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Introduzione
La valutazione di una startup costituisce quasi sempre il passaggio più critico nel percorso di accesso al mercato dei capitali, rappresentando spesso lo scoglio principale nel dialogo tra fondatori e investitori.
Come valutare una società priva di una lunga storia e di un sostanziale track record, spesso caratterizzata da risultati economici non ancora positivi?
Questa domanda incorpora la complessità di un processo molto articolato, in grado di rendere particolarmente difficoltoso fino ad inibire il finanziamento della startup.
Le peculiarità valutative delle startup
Il processo di valutazione di una startup si distingue nettamente da quello delle aziende tradizionali. Le giovani imprese innovative sono caratterizzate da una sostanziale assenza di indebitamento nella fase iniziale, con un EBIT che tende a coincidere con il risultato netto. I flussi di cassa operativi sono spesso negativi nei primi anni, mentre l’incertezza sui risultati futuri è particolarmente elevata.
In sintesi, la grande maggioranza delle startup è caratterizzata, nelle sue prime fasi di sviluppo, dai seguenti indicatori: valore della produzione molto limitato se non nullo, costi crescenti, investimenti per impianti significativi, redditività negativa, posizione finanziaria netta poco significativa.
Applicando le metodologie di valutazione tradizionali reddituali e/o patrimoniali e/o miste, quasi sempre il risultato del computo valutativo mostra un dato negativo.
La motivazione è sempre correlata alla mancata valorizzazione dell’idea di business, del progetto imprenditoriale, delle qualità dei fondatori, dello spazio di mercato intercettato, in sintesi della possibilità di sviluppare un progetto d’impresa profittevole e duraturo nel tempo.
Approcci metodologici alla valutazione
Nel panorama delle metodologie valutative, il metodo DCF a 3 stadi si è dimostrato particolarmente adatto per le startup. Questo approccio riconosce l’esistenza di fasi distinte nello sviluppo dell’impresa: una fase iniziale caratterizzata da flussi di cassa tipicamente negativi, una fase di consolidamento in cui si raggiunge l’equilibrio finanziario e una fase di maturità con la stabilizzazione dei flussi positivi.
Il Venture Capital Method, d’altra parte, si concentra sulla stima del valore terminale atteso e sul calcolo del ROI previsto, incorporando diversi scenari di exit. Questo metodo risulta particolarmente utile quando si devono valutare startup in fase avanzata di sviluppo.
Un approccio particolarmente interessante è il Berkus Method, che prende il nome dal suo inventore, il professor Berkus, che attribuisce un valore concreto ai rischi tipici che una startup deve affrontare. Il metodo valuta cinque aree chiave: il rischio di prodotto (quanto l’idea di business sia vincente), il rischio tecnologico (validità dei prototipi), il rischio di esecuzione (qualità del team), il rischio di mercato e competitivo (scelte strategiche) e il rischio di produzione. A ciascuna area di rischio viene assegnato un valore fino a 500 mila euro, per una valutazione massima pre-money di 2,5 milioni.
Si tratta evidentemente di un metodo valutativo molto semplificato ed empirico. Pur essendo stato impiegato massivamente nel primo periodo di sviluppo delle startup, ora viene utilizzato molto meno, e spesso solo come metodo di controllo.
L’approccio del Risk Adjusted Net Present Value (RNPV) introduce un ulteriore elemento di sofisticazione attraverso la ponderazione probabilistica dei flussi di cassa, permettendo una valutazione più granulare dei rischi specifici per ogni fase di sviluppo.
Esistono ulteriori metodi valutativi, che tuttavia presentano le medesime lacune sopra descritte, in quanto la startup, intrinsecamente, nella sua prima fase di sviluppo e finché non riceve conferme dal mercato con volumi di vendite in crescita, margini di reddito positivi e flussi di cassa netti anch’essi positivi, non offre al valutatore le metriche tipiche e fondamentali per elaborare una stima.
La ricerca dell’equilibrio valutativo
La chiave per una valutazione equilibrata risiede nella capacità di analizzare contemporaneamente la market traction, la qualità del team manageriale e la sostenibilità del modello di business. La validazione del mercato attraverso metriche di crescita concrete, unita alla valutazione delle competenze e della motivazione dei fondatori e del team e della scalabilità del business, permette di costruire una base valutativa più solida, anche se pur sempre empirica.
Una soluzione pragmatica: Il SAFE
Considerata la complessità e la soggettività insite nel processo di valutazione delle startup, negli ultimi anni si è diffuso uno strumento che permette di posticipare il momento valutativo: il Simple Agreement for Future Equity (SAFE). Questo strumento ibrido, di cui abbiamo scritto qui, consente agli investitori di finanziare la startup senza la necessità di determinare immediatamente una valutazione, rimandando questo passaggio critico a un momento successivo, quando l’impresa avrà raggiunto maggiore maturità e potrà contare su dati più concreti per supportare il processo valutativo.
Conclusioni
La valutazione di una startup richiede un approccio equilibrato che sappia bilanciare il potenziale di crescita con la sostenibilità economico-finanziaria. La complessità e soggettività di questo processo hanno portato allo sviluppo di strumenti come il SAFE, che permettono di superare l’impasse valutativa nelle fasi iniziali. Questo approccio pragmatico consente alle startup di accedere ai capitali necessari per il loro sviluppo, rimandando la definizione del valore a un momento in cui sarà possibile basare le valutazioni su elementi più concreti e misurabili. In questo modo, si riducono i rischi di sopravvalutazione o sottovalutazione che potrebbero compromettere lo sviluppo futuro dell’iniziativa imprenditoriale. (foto di Slidebean su Unsplash)
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