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Fusiontech è il nome che potremmo dare all’insieme delle attività pubbliche e private tese a sviluppare le tecnologie per la realizzazione della fusione nucleare. La fusione nucleare è il sacro graal della ricerca, è la soluzione potenziale ai problemi energetici e alla tutela dell’ambiente, è il principio sul quale si basa il nostro sole e che se riprodotto potrebbe generare energia virtualmente infinita e senza produzione di scarti: né sotto forma di emissioni, né sotto forma di scorie come invece avviene con la fissione nucleare. Così come è avvenuto con lo spacetech dove le tecnologie, l’innovazione, le startup e anche le grandi aziende, hanno tutti concorso alla creazione e allo sviluppo di un intero settore industriale che ha dato il via a una nuova fase nell’esplorazione spaziale aprendo le porte a industrie, università, organizzazioni grandi e piccole e a un nuovo filone di innovazione, anche il fusiontech promette di svilupparsi in tal senso. È quindi una nuova opportunità che sta iniziando a mostrare interesse non solo da parte di grandi organizzazioni sostenute da governi ed entità sovra governative, ma anche da parte di imprenditori, investitori privati, centri di ricerca. Partiamo dai progetti più ‘istituzionali’ e partiamo con il progetto italiano DTT, sigla che sta per Divertor Tokamak Test che è un sito sperimentale in via di costruzione a Frascati presso il centro di ricerche ENEA, a cui partecipano: ENEA, CREATE, Eni, RFX, INFN, Università della Tuscia, di Milano Bicocca, di Roma Tor Vergata, Politecnico di Torino, CNR, CETMA. L’altro grande progetto sostenuto dai governi e dalle istituzioni di ricerca è ITER, l’installazione che nei piani deve portarci a dimostrare che è possibile produrre energia con la fusione nucleare in modo ottimale e quindi in una quantità maggiore rispetto all’energia necessaria per fare funzionare l’impianto. ITER è in costruzione nella località francese di Saint Paul-lez-Durance (una settantina di chilometri a nord di Marsiglia) e alla sua realizzazione partecipano i Paesi dell’Unione Europea, la Cina, il Giappone, la Corea del Sud, la Russa, l’India e gli Stati Uniti, si tratta quindi di un progetto globale di così grande importanza sul quale nemmeno gli scenari geopolitici attuali hanno avuto grandi effetti in termini di andamento della realizzazione e processo di collaborazione. Anche nel caso di ITER così come il progetto DTT è in costruzione un tokamak.
Le startup
Qui vale la pena di aggiungere un cenno relativo al tokamak che ci permette poi di iniziare a introdurre anche le startup coinvolte nel fusiontech. Il tokamak, termine di origine russa, è uno dei sistemi che consente di contenere le alte temperature che il plasma raggiunge, in pratica di contenere il piccolo sole artificiale, che si può fare solo utilizzando campi magnetici molto potenti il tokamak (qui una descrizione dettagliata ) è uno dei due principali sistemi sui quali la ricerca sta lavorando, l’altro è lo stellarator di cui abbiamo scritto parlando della startup Proxima Fusion. Si tratta di un’iniziativa nata come spin-out dell’Istituto Max Planck per la Fisica del Plasma, ha sede a Monaco di Baviera ed è guidata dall’italiano Francesco Sciortino. La startup a novembre ha inoltre annunciato di avere esteso il suo round di investimento che fu inizialmente annunciato il maggio precedente . Altra startup rilevante che sta sviluppando una piattaforma per la produzione di energia a fusione nucleare che in questo caso è denominata SPARC è Commonwealth Fusion Systems (CFS) la quale, anche in questo caso, nasce da un laboratorio di ricerca che è il Plasma Science and Fusion Center del Massachusetts Institute of Technology. Citammo CFS già nell’ottobre del 2021 perché la startup aveva da poco annunciato di avere messo a punto un innovativo e molto efficace semiconduttore per la realizzazione dei campi magnetici riducendo il consumo di energia. Come abbiamo visto il rapporto tra l’energia necessaria al sistema e la sua capacità di produrre energia è il punto cardine attorno al quale ruota il successo o il fallimento del progetto, è facile intuire che se è necessario consumare più energia di quella che si produce il progetto non è sostenibile e quindi serve sviluppare una tecnologia che consenta di invertire tale rapporto e, nel tempo, renderlo sempre più positivo in favore dell’energia prodotta. Di innovazione fusiontech si occupano numerose startup, tra loro possiamo citare anche la statunitense Helion e l’italiana Deutelio . La prima lavora a un dispositivo denominato Polaris e tra i suoi investitori vede anche Sam Altman, il CEO di OpenAI, la seconda invece ha sede a Gavirate (Varese) e lavora a un sistema noto come configurazione Polomac. A luglio scorso Sifted aveva anche fatto una fotografia delle startup europee impegnate nello sviluppo della fusione nucleare dove oltre a Deutelio e Proxima Fusion cita le britanniche First Light Fusion, Tokamak Energy, Crossfield Fusion, la francese Reinassance Fusion, le tedesche Marvel Fusion, Focused Energy, Gauss Fusion, e la svedese Novatron Fusion. Anche Dealroom ha compiuto, a giungo 2023, un’analisi dello scenario delle startup impegnate nel fusiontech contandone 33 a livello globale (in questo articolo sono citate startup e aziende che lavorano alla fusione nucleare, sono quindi escluse quelle impegnate nella nuova generazione di reattori a fissione nucleare come per esempio l’italo britannica Newcleo o la statunitense TerraPower).
Gli investimenti
È però la Fusion Industry Association, l’associazione internazionale nata nel 2018 con sede a Washington DC che rappresenta le aziende dell’industria della fusione nucleare, a offrire il quadro più completo dello scenario con il suo report dal titolo The global fusion industry in 2023 in cui analizza le aziende e gli investitori attivi in questo particolare settore che ha raccolto investimenti complessivi per 6,2 miliardi di dollari di cui la maggior parte, 5,9 miliardi di dollari, di provenienza privata e solo poco più di 270milioni di dollari di provenienza pubblica, con una crescita di 1,4 miliardi di dollari rispetto ai fondi già raccolti alla fine del 2022. Nell’anno si registra anche l’avvento di 13 nuove aziende che hanno raccolto fondi e tre fusioni tra aziende del settore. CFS è l’azienda che ha fino a oggi raccolto la maggior parte dei fondi con un complessivo pari a oltre 2 miliardi di dollari, seguita da TAE Technologies, ENN, General Fusion, Helion, Tokamak Energy, Shine Technologies e Zap Energy. A livello geografico la maggior parte delle aziende ha sede in USA (25) seguiti da Regno Unito, Germania, e Giappone con tre ciascuna, Cina con due, mentre una a testa in Canada, Svezia, Francia, Italia, Israele, Australia e Nuova Zelanda. La maggior parte di queste aziende lavora per sviluppare sistemi n grado di fornire energia elettrica ma ci sono anche quelle impegnate nello sviluppo di sistemi per la propulsione spaziale, la propulsione marina, i dispositivi medici, il riscaldamento industriale. Tutte queste aziende sembrano però essere d’accordo sul fatto che i primi impianti a fusione nucleare capaci di produrre energia che potrà essere resa disponibile al consumo di tutti non saranno attivi prima del periodo compreso tra il 2030 e il 2035, in pochi si dimostrano più ottimisti parlando di 2025-2030, mentre alcuni ritengono che serva più tempo, almeno fino al 2040. (Foto di Braňo su Unsplash )
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