi, irlandese, che ha fondato Sia Aerospace (www.sia-aerospace.com) che offre un sistema per rendere più sicuri gli elicotteri. Per costruire un ambiente ottimale “servirebbe creare un R&D hub, un luogo dove poter sviluppare la ricerca delle aziende a costo ridotto. Potrebbe essere un acceleratore per startup specializzato sulla ricerca e sviluppo tecnologica per startup”. Come passo successivo c’è un ragazzo che lo ha colpito: è il veneto Francesco Nazari Fusetti che ha fondato assieme alla siciliana Manuela Ravalli Charity Stars (www.charitystars.com), società che attraverso personaggi famosi raccoglie finanziamenti per il no profit. “Se avessimo dovuto fare la nostra attività in un’altra città sarebbe stato mille volte più difficile perché nel nostro settore il centro di tutto è Milano. Per renderla una capitale delle startup replicherei il modello usato nel Cile, con molti investimenti a fondo perduto per portare qui le migliori startup internazionali e creando un luogo molto grande, di centinaia di desk che diventi il polo cittadino per tutto il movimento”.

Il passo successivo è a due passi: mi stava seguendo da tempo ed è arrivato il suo momento. E’ Antonio Borrello di corsi in tre click (www.c3click.it) che sposta su internet il passaparola collegato ai corsi. Lui si è trasferito dalla Sicilia, ama molto Milano e propone un’idea interessante per l’ecosistema ottimale: “Ideale sarebbe dedicare un intero quartiere allo sviluppo delle startup”. Alla fine non sa a chi passare il testimone, “anche perché non conosco nessuno. Ti suggerirei di andare da quelle due ragazze sedute al tavolo”.

Le avvicino ma mi rispondono che non sono startupper e si sono sedute lì perché è un tavolo lasciato libero. Spiego delle interviste e mi dicono che dovrei andare proprio da quelli del tavolo: “Sono i fondatori del milanese imbruttito!”, esclamano. Grande idea: si tratta della fan page di cui tutta Milano parla. Li trovo: sono tre ragazzi e mi vietano di mettere i loro nomi. Mi svelano che “è nato per gioco, da una serata di bevute, e dopo abbiamo creato la fan page del milanese imbruttito”. Io aspetto di fargli la domanda che tutti vorrebbero fare, “a Milano c’è bisogno di ridere. E noi facciamo ironia su chi tende a prendersi un po’ troppo sul serio”, io aspetto, mi dicono anche che secondo loro “Milano  negli ultimi anni è cambiata molto, è cambiata in meglio. C’è più umiltà, creatività e voglia di mettersi in gioco che in passato”, aspetto ancora, cercando di aprirmi il varco con domande di circostanza come: “Se voi faceste la lista civica dell’imbruttito e diventaste sindaco. Cosa fareste?”

“Semplificazione, riduzione della burocrazia inutile. Poi creare dei poli dove i ragazzi si sentano liberi di dare spazio all’immaginazione e di creare idee vincenti”.

Si sono fatti più seri, è il segnale, il momento della domanda che tutti i milanesi imbruttiti vorrebbero fare loro. Li guardo negli occhi, faccio un respiro profondo e chiedo: “Quasi tutti gli startupper che ho incontrato hanno fondato la loro società a Milano pur non essendo di qui. Restate solo voi. Ma so che tra i vostri fan circola un dubbio: voi siete di Milano oppure no?”

Da come si guardano capisco che non avrebbero svelato il segreto. “A Milano sei di Milano anche se non sei di Milano”, è la loro risposta.

Io sorrido, faccio sì con la testa e penso che chi aveva davvero ragione era il contadino con un dente solo.

@startupizza

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