Programmi di accelerazione, a cosa servono

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 “La principale motivazione per aderire ai programmi di accelerazione dovrebbe essere la velocità – dice Irene Cassarino, Ceo di 42 Accelerator, che ha sede a Torino – Gli acceleratori infatti non sono degli investitori tradizionali. Il capitale che investono viene solitamente chiamato di micro-seed ed è mediamente molto ridotto. Obiettivo del programma di accelerazione è solo quello di far andare più veloce la maturazione della startup. Ovvero accorciare il tempo necessario per far evolvere la startup da “idea” a “prodotto” e da prodotto a “business”. L’unico modo per “validare” una idea infatti è metterla a confronto con il mercato, e grazie al feedback ricevuto, evolvere, cambiare e crescere velocemente. Ed è esattamente ciò che facciamo mettendo a frutto la nostra esperienza e le nostre competenze e quelle dei nostri mentor”. Quasi lapallissiano, ma non sempre però gli acceleratori sono parimenti efficienti e misurabili nei risultati. 42 Accelerator utilizza, per esempio,  il sistema di valutazione del processo di crescita definito come Investment readiness levell, in breve Irl, con l’obiettivo di portare le startup selezionate al livello 4, quindi renderle pronte a misurarsi con il mercato e con gli investitori. “Questo è il vero motivo per cui è utile partecipare a un programma di accelerazione, soprattutto quando si è alle prime esperienze, ed è il beneficio principale che viene tipicamente attribuito a questo tipo di iniziative – aggiunge Irene – Secondo noi questo è fondamentale soprattutto in Italia. Là fuori, in Europa e negli USA la velocità “normale” degli ecosistemi è drammaticamente superiore, meno burocrazia, più cultura, mercato più pronto, più investitori, e il destino di qualsiasi progetto è quello di andare a confrontarsi sul mercato là fuori, e possibilmente di stabilirsi all’estero a lavorare, trovare investitori e exit là, per cui il nostro obiettivo è farti accelerare come una rampa dell’autostrada per farti acquisire la velocità necessaria per competere in tutto il mondo”. Il metodo utilizzato da 42 Accelerator sembra piuttosto efficace a giudicare dai risultati raggiunti con la sua prima call lo scorso anno. ”Nello scorso batch abbiamo ricevuto circa 230 application, la metà dall’Italia e la metà dall’estero, la più lontana dal Brasile – racconta anacora Irene Cassarino – Le application sono state valutate secondo i quattro criteri fondamentali che sono gli stessi che utilizzeremo anche per la nuova call (ndr.: per chi fosse interessato, è aperta fino al 30 settembre, occhio!) . Abbiamo selezionato 20 team che abbiamo invitato due giorni a Torino a nostre spese per un evento che chiamiamo 42 Challenge, da cui abbiamo compilato una short list di 10 startup a cui abbiamo dedicato il focus per selezionare gli investimenti. Alla fine abbiamo completato cinque investimenti: BantaMu, Zikkio, ListaMi, HotBlack Robotics e Fulcrum Venture che hanno partecipato a un programma di quattro mesi che si concluderà a fine ottobre con l’obiettivo di validare problem / solution fit e lanciare un vero Mvp (minimum viable product, ndr) sul mercato, iniziando a raccogliere le metriche di crescita e iniziare la raccolta per aprire il prodotto al mercato”.

I 4 pillar di 42 Accelerator

I quattro elementi che Irene e il suo team considerano fondamentali nella individuazione di startup adatte ad affrontare l’accelerazione sono: team, un team che conosca il mercato e il problema che intende affrontare e risolvere; prototipo, che sia stata realizzata una “demo”, di quello che il team pensa sia una soluzione (per dimostrare di saper davvero fare quello che dice); discovery, che sia stata analizzata la situazione in cui si trova il mercato e il segmento in cui intende si operare (e non abbia solo immaginato qualcosa in una stanza); committment,  100% di impegno nel progetto e non come se si trattasse di un hobby.
42 accelerator

Irene Cassinaro, 42 Accelerator

“Se per esempio sei un “single founder” con una presentazione e una landing page, e sei anche alla prima esperienza, è molto difficile che tu passi già il primo scoglio di selezione”, dice Irene, che aggiunge: “Tutti coloro che passeranno questo primo filtro avranno una intervista di circa 30 minuti con uno dei nostri mentor allo scopo di confermare e chiarire, e approfondire quanto indicato nella application. Scegliamo alla fine circa 20-25 team, che saranno invitati al 42 Challenge, saranno ospiti da noi a Torino per due giorni, vitto e alloggio in una delle nostre ‘startup house’ che si articolano in: sessione di lavoro di gruppo; formazione da parte del nostro team di mentor; sessioni individuali per team per approfondire ogni singolo progetto. Da questo gruppo emergeranno 15 team a cui proporremo un investimento, come descritto nella call, tramite la formula del 42 Garage. Il contratto di investimento comprende l’invito a trascorrere un mese presso 42 Accelerator”.

Timeline

Il programma della call è così articolato: entro il 30 settembre ci sarà la chiusura della call e inizierà la revisione delle application; entro il 31 ottobre saranno completate tutte le call, e partiranno gli inviti ai 20 team selezionati per partecipare al 42 Challenge. L’8 e il 9 novembre si terrà il 42 Challenge con la due giorni di sessioni e colloqui. Poi entro il 20 novembre verranno comunicati i feedback ai team partecipanti e inviate le proposte di investimento e a partire dal primo dicembre sarà aperto il 42 Garage alle 10 startup selezionate e che avranno ricevuto le proposte di investimento. Il vero e proprio programma di accelerazione inizierà il 3 gennaio 2017. “Per questa seconda call – spiega Enrico Cattaneo di 42 Holding, la società che investe nelle startup di 42 Accelerator –  abbiamo deciso di investire in 10 startup, 30mila euro ciascuna per l’8% di equity. Abbiamo fatto così un aumento di capitale della holding di partecipazioni facendo entrare investitori privati del calibro di Andrea Sabia (ex Ceo e founder di Tua assicurazioni), Gionata Tedeschi (founder di Saldi privati e ora managing director digital di Accenture), Carlo Mazzola (business angel di Piano C) e altri ancora”.

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