intervista

Fusione nucleare, Europa prima al mondo

Francesco Sciortino, co-fondatore e CEO di Proxima Fusion spiega a Startupbusiness come funziona la ricerca a cui sta lavorando e perché l’Europa è in vantaggio

Pubblicato il 19 Apr 2024

Francesco Sciortino, CEO e co-fondatore di Proxima Fusion

Proxima Fusion nasce come spin-out dell’Istituto Max Planck per la Fisica del Plasma (IPP) che fu fondato dal fisico tedesco Werner Karl Heisenberg il quale, consapevole che la fissione si è sviluppata commercialmente molto rapidamente, da prototipo di centrale a piena commercializzazione, forse pensava che, fondando IPP nel 1964, si potessero avere centrali a fusione già 2 decenni dopo, ma così non è stato, almeno fino a oggi.

Quello che ho detto (evidentemente senza spiegarmi sufficientemente) è che la fissione si è sviluppata commercialmente molto rapidamente, da prototipo di centrale a piena commercializzazione. Eppure, la fusione ci sta mettendo molto di più: Heisenberg forse pensava che, fondando IPP nel 1964, si potessero avere centrali a fusione già 2 decenni dopo … Ma così non è stato.

È Francesco Sciortino, co-fondatore e CEO di Proxima Fusion a raccontare a Startupbusiness lo scenario della ricerca sulla fusione nucleare, quel sistema che consentirà di produrre energia senza scorie, senza emissioni, in modo virtualmente infinito.

Tokamak e stellarator

“La battuta che circola negli ambienti della ricerca sul nucleare è che alla fusione servono sempre ancora 20 anni per arrivare, ma le cose a partire dalla fine del secolo scorso hanno iniziato a cambiare, già nel 1998 sono nate le prime aziende private impegnate nella ricerca sulla fusione nucleare e poi nel 2016 arriva Commonwealth Fusion Systems (CFS) che nasce in seno al MIT di Boston dove io e il mio co-fondatore Lucio Milanese stavamo facendo il nostro dottorato e così abbiamo avuto la possibilità di assistere in modo diretto allo sviluppo dei magneti basati su superconduttori ad alta temperatura che sono la tecnologia che rappresenta un passo avanti importante nello sviluppo della fusione nucleare anche se inizialmente essi erano utilizzati nei sistemi di confinamento magnetico più tradizionali noti come tokamak”.

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Dopo il dottorato Sciortino si è unito al Max Planck: “Il Max Planck è l’unica organizzazione al mondo che dispone sia di tokamak sia dell’altro modello per il confinamento magnetico che si chiama stellarator e che noi consideriamo più efficace. Lo stellarator che usiamo si chiama W7-X, si tratta di una macchina rivoluzionaria, quasi improbabile e assai complessa che è stata realizzata grazie a un investimento da 1,3 miliardi di euro di cui l’80% di provenienza tedesca e il resto da altre fonti europee, W7-X è stato definitivamente completato nel 2022 anche se funzionava già dal 2015 e ha raggiunto tutti gli obiettivi che erano stati prefissati, cosa assai rara nel mondo della ricerca”.

Lo stellarator W7X
Lo stellarator W7X

Investimenti e approccio computazionale

Proxima Fusion nasce a gennaio del 2023 con un primo round di investimento da 7,5 milioni di euro raccolto tra aprile e novembre dello stesso anno: “come prima cosa abbiamo portato tutti i membri del team che provengono da varie parti del mondo a Monaco dove abbiamo la sede e dove oggi lavorano circa 30 persone tra cui numerosi italiani e poi abbiamo chiuso il nuovo round da 20 milioni di euro che ci permette di accelerare sia le nuove assunzioni sia sul lavoro relativo ai magneti semiconduttori ad alta temperatura applicati allo stellarator. La competizione tra tokamak e stellarator è importante perché inizialmente si dava quasi per scontato che la prima generazione di centrali a fusione nucleare fosse basata su tokamak ma ora le cose potrebbero anche cambiare perché lo stellarator sta dimostrando di essere una tecnologia efficiente capace di superare il concetto del tokamak grazie soprattutto al supporto e alla ricerca europee, la nostra missione è quella di realizzare uno stellarator qui a Monaco capace di arrivare a produrre energia netta in modo continuo e puntiamo a farlo entro il 2031, siamo convinti che a metà degli anni 30 di questo secolo potremmo iniziare ad avere le prime centrali a fusione pienamente funzionanti”.

Non è un percorso facile ma Sciortino trasmette una decisa e genuina fiducia: “C’è tantissimo lavoro che ancora deve essere fatto, abbiamo di fronte a noi almeno 10 anni ancora di sviluppo tecnologico e lo facciamo con la convinzione di riuscire a creare qualcosa di meraviglioso e di farlo con i processi e gli strumenti giusti che ci permettono di accelerare costantemente questo processo, ogni anno ci aspettiamo che quello successivo sarà più veloce in termini di evoluzione tecnologica, e lo abbiamo dimostrato, i 7,5 milioni di euro del round iniziale secondo i piani dovevano servici per raggiungere risultati previsti nell’arco di due anni, ma siamo riusciti a raggiungere gli obiettivi in soli 9 mesi ed è per questo che siamo riusciti ad avere la fiducia degli investitori e a fare un secondo round.

La forma dello stellarator
La forma dello stellarator

Team internazionale e multi-competenze

La squadra di Proxima Fusion conta persone con le competenze e le provenienze più diverse, la maggior parte sono persone che stavano già al Max Planck o al MIT, altre arrivano da GoogleX, poi ci sono fisici delle particelle che arrivano dell’EPFL di Losanna, e poi gente che arriva dal settore dell’aerospazio, da Tesla, esperti di intelligenza artificiale, ingegneri fisici come Nicolò Riva, magnet engineer, Nicolò Foppiani, fusion researcher, fisico delle particelle,  Andrea Merlo, hardware engineer,  Wei Guo, ingegnere meccanico, Jean-Claude Angles, ingegnere aerospaziale,  Cornelia Hintze, fisico dei materiali, Markus Kaiser, intelligenza artificiale,
Martin Kubie, simulation engineer e co-fondatore. “Ci servono tutte queste competenze per dare corpo all’approccio di automatizzazione computazionale dei sistemi ingegneristici che è il metodo che consente di accelerare e ottimizzare i processi di sviluppo, certo nel nostro lavoro abbiamo da risolvere questioni sia hardware sia software ma è proprio grazie al software che possiamo ridurre tempi e costi perché usando i sistemi computazionali possiamo sapere se una cosa funziona ancora prima di averla costruita, possiamo fare test ancora prima di avere realizzato fisicamente macchine e dispositivi, un po’ come accade con le vetture di Formula 1, anche loro simulano tutto prima di produrre, non possono permettersi di fare test reali sui circuiti per ogni modifica, e noi, volendo fare un parallelo, usiamo questo approccio”.

Ovviamente il lavoro di Proxima Fusion è in una scala di complessità molto superiore rispetto alla progettazione di una vettura per le competizioni ma il principio di base è il medesimo e quindi questo approccio consente di realizzare macchine in modo computazionale per comprendere se essere possono funzionare e poi realizzarle fisicamente accelerando così i tempi e diminuendo esponenzialmente i costi. “Questo tipo di approccio si può fare solo in aziende come la nostra, quindi in aziende la cui organizzazione nasce appositamente, da zero, è molto difficile applicarlo a organizzazioni esistenti e ciò rappresenta un vantaggio significativo per noi, approccio che poi deve coinvolgere anche la filiera dei fornitori e comunque deve tenere sempre in considerazione che a un certo punto è necessario realizzare anche i componenti fisici e li comunque esistono tempi che si possono ridurre solo fino a un certo punto”.

I co-fondatori di Proxima Fusion
I co-fondatori di Proxima Fusion: Lucio Milanese, Martin Kubie, Jonathan Schilling, Jorrit Lion, Francesco Sciortino

Il vantaggio competitivo europeo

“Il lavoro che stiamo facendo sarà impattante perché è una fonte energetica con caratteristiche uniche ma sono convinto che servirà avere a disposizione anche altre modalità, personalmente credo molto nel fotovoltaico e se immaginiamo un’Europa interamente de-carbonizzata nel 2050 dobbiamo immaginare che in quel momento la gran parte dell’energia arriverà da fotovoltaico e dall’eolico che però non sono costanti e non possiamo affidarci esclusivamente alle batterie. Per tale motivo la fusione nucleare, ma anche la fissione di nuova generazione sono fondamentali perché sono sistemi capaci di produrre energia in modo stabile e centralizzato che non produce emissioni di carbonio, così come è giusto che si investa oggi in più direzioni perché la fusione, che certamente ha vantaggi unici, richiede ancora ricerca e non possiamo sapere se nel processo di sviluppo potranno verificarsi rallentamenti, quindi è importante diversificare. La fissione di nuova generazione è molto più semplice, gli small modular reactor non sono complessi come la fusione, li è soprattutto una questione di costi e di quella che possiamo definire come ‘licenza sociale’ ovvero tornare a fare comprendere a tutti che il nucleare è un’alternativa valida, pulita e sicura”.

Qui sorge un tema legato al fatto che se l’Europa vuole diventare carbon-free non può farlo pensando però con un approccio che rischia di danneggiare le sue industrie, lo si vede per esempio con la produzione di pannelli fotovoltaici che altri Paesi sono in grado di produrre a costi molto più bassi, serve quindi mantenere alta la competitvità e anche qui la fusione nucleare può giocare un ruolo fondamentale: “Fino a oggi l’Europa ha investito di gran lunga più di altri nello sviluppo della fusione nucleare, oggi in Europa ci sono strutture per il confinamento magnetico in misura esponenzialmente maggiore rispetto al resto del mondo, in USA c’è per esempio un solo tokamak mentre in Europa ne abbiamo in Germania, Italia, Francia, Regno Unito, abbiamo effettivamente e sostanzialmente un vantaggio enorme, abbiamo aziende in Europa che hanno capacità e competenze che altrove non ci sono, aziende che riforniscono clienti di tutto il mondo la stessa Commonwealth Fusion Systems si rifornisce per certe componenti da produttori europei e la quasi totalità della filiera di Proxima Fusion è europea, ciò che serve è continuare di questo passo accelerando nel formare talenti che sono elemento fondamentale, ingegneri, fisici che desiderino mettersi in gioco e che facciano la scelta di lavorare nella fusione nucleare come sfida della loro vita e ci serve che i governi prendano atto delle loro responsabilità in tal senso e contribuiscano alla missione comune, oggi in Europa abbiamo otto aziende che lavorano alla fusione nucleare, un record mondiale, ma per esempio dobbiamo rendere gli aspetti normativi più agili, cosa che in USA già avviene, per mantenere elevata questa competitività e conservare, se non accrescere ulteriormente, il vantaggio che abbiamo”.

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